Processo per diffamazione ai danni di Paolo Borrometi, la Fnsi pronta a costituirsi parte civile
L’udienza è fissata per il 15 settembre a Siracusa. L’annuncio dato dalla segretaria generale Alessandra Costante e dal presidente Vittorio di Trapani durante la conferenza stampa organizzata il 26 luglio 2023 con l’avvocato Fabio Repici, il presidente del Cnog Carlo Bartoli e il coordinatore di Articolo21, Giuseppe Giulietti. Chiesta al Viminale una riunione dell’Osservatorio sulle minacce ai giornalisti.
«È stata documentata in modo oggettivo l’attività di dossieraggio ai danni di Paolo Borrometi e abbiamo ragione di ritenere che questa attività possa ancora proseguire, ci sono segnali che ci dicono questo, ecco perché ho ritenuto di rivolgermi alle istituzioni che si occupano dell’incolumità del giornalista».
A parlare, nella sede della Fnsi, mercoledì 26 luglio 2023, è l’avvocato Fabio Repici, legale del giornalista condirettore dell’agenzia Agi. L’occasione è la conferenza stampa convocata all’indomani delle notizie riguardanti le accuse a quattro persone di aver ordito un «disegno criminoso» per diffamare Borrometi, da nove anni costretto a vivere sotto scorta a causa delle minacce ricevute per via del suo lavoro.
I segnali di allarme non vanno sottovalutati, è stato sottolineato, vista anche la caratura dei personaggi finiti nel fascicolo della procura di Siracusa, che al termine delle indagini ha emesso un decreto di citazione a giudizio per l’ex deputato della Regione Siciliana Giuseppe Gennuso, due giornalisti e una donna. «L’ex deputato regionale della Sicilia è attualmente ai domiciliari e la sua pericolosità sociale è stata ribadita dal tribunale di sorveglianza di Roma, che gli ha rigettato la richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali», ha ricordato l’avvocato.
Negli atti contenuti nel fascicolo, inoltre, si parla anche di Alessio Attanasio, ritenuto dai magistrati della Dda di Catania il boss della cosca Bottaro-Attanasio di Siracusa, in carcere al 41 bis. «Un personaggio condannato per omicidio: è evidente quindi che la preoccupazione deve indurre tutti a tenere gli occhi aperti», ha rilevato Repici illustrando la vicenda.
Alla conferenza stampa, nella sede del sindacato dei giornalisti, di cui Borrometi è consigliere nazionale, hanno partecipato la segretaria generale della Fnsi Alessandra Costante e il presidente Vittorio di Trapani, il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine Carlo Bartoli e la segretaria Paola Spadari, il coordinatore e la portavoce dell’associazione Articolo 21, Giuseppe Giulietti ed Elisa Marincola, il presidente dell’Odg Lazio, Guido D’Ubaldo, il presidente di Stampa Romana Paolo Tripaldi, il segretario dell’Ungp, Guido Bossa.
«La prossima settimana porterò la proposta di costituire la Fnsi parte civile nel processo che inizierà il 15 settembre. Un modo per essere concretamente vicini a Paolo Borrometi», ha anticipato Alessandra Costante. «Oggi – ha aggiunto – nessuno di noi si sarebbe immaginato di dover difendere Paolo da accuse totalmente infondate e dal tentativo di una delegittimazione. In questa vicenda si parla di un giornalista che fa l’addetto stampa di un mafioso. Un cronista non può andare a braccetto con organizzazioni criminali».
Rilevando che «quelle carte ci dicono che quando ci sono cronisti minacciati abbiamo il dovere di stare al loro fianco perché rischiano l’isolamento», il presidente Di Trapani ha poi rivolto un appello al ministero dell’Interno, chiedendo di convocare con urgenza l’Osservatorio cronisti minacciati per valutare cosa si può fare. «Si deve avere chiarezza nel dire da che parte stiamo», ha osservato.
«Paolo Borrometi è un simbolo della libertà di informazione in questo Paese – ha commentato Carlo Bartoli – In questa vicenda ci sono anche giornalisti coinvolti. La cosa ci preoccupa ancora di più, perché se nella nostra stessa casa ci sono persone che operano per far calare il silenzio sulla libertà di informazione è un segnale grave. Nel caso in cui i processi dovessero confermare le accuse, auspico che i consigli di disciplina operino nella maniera più rigorosa. Occorre fare anche più attenzione a chi accogliamo nell’Ordine. Non vi può essere spazio per persone che infangano coloro che svolgono l’attività giornalistica con onore, dedizione e sacrificio».
Da remoto è intervenuto anche Giuseppe Giulietti: «Stiamo vivendo un momento in cui è messo sul banco degli imputati chi ha contrastato le mafie. I giornalisti coinvolti in questa vicenda, se dovessero essere condannati, sono traditori della professione. Dovranno essere radiati».
Dopo aver ringraziato «tutta la comunità giornalistica», Borrometi ha concluso la conferenza stampa ricordando «ho visto mio padre morire con queste infamie e quindi non posso che rivolgere un pensiero a lui. Questi articoli – ha spiegato – hanno aggravato la sua condizione negli ultimi anni e chi lo ha visto lottare come un leone senza mai fare nessun riferimento a quello che stava accadendo, leggeva però negli occhi la sua preoccupazione da padre, da uomo pubblico. Era evidente il suo sconcerto, lui che è stato uno dei pochi rappresentanti istituzionali che in un periodo complicato come quello del ’91-’96 non ricevette neanche un avviso di garanzia, nel vedersi arrivare indirettamente, per colpa del mio impegno giornalistico, tutto il fango che gli è piovuto addosso».
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