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Così volevano pagare i giornalisti “amici” per screditare Paolo Borrometi e un capitano dei carabinieri

Graziella Di Mambro il . Forze dell'Ordine, Giustizia, Informazione, Sicilia

È il 29 gennaio del 2020 quando il pentito Rosario Piccione, che in quel momento ha 48 anni, vive già in una località protetta e ha molta paura per la sua incolumità, svela il piano dell’ex parlamentare regionale siciliano Giuseppe Gennuso per screditare Paolo Borrometi, un giornalista scomodo, uno che va messo in difficoltà mettendo in campo molti soldi.

E per farlo non viene usata, in questo caso, direttamente la mafia, bensì la stampa, certa stampa. Piccione quel giorno rende dichiarazioni, riscontrate da prove documentali, al pubblico ministero Alessandro Sorrentino. “Prima di raccontare quanto è a mia conoscenza – ha detto Piccione – voglio premettere che non sono affatto tranquillo per la mia incolumità e quella della mia famiglia sia per quello che mi accingo a dichiarare, sia in virtù di atti intimidatori ricevuti poco tempo fa nella località protetta in cui risiedo”. Azioni intimidatorie asseritamente avvenute nel 2018 e nel 2019.

Piccione riferisce al pubblico ministero che era stato contattato da Giuseppe Guastella, della testata giornalistica “Diario 1984“, il quale conosceva la residenza protetta del pentito e il numero di telefono. Infatti, come riferisce la stesso collaboratore al sostituto Sorrentino, nell’estate del 2019 Guastella lo contattò e gli disse che “Gennuso Giuseppe, dietro compenso in denaro, avrebbe apprezzato che io avessi fornito a loro notizie delegittimanti e diffamanti il capitano Alfano e il giornalista Paolo Borrometi, oltre che rendere interviste in cui dovevo mettere in cattiva luce tali persone. In particolare Guastella mi riferiva che il Gennuso ce l’aveva con il capitano dei carabinieri di Siracusa Vincenzo Alfano perché durante l’arresto subito nell’aprile del 2018, il capitano gli aveva messo le manette ai polsi davanti a tutti, mentre Borrometi continuava a rendere interviste e a fare articoli a lui pregiudizievoli, in cui lo dipingeva come un soggetto politico vicino ai mafiosi“.

Poi Piccione entra nel dettaglio: “… il Guastella mi comunicava che vicino alla località protetta in cui risiedevo vi era un giornalista a nome Giuseppe Gallinella che mi avrebbe contattato per fare delle interviste e delle dichiarazioni attanccando Paolo Borrometi. Gallinella effettivamente mi contattava sia tramite chiamate telefoniche che tramite la chat di whatsapp. Al riguardo produco copia… con Gallinella ci incontrammo una prima volta presso la mia attività commerciale, occasione in cui venivano reiterate le richieste fattemi dal Guastella. Una seconda volta ci vedemmo in un convegno in provincia di Vicenza il 4.10.2019. Il Gallinella mi disse: ‘Dai allora facciamo questa cosa su Borrometi, a te ti credono, Gennuso ti da un mare di soldi, ti sistemi per sempre’ ‚.

L’offerta in denaro per screditare Borrometi sarebbe stata oscillante tra i 50mila e i 100mila euro. Il pentito ha riferito di non aver mai accettato quella offerta né rilasciato interviste contro i due “obiettivi” di Gennuso. Di Piccione e della sua personale vicenda in relazione alla criminalità organizzata siracusana si parla anche nel libro di Paolo Borrometi “Un morto ogni tanto” e il collaboratore riferisce nel verbale di gennaio 2020, oggi diventato uno degli elementi di prova più importanti sul complotto in danno di Borrometi, che proprio in ragione del rapporto che esisteva per motivi professionali tra Borrometi, Alfano e Piccione ci fu la proposta di Gennuso e Guastella.

Questi ultimi pensavano che Piccione potesse fornire “notizie riservate e dannose”. Ancora nel giugno del 2020, al momento della denuncia-rivelazione, il pentito affermò di ricevere “pressioni e telefonate dal Guastella affinché mediaticamente danneggi Poalo Borrometi e il capitano Alfano”.

In questo verbale non solo c’è la genesi dell’incredibile piano di discredito del giornalista scomodo ma emerge una sorta di modificazione genetica di quello che dovrebbe essere il ruolo dell’informazione e dei giornalisti. La mafia che usa la stampa amica per danneggiare la stampa scomoda. Ed  è un livello che, forse, potevamo evitarci di raggiungere.

Fonte: Articolo 21

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