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Confessione laica. Il tema di un’attivista antimafia, cieca sulla mafia del “suo” Nord

Nando dalla Chiesa il . Cultura, Giovani, Lombardia, Mafie

È intitolato “Confessione (laica) di una milanese”. Ed è il racconto, scritto da una ventenne, di una giovane vita in cerca di normalità nella capitale economica del Paese.

Leggete bene questi suoi passi, dunque, perché consentono di capire tante cose. Sulla nostra società e la mafia, anzitutto. Parte da lontano, il racconto. Ma, diversamente da quasi tutti gli altri che si cimentano con l’argomento iniziando dagli anni sessanta e settanta, non sbuca da una regione del Sud.

“Ho origini venete e austriache ed ho sempre pensato che, date tali caratteristiche, la mafia non mi riguardasse direttamente”, spiega l’autrice del tema. “Così non ho mai pensato che il racconto del furgoncino bruciato di mio nonno …fiorista, fosse un segnale concreto della presenza mafiosa. Erano gli anni Ottanta, era a Milano, e mio nonno non voleva pagare una ‘tassa’ illegale. Non ho mai sospettato che dietro i racconti dei miei genitori, nati negli anni sessanta e cresciuti a Baggio, ci fossero le trame della crescente espansione economica di Cosa Nostra e ‘ndrangheta. I racconti della loro adolescenza sono abitati dagli ‘zombie’, giovani e giovanissimi sequestrati dal consumo di eroina. […] Mentre cambiava il volto di quella gioventù svuotata della sua vitalità, si rivelava più che mai vitale il volto mafioso del quartiere. […] Nel 199X e nel 199X nasciamo noi, io e mio fratello. Siamo un patrimonio da sottrarre a quell’ecosistema danneggiato. Non possiamo crescere negli ultimi metri di Via Forze Armate, nel cortile delle case a ringhiera dove giocano i bambini delle famiglie che, come noi, vi abitano. Nei vasi di quel cortile trovano infatti rifugio insospettabile pistole e dosi pronte alla vendita. Bassa criminalità, pensavo”.

Ricorda la studentessa: “E allora è Muggiano, quartiere in costruzione dalla storia antica, la nostra nuova casa. Nuove le case in costruzione, nuova la popolazione che ci andrà ad abitare: in gran parte impiegati delle forze dell’ordine, membri della polizia municipale e dipendenti Atm. Insospettabile dunque che quella ‘nuova terra’ puzzi già da tempo di mafia. Scopro solo ora che prima del nostro arrivo è stato sventato da un blitz con elicotteri un covo ‘ndranghetista nella corte storica del quartiere. Di più: quelle verdi distese di campi che hanno fatto innamorare i miei genitori fino a scegliere di venirci a vivere, sono anch’essi terreni di criminalità organizzata: sono ora beni confiscati. Nel frattempo continuiamo a frequentare Baggio, facendo visita ai nonni al cimitero. Ed è nei viottoli interni, mentre percorriamo le stradine di acciottolati bianchi, che mia madre pronuncia delle parole sottovoce, ma chiare: ‘Vedi quelle tombe? Sono le tombe più grandi di tutti perché sono le tombe dei mafiosi’”.

A questo punto l’autrice, Ilaria, che studia per una laurea triennale in Scienze Politiche, non si assolve affatto. Elenca i libri sulla mafia che ha nella sua libreria, racconta il pellegrinaggio a Cinisi sulle orme di Peppino Impastato, ricorda la giornata da ragazzina a Potenza con Libera, il tour da lei guidato a Trapani in ricordo di Mauro Rostagno, il suo contributo a fare intitolare una piazza del proprio quartiere a Francesca Morvillo ed Emanuela Loi. Solo che, confessa (laicamente) con estrema onestà, è “stata cieca davanti a ciò che succedeva attorno a casa mia”. Perciò invita “noi del Nord” a reagire a eventi e segnali “anche prima del dato giudiziario conclamato”. A mettere in pratica un “attivismo civile concretamente e dichiaratamente antimafioso” e a coltivare una memoria utile a “rimpossessarsi del patrimonio rimosso”. Analisi lucida. Parole limpide. Degne, loro sì, dei grandi anniversari.

P.S. i temi degli ultimi due appelli d’esame sono stati da me rivisti, fino a scegliere quello sopra, pensando ad Andrea Purgatori. Che avrebbe saputo trarne un libro. O un docufilm. Ciao Andrea.

Storie Italiane, Il Fatto Quotidiano, 24/07/2023

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