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L’ossessione delle carriere separate che mina l’indipendenza delle toghe

Gian Carlo Caselli il . Giustizia, Istituzioni, Politica

Interferenze nelle decisioni dei magistrati e richiesta di azioni disciplinari. L’obiettivo finale del Guardasigilli: sottoporre i pm al controllo del potere esecutivo.

Carlo Nordio ha deciso di dare sfogo alla voglia di rivalsa verso gli ex colleghi con alcune uscite che rivelano una chiara insofferenza per l’indipendenza della magistratura.

A Milano viene messo agli arresti domiciliari con braccialetto – e non in carcere – un imprenditore russo, poi fuggito evitando l’estradizione negli Stati Uniti. Il Ministro prende cappello e chiede l’azione disciplinare contro i giudici, invadendo un campo che deve essere riservato esclusivamente alla giurisdizione (l’interpretazione delle norme e la valutazione del fatto).

Poi con una nota anonima (una prassi innovativa?) Chigi e via Arenula attaccano duramente un Gip di Milano che ha osato applicare la legge chiedendo al Pm l’imputazione coatta di un Sottosegretario alla giustizia. In questo modo il Governo pretende che sia segreto – anche per la magistratura – soltanto quel che pare a lui.

Infine vi è il caso della Procura europea (Eppo), organo giudiziario sovranazionale con competenza su tutto il territorio europeo, la cui missione riguarda anche la gestione dei fondi del Pnrr. L’attuale rappresentante italiano in Eppo è in scadenza e il Csm ha indicato per la sostituzione tre magistrati. Una qualificata commissione europea ha stilato – con una rigorosa e trasparente procedura – una graduatoria fra i tre, trasmettendola per la nomina definitiva al Consiglio dell’Unione Europea. In questa sede il Governo italiano, non si sa con quali motivazioni, è intervenuto per imporre l’ultimo in graduatoria, a differenza di tutti gli altri Paesi che hanno favorito la nomina del primo. Ora, poiché requisito base dell’Eppo è indubbiamente la sua indipendenza, sia dalle istituzioni europee sia dagli Stati nazionali, anche in questo caso emerge un “vulnus” all’indipendente esercizio della giurisdizione.

Ma il piatto forte – più volte annunziato – è la separazione delle carriere tra Pm e giudici, ossessione di gran parte degli Avvocati e ora anche del Governo. Che però dovrebbe mettersi d’accordo con se stesso. La richiesta di separazione si basa sull’assunto che un giudice non controllerebbe con sufficiente rigore l’operato di un Pm che è suo collega. Ma se si aggredisce il Giudice che contraddice il Pm ordinandogli l’imputazione coatta, si smentisce la pretesa ragion d’essere della agognata separazione. Un po’ di coerenza, senza baloccarsi con ameni testa-coda, non guasterebbe.

Nel merito, la separazione delle carriere fa sorgere dubbi sulla qualità della nostra democrazia. Un corpo separato di Pm – inevitabilmente – è destinato a perdere l’indipendenza dal potere esecutivo. Non è democraticamente ammissibile un tertium dotato di autonomia tra ordine giudiziario ed esecutivo, perché un apparato di funzionari pubblici numericamente ridotto (circa 2.000 unità), altamente specializzato e preposto in via esclusiva all’esercizio dell’azione penale, o è compensato dall’ancoraggio alla giurisdizione o deve essere riportato alla sfera della responsabilità politica. In altre parole, separazione delle carriere significa dipendenza del Pm dal potere esecutivo: e lo conferma candidamente lo stesso Nordio, posto che la richiesta di azione disciplinare nel caso dell’imprenditore russo è motivata anche con la mancata valutazione di una nota del Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti e del nostro Ministero che chiedevano la custodia in carcere…. È allora evidente che escludere ripercussioni della separazione sull’ indipendenza della magistratura diventa una battuta da cabaret.

In sostanza, conviene mantenere l’ancoraggio del Pm alla cultura della giurisdizione (che nel nostro sistema è una garanzia), o lasciarlo travolgere dall’attrazione nella cultura del potere esecutivo? Per rispondere, basta chiedersi che differenza fa, di fronte ai misteri e/o depistaggi dei servizi deviati o ai casi di maltrattamenti ad opera di forze di polizia, purtroppo emersi anche di recente, avere un Pm-giudice o un Pm-funzionario ministeriale. Senza fare gli apprendisti stregoni alla rincorsa di carriere separate.

Fonte: La Stampa

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