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Il cantiere sempre aperto della giustizia penale

Ezia Maccora * il . Diritti, Giustizia, Istituzioni, Politica, SIcurezza, Società

Nel cantiere sempre aperto della giustizia penale si annuncia una nuova riforma che rischia di paralizzare seriamente gli uffici gip-gup impegnati ad attuare la riforma “Cartabia” e  contribuire a raggiungere gli obiettivi del PNRR.

I punti della riforma del DDL Nordio 

Il 15 giugno 2023 è stata presentata al Consiglio dei Ministri l’ulteriore riforma del processo penale: il «DDL n. 39-Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento giudiziario. Interpretazione autentica dell’articolo 9 della legge 10 aprile 1951, n. 287»[1].

Il Ministro della Giustizia ha esposto ripetutamente nei suoi interventi pubblici la bontà dell’intervento riformatore proposto, che, per quanto attiene al settore processuale, riguarda soprattutto l’ambito delle indagini e delle misure cautelari. Tutte modifiche che avranno un forte impatto organizzativo per le sezioni gip-gup, ed è soprattutto questo l’aspetto su cui ci si soffermerà in questa sede.

In sintesi il DDL dovrebbe operare nei seguenti settori:

– in materia di intercettazioni a tutela della riservatezza del terzo estraneo al procedimento (art. 2 comma 1, lett. a),b), c), d) n. 1 e e) n. 2)

– in tema di misure cautelari da un lato con l’estensione del contraddittorio preventivo per alcune tipologie di reato (art. 2, comma 1, lettere d) n. 2 ed e) nn. 1 e 3, f) n. 1 e h)) dall’altro con l’introduzione della decisione collegiale per l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere (articolo 2, comma 1, lettere d), n. 2, f) n. 2 g), i) e l)).

 La mini riforma si arricchisce poi con le modifiche al codice penale, attraverso l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio (articolo 1, comma 1, lettere a) e b), n. 1) e la modifica della fattispecie di reato di traffico di influenze illecite (art. 1, comma 1, lettere c), d) e e)).

A ciò si aggiunge la limitazione del potere di appello del pubblico ministero (art. 2, comma 1, lettera n)).

Si tratta di un intervento molto settoriale espressione di una bulimia legislativa già conosciuta, sul solco della scelta di mantenere un cantiere sempre aperto in materia di giustizia penale, al punto che le riforme si succedono continuamente e spesso senza aver verificato gli effetti prodotti dalle modifiche precedentemente intervenute. Nessuno studio né di verifica dell’impatto di quanto proposto né sugli esiti delle riforme già attuate viene effettuato; ogni ministro e governo propone la propria ricetta salvifica spesso senza ponderare ciò che serve veramente per ottenere una giustizia efficace e tempestiva.

Nel nuovo DDL, ad esempio, si interviene in materia di intercettazioni telefoniche senza alcun studio sugli effetti prodotti dalle riforme del 2017 e 2020. La legislazione attuale, attraverso l’art. 266 c.p.p., frutto di quegli interventi riformatori, ha in realtà raggiunto un punto di equilibrio ragionevole tra le esigenze processuali investigative e il diritto alla riservatezza sancito dalla Costituzione (art. 15) e dalla Corte Edu (art. 8).

Il nuovo intervento proposto mira a rafforzare ulteriormente la tutela del terzo estraneo al procedimento, già considerata nell’attuale previsione normativa con l’articolata disciplina volta a verificare la rilevanza/irrilevanza del materiale acquisito attraverso la captazione e con la particolare cautela prevista nella conservazione del materiale nel cd archivio riservato affidato alla vigilanza del procuratore della repubblica (art. 89 bis disp. att. c.p.p.).

Dal punto di vista dell’efficacia del mezzo di ricerca della prova l’intervento riformatore non sembra creare particolari problemi dal momento che il giudice potrà sempre utilizzare il contenuto intercettato se esso è considerato rilevante. L’intervento proposto rischia invece di creare tensioni con l’informazione e le sue prerogative, essendo affidato al giornalista un controllo sociale esterno per garantire la trasparenza dell’agire pubblico e potendo in futuro pubblicare solo ciò che è menzionato dal giudice nei suoi provvedimenti o che è utilizzato in sede dibattimentale. Una tensione poco comprensibile se si considera che il garante della privacy, dott. Pasquale Stanzione, audito alla commissione giustizia del Senato il 24.6.2023, ha segnalato che dal 2020 non vi sono state violazione e tutto si è svolto nel rispetto delle norme. Un intervento, quello proposto dal Ministro Nordio, peraltro molto settoriale e decisamente intempestivo se si considera che la commissione giustizia del Senato, presieduta dalla senatrice Giulia Bongiorno, ha avviato una indagine conoscitiva in tema di intercettazioni e i relativi lavori sono in stato molto avanzato, essendosi concluse le 46 audizioni effettuate e dovendosi provvedere alla stesura della relazione conclusiva.

Così come sull’abuso d’ufficio, la scelta del Ministro della Giustizia è stata quella di proporne l’abolizione [2], senza considerare l’intervento operato nel 2022 che ha opportunamente ristretto l’ambito di operatività della norma stabilendo che non sono più penalmente rilevanti le condotte che rispondono all’esercizio di un potere discrezionale. Una proposta che suscita molte perplessità [3] se si considera, come ha segnalato il vice procuratore dell’EPPO dott. Ceccarelli [4], che diventeremo l’unico Paese, tra i 22 stati membri dell’Unione, a non avere tale fattispecie penale. In realtà i dati riportati nella relazione illustrativa del DDL [5] dimostrano che oltre il 95% dei procedimenti si conclude con un decreto di archiviazione ed è quindi la stessa magistratura ad operare un’approfondita selezione degli abusi penalmente rilevanti. Rimane sullo sfondo il rapporto non positivo tra la pubblica amministrazione e i cittadini che emerge con chiarezza dal numero degli esposti/denunce che sono l’espressione più immediata delle profonde insoddisfazioni dei cittadini dell’inefficienza della pubblica amministrazione che porta, in un sistema dove vige il principio della obbligatorietà dell’azione penale, a quel numero elevato di iscrizioni a cui conseguono numerosissimi decreti di archiviazione.

E già è stato annunciato un ulteriore intervento sulla prescrizione, istituto modificato numerose volte negli ultimi venti anni, da ultimo con la riforma Cartabia –legge 134/2021- che ha inserito la c.d. improcedibilità dell’azione penale -art. 344 bis c.p.p.-, ma ancor prima con la legge “ex Cirielli” – legge 251/2005- (nuovi termini di prescrizioni e dilatazioni dei tempi per recidivi e delinquenti abituali), con la “riforma Orlando” – legge 103/2017- (sospensione del decorso della prescrizione di 18 mesi in primo grado e di ulteriori 18 mesi in appello), con la “riforma Bonafede” –legge 3/2019 – (interruzione del decorso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado [6].

Ecco quindi materializzarsi, su più fronti, la strategia del cantiere sempre aperto della giustizia penale.

Eppure, proprio l’importanza e la sensibilità del settore richiederebbe che non fosse terreno di perenne scontro politico; sarebbe saggio, oltre che espressione di una profonda sensibilità istituzionale, tenere la giustizia fuori da logiche di parte e di formazione del consenso.

Purtroppo una utopia se guardiamo alla realtà che ci circonda.

La priorità per la giustizia continua ad essere la ragionevole durata in Italia ed in Europa

I tempi dei processi sono da sempre il vero male che affligge la nostra giustizia. Ne abbiamo un riscontro recente nella decisione della Commissione europea per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa (CEPEJ) che il 16 giugno 2023 ha adottato un nuovo strumento per aiutare i Paesi a ridurre l’arretrato giudiziario, un problema frequente in molti Stati, tra cui l’Italia, e fortemente dannoso per il diritto a un processo equo in tempi ragionevoli, come sancito dall’articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. La nuova tabella predisposta dalla Commissione consentirà agli Stati di identificare e affrontare i ritardi strutturali nei procedimenti giudiziari che aumentano i costi e contribuiscono all’incertezza giuridica, oltre ad avere un impatto negativo sulla percezione e sulla fiducia dei cittadini nei sistemi giudiziari.

Si forniscono quindi indicazioni generali su come identificare i problemi legati ai tempi della giustizia in un determinato sistema giudiziario e si forniscono esempi volti a creare azioni utili a eliminare gli arretrati e a prevenire i ritardi nelle decisioni.

L’arretrato – scrive la CEPEJ – è causato da carenze nella gestione delle cause, dall’esistenza di un quadro giuridico inadeguato, da risorse insufficienti dei tribunali.

Si prevedono quattro fasi strategiche che dovrebbero guidare l’azione degli Stati. Innanzitutto l’identificazione delle cause dell’arretrato, con un’analisi quantitativa e qualitativa che tenga conto dei dati statistici tra i quali il numero di casi, la durata, il numero dei giudici, nonché degli indicatori di efficienza della CEPEJ, del quadro normativo e dell’organizzazione interna del lavoro giudiziario. La seconda fase richiede una strategia orientata agli obiettivi e l’adozione di misure idonee ad affrontare le criticità (inclusa l’allocazione delle risorse e la digitalizzazione dei sistemi giudiziari); la terza fase prevede l’istituzione di un meccanismo di monitoraggio e la quarta interventi per evitare il riformarsi dell’arretrato, con un esame dei flussi e delle tendenze future.

Un piano strategico d’intervento rivolto a tutti gli Stati membri che sembra andare in controtendenza con l’atteggiamento del nostro legislatore che si appresta a varare ulteriori riforme, nell’ambito di quel cantiere sempre aperto di cui si è detto, senza alcun studio dell’impatto di quelle precedenti, e soprattutto senza valutare che la ragionevole durata dei processi rimane la questione principale e che in tal senso gli uffici giudiziari sono tutti seriamente impegnati alla attuazione degli obiettivi del PNRR che prevede una diminuzione nel settore penale dei tempi dei processi nella misura del 25%.

L’estensione del contraddittorio preventivo

L’istituto, previsto nel DDL, esiste già nell’attuale codice di rito ed attiene all’applicazione della misura interdittiva (art. 289 c.p.p.) della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, tranne se tale misura sia applicata in luogo di quella coercitiva richiesta dal pubblico ministero. In tale ultima ipotesi infatti non si ha l’interrogatorio preventivo dell’indagato ma si procede nei termini di cui all’art. 294 comma 1 bis c.p.p.

Si tratta di una previsione generale applicabile a tutti i reati.

La miniriforma di cui ci occupiamo la prevede invece solo per una determinata categoria di reati e quando non ricorrono specifiche situazioni.

È escluso infatti:

a) quando sussista un pericolo di inquinamento delle prove o di fuga dell’indagato (art. 274, comma 1, lettere a) e b) c.p.p.

b) quando sussista il pericolo di reiterazione nel reato se si tratta di uno dei delitti indicati nell’art. 407, comma 2, lettera a) o nell’art. 362, comma 1-ter , ovvero di gravi delitti commessi con l’uso delle armi o con altri mezzi di violenza.

Si deve quindi procedere all’interrogatorio preventivo degli indagati incolpati, ad esempio, per reati contro la pubblica amministrazione e per i reati economici se non ricorrono le ipotesi di cui alla lettera a).

In questi casi ove il giudice proceda all’interrogatorio preventivo deve depositare tutti gli atti trasmessi dal pubblico ministero unitamente alla richiesta di applicazione della misura, con facoltà dell’indagato di prenderne visione ed estrarne copia.

Si legge nella relazione illustrativa del DDL che tale istituto «da un lato evita l’effetto dirompente sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva, dall’altro si mette il giudice nelle condizioni di poter avere un’interlocuzione (e anche un contatto diretto) con l’indagato prima dell’adozione della misura».

Nessuna eccezione è prevista nel caso di richiesta relativa a indagati incolpati di reati diversi. Potrebbe ad esempio accadere che solo per alcuni di essi debba procedersi ad interrogatorio preventivo, previsto a pena di nullità. Con la conseguenza che la previsione di una discovery piena degli elementi probatori acquisiti può consentire anche al coimputato, su cui pende una richiesta di misura a sorpresa, di venire a conoscenza degli atti.

Per evitare tale indiscutibile criticità, che minerebbe alla radice l’effetto a sorpresa tipico del giudizio cautelare, il pubblico ministero, nell’ambito dello stesso procedimento dovrebbe operare con richieste da trasmettere al giudice delle indagini preliminari in tempi sfasati, anticipando la valutazione, applicazione ed esecuzione di quelle a sorpresa, procedendo solo successivamente alla richiesta di misura cautelare nei confronti degli altri indagati che non rientrano nei casi di cui alle lettere a) e b) sopra citate per le quali il giudice dovrà procedere all’interrogatorio preventivo.

Un ulteriore aggravio per uffici già molto sofferenti.

L’impatto sulle sezioni gip-gup

La norma più dirompente per l’organizzazione degli uffici giudiziari è quella che introduce la valutazione collegiale in caso di applicazione della misura cautelare custodiale.

Una norma innanzitutto discutibile se si considera la filosofia di fondo dell’attuale codice di procedura penale che consente al giudice monocratico la decisione sulla responsabilità penale per reati puniti con una pena massima non superiore ai dieci anni di reclusione e nel caso di rito abbreviato o di proscioglimento ex art. 425 c.p.p. anche per reati puniti con pene maggiori.

Il progetto riformatore ritiene che una cura maggiore deve essere rivolta al giudizio cautelare custodiale rispetto a quello di cognizione [7].

Una valutazione effettuata senza aver prima acquisito dati statistici che dimostrano, ad esempio, consistenti riforme delle ordinanze cautelari da parte del Tribunale del riesame, tali da rappresentare una patologia del sistema e da giustificare un intervento così dirompente per gli uffici giudiziari.

Siamo infatti di fronte a una previsione del tutto irrealizzabile nel contesto organizzativo attuale dove vi è una scopertura dell’organico ampiamente superiore al 15%, destinata ad aumentare se si considerano i pensionamenti in corso e i tempi non brevi per l’ingresso dei nuovi magistrati.

Inoltre la mini riforma non considera che proprio gli uffici gip-gup, con la legge 150 del 2022, entrata in vigore il 31.12.2022, sono stati investiti di nuove e complesse funzioni, diventando l’anello strategico di tutto il settore penale [8].

Si pensi al nuovo canone di valutazione ex art. 425 cpp e quindi al nuovo e più efficace filtro delle ipotesi accusatorie con invio al dibattimento solo di ciò che consente una prognosi di condanna dell’imputato, a cui consegue la diminuzione dei decreti che dispongono il giudizio e un sensibile innalzamento delle più impegnative sentenze di non luogo a procedere. A cui si sommano le nuove competenze del giudice per le indagini preliminari [9]: verifica delle iscrizioni nel registro degli indagati, verifica sulla durata delle indagini, sulla stasi e sulla discovery degli atti di indagati (controlli che ragionevolmente verranno eseguiti con interlocuzioni che richiederanno la fissazione e celebrazione di specifiche udienze camerali), verifica sulla chiarezza dell’incolpazione, al nuovo criterio per l’archiviazione che prognosticamente aumenterà notevolmente il numero di opposizioni con pari necessità di fissazione e celebrazione di udienze se non muterà il criterio normativo per l’eventuale ammissibilità della opposizione.

L’ufficio gip-gup è diventato, e i dati statistici già oggi lo testimoniano, il fulcro vero dell’intero procedimento penale e sarà sempre più determinante al fine di mantenere i canoni della ragionevole durata e rispettare, nella prossima attualità, le condizioni poste dal PNRR, che verranno valutate nell’anno 2026.

Molti uffici gip-gup già oggi sono in grande affanno per il carico a cui devono quotidianamente far fronte e se la mini riforma proposta dal Ministro Nordio diventerà legge occorreranno scelte organizzative che rivoluzioneranno le tabelle esistenti senza la sicurezza di ottenere alcun utile risultato sui tempi di risposta che potranno solo aumentare. Un domani nel giudizio cautelare quello che oggi è evaso da un solo giudice richiederà la presenza di tre giudici, in contrasto con l’esigenza di velocità dell’intervento giudiziario che contraddistingue l’altro DDL –quello cd. di completamento del codice rosso- presentato dal ministro Carlo Nordio in materia di violenza di genere pochi giorni prima di quello qui in esame [10].

Né appare risolutivo l’aumento di organico previsto dall’art. 4 del DDL in esame, che peraltro non è destinato solo agli uffici gip-gup ma genericamente alle funzioni giudicanti di primo grado.

I tempi tecnici per bandire ed espletare un concorso (nomina della commissione da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, svolgimento dello stesso, correzione degli elaborati scritti e svolgimento delle prove orali, formulazione delle graduatorie, scelta della sede e svolgimento del tirocinio) comportano che anche se il concorso fosse bandito nell’anno 2023 prima dell’inizio del 2026 non si avrebbe l’ingresso di nuovi magistrati che peraltro non potrebbero, nei primi due anni di carriera, essere destinati alle sezioni gip-gup [11].

Analogamente l’uso della tabella infradistrettuale previsto dal DDL all’art. 3 lettera a) n. 1, per far fronte alle esigenze degli uffici piccoli (spesso composti da 2/3 magistrati), appare alquanto problematico se si considera la distanza tra gli uffici che appartengono allo stesso distretto di Corte Appello. Potrebbe accadere ad esempio che un gip del tribunale di Milano debba comporre il collegio cautelare a Lodi o a Busto Arsizio o a Varese per decidere una misura cautelare o un aggravamento. Si rischia seriamente la paralisi degli uffici, la creazione di importanti arretrati e il mancato raggiungimento degli obiettivi del PNRR.

Peraltro la stessa attuazione della Legge n. 104/2021 e del D.Lgs. n. 150/2022, indispensabile per raggiungere gli obiettivi del PNRR, rischierebbe di essere seriamente compromessa.

Il dato statistico pubblicato dal DG-Stat evidenzia anche per l’anno 2022, così come per il 2021, che vi è stata una definizione importante dei procedimenti iscritti a carico di indagati-noti davanti alle sezioni gip-gup. Il dato è particolarmente rilevante a Milano, che definisce i procedimenti a carico di indagati noti, con 43.442 decreti di archiviazione, 5.005 sentenze di rito alternativo, 2303 decreti penali di condanna e 5.607 decreti che dispongono il giudizio. Come si vede la definizione nell’ufficio milanese è molto elevata, soprattutto se si confronta con i flussi di affari e con le definizioni di altri uffici giudiziari di grandi dimensioni. A Roma si registrano 49.740 decreti di archiviazione, 3.769 sentenze di rito alternativo, 1653 decreti penali di condanna e 11.585 decreti che dispongono il giudizio. A Napoli 46.379 decreti di archiviazione, 3105 sentenza all’esito di riti alternativi, 1691 decreti di condanna e 9.376 decreti che dispongono il giudizio.

Il dato disaggregato relativo alle sentenze di proscioglimento dell’ufficio milanese mette in luce anche un aumento di produttività, dall’entrata in vigore della riforma ad oggi, pari a circa il 30 % in più, nonostante l’importante scopertura di organico [12].

Uno studio condotto dal Politecnico di Milano nell’ambito del progetto Pon Governance ha sottolineato come «[…] l’analisi previsionale mostra che, a risorse costanti, gli obiettivi PNRR (azzeramento dell’arretrato, SCR = 1,20, riduzione dei tempi) difficilmente potranno essere raggiunti nel 2026 sia a livello di sezione sia a livello di ufficio giudiziario complessivo, per il carico importante di affari gestiti dalla sezione gip-gup sul totale dell’Ufficio giudiziario. Se la produttività resterà pari a quella attuale e così anche i procedimenti in ingresso, nel prossimo futuro le pendenze aumenteranno anziché diminuire […]. Dal punto di vista del personale togato, questo scenario richiederebbe al minimo l’acquisizione di ulteriori 4 magistrati full time equivalent. Si tratta peraltro di un’analisi sottostimata, dal momento che non prende in considerazione, ad esempio, i procedimenti contro ignoti e le misure cautelari che vanno ad aggiungersi all’analisi[13]».

Dati e valutazioni particolarmente significativi della funzione svolta da questi uffici, che difficilmente potranno sopportare le ulteriori modifiche organizzative che il DDL richiede, che se diventerà legge metterà nel nulla gli sforzi in atto per attuare la riforma Cartabia, conseguire gli obiettivi del PNRR e la ragionevole durata dei procedimenti su cui è impegnata anche la CEPEJ.

* Vicedirettrice di Questione Giustizia, presidente aggiunta gip-gup Tribunale Milano

Note

[1] Il testo, ad oggi, risulta ancora fermo al ministero dell’Economia dove non è ancora stato bollinato, in quanto i tecnici della Ragioneria generale dello Stato stanno cercando ancora le coperture finanziarie sull’unica norma che le richiede: quella secondo cui da qui a due anni si dovrebbero assumere 250 giudici in grado di poter concretizzare gli obiettivi della riforma.[2] L’abolizione è giustificata sul presupposto che vi sia stato un eccesso di incriminazioni per una categoria di autori, in particolare i sindaci, che sarebbero stati poi assolti da accuse che non avrebbero dovuto essere promosse. Questo squilibrio tra iscrizioni delle notizie di reato e decisioni nel merito richiede, a giudizio del Ministro Nordio, un intervento radicale.

[3] Cfr. La riflessione critica di Massimo Donini Gli aspetti autoritari della mera cancellazione dell’abuso d’ufficio, in Sistema Penale 23.6.2023 https://www.sistemapenale.it/it/opinioni/donini-gli-aspetti-autoritari-della-mera-cancellazione-dellabuso-di-ufficio 

[4] Cfr. Intervista di Liana Milella, in La Repubblica del 14.6.2023.

[5] Iscrizioni nel registro degli indagati: 4.745 nel 2021 e 3938 nel 2022 con 4121 archiviazioni nel 2021 e 3536 nel 2022.

[6] Sul punto si veda Gianluigi Gatta, Prescrizione e improcedibilità: alla Camera prove tecniche di una ennesima, improvvida, riforma, in Sistema penale 28.6.2023

[7] «Sei occhi vedono meglio di due», ha dichiarato il ministro Nordio a Taobuk di Taormina – Adnkronos 17 giugno 2023.

[8] Si rinvia a Ezia Maccora e Giuseppe Battarino, La nuova udienza preliminare tra interpretazione normativa e interpretazione organizzativa, in questa Rivista on line 17.2.2023; ed ancora a Ezia Maccora e Giuseppe Battarino, Il giudice dell’udienza preliminare nella riformain questa Rivista on line 10.1.2022,

[9] Si veda Linda D’Ancona, Riforma del processo penale e giudice per le indagini preliminari, in questa Rivista online 9.11.2021,

[10] In una intervista pubblicata su La Repubblica Milano il 20.6.2023 il gip Fabrizio Filice ha dichiarato «se mi arriva una richiesta molto urgente di carcerazione stamattina, posso emettere l’ordine di cattura oggi stesso e domani va in esecuzione. Così (con la mini riforma) invece allunghiamo i tempi, può essere pericolosissimo, un rischio enorme per le vittime. Moltissimi atti di violenza vengono sventati dagli interventi cautelari. Misure che rappresentano il 70% del lavoro di un gip, solo a Milano arrivano 4-5 richieste al giorno […] la mia opinione, e non solo la mia, è che creerà un rallentamento generale di tutte le misure e che debba essere ripensata».

[11] Così prevede l’art. 111, comma 1 della circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2020-2022 e l’articolo 7-bis, comma 2-bis del Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12.

[12] L’organico attuale della sezione gip-gup del tribunale di Milano è pari a 32 magistrati sui 39 previsti in pianta organica, oltre il presidente e il presidente aggiunto. L’ufficio sopporta anche una assenza per maternità e alcuni esoneri previsti per due colleghi che svolgono altri ruoli. Con la conseguenza che vi è una scopertura effettiva del 33% su un organico comunque inadeguato a far fronte ai carichi di lavoro.

[13] Cfr. Elena Madiai, Erica Melloni, Il progetto PNRR presso l’Ufficio GIP-GUP del Tribunale di Milano: primi risultati e capacità di conseguire gli obiettivi 2026, in questa Rivista online 17.4.2023.

Fonte: Questione Giustizia

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