In questi giorni la presidente della Commissione parlamentare antimafia, l’onorevole Colosimo, è impegnatissima in iniziative di varia natura, come è comprensibile che sia.
Dalla commemorazione della strage di Ciaculli, al “Fenix” organizzato da Gioventù Nazionale, passando per la manifestazione di solidarietà alla Sindaca di Villa San Giovanni, Giusy Caminiti, pesantemente minacciata, la presidente non si risparmia e pazienza se alcuni passaggi dei suoi interventi suonino un poco banali, retorici, preconfezionati, è pur sempre alle prime battute di una conversazione pubblica che si preannuncia molto lunga e ci sta che scelga una oratoria già collaudata per andare sul sicuro.
Sono certo che non sfugga alla presidente Colosimo di essere, appunto, presidente di un complesso organismo parlamentare, che attende di essere governato e rappresentato nella sua collegialità: purtroppo abbiamo già dovuto misurare in passato i danni procurati da una gestione personalistica del ruolo di presidente, tanto enfatizzata, quanto inutile.
Stiamo quindi in trepidante attesa di un programma condiviso di azioni su cui la presidente proverà a impegnare tutta la Commissione. Capiremo allora, tra l’altro, di quali Comitati tematici vorrà dotarsi la Commissione e quali argomenti invece caratterizzeranno il lavoro “in plenaria” della medesima, scelte queste che sempre descrivono e definiscono l’impronta che la Commissione intende lasciare negli annali.
C’è però un incontro che merita di essere ripreso per alcune cose che sono state dette e per alcune che sono state evocate (almeno in me). Il 30 giugno la presidente ha partecipato a Reggio Calabria all’annuale assemblea nazionale della Fai, la Federazione Antiracket fondata da Tano Grasso. Nel suo intervento la presidente ha fatto riferimento alle stragi nelle quali persero la vita i magistrati (immagino intendesse quelle del ’92) e ha detto che quelle stragi ancora “chiedono” verità, una “verità storica, ormai”.
Mi hanno molto colpito queste tre parole: verità-storica-ormai. Cosa ha inteso dire? Una verità-storica-ormai, cioè una verità che non potremmo più aspettarci dalle Aule di Giustizia? Perché non ci sono più reati di cui debbano accertarsi le responsabilità o perché non c’è più la possibilità di raccogliere le prove di quelle responsabilità?
E ancora, è forse una frase che riflette il senso di uno dei primi incontri che la presidente ha tenuto ad avere a Palazzo San Macuto, quello con il generale Mario Mori? Ignora la presidente che almeno due Procure, quella di Firenze e quella di Reggio Calabria, sono convinte del contrario? Oppure la presidente, precisamente a conoscenza del lavoro di queste due Procure, ha voluto mandare un messaggio, come altri in passato hanno fatto, nella mal celata speranza che non vengano ulteriormente sprecati i soldi dei contribuenti in attività giurisdizionale pretestuose?
Una verità-storica-ormai, cioè una verità consegnata per sempre al passato, a un passato sterilizzato che nulla avrebbe più a che fare con il presente che stiamo vivendo? Ipotesi questa alla quale mi ribellerò convintamente (riproponendo argomenti più volte utilizzati in questo blog), ma che suonerebbe tanto più bizzarra quando fosse rappresentata proprio da chi ricopre temporaneamente il ruolo di presidente della Commissione antimafia, grazie alla capitalizzazione di significati e di relazioni che arrivano dritti dritti da quel super e insuperabile passato che è il ventennio fascista.
Stragi che “chiedono” una verità-storica-ormai, ma a chi la chiedono? Non alla Commissione a quanto pare, come se non fosse proprio uno dei compiti istituzionali di questo organismo parlamentare di inchiesta utilizzare al meglio il peculiare potere di accesso irresistibile alle fonti primarie di informazione, per consentire una puntuale ricostruzione fattuale degli accadimenti sui quali permangano ancora oggi inquietanti zone d’ombra.
Quelle zone d’ombra alle quali ha recentemente e ripetutamente fatto riferimento lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (l’ultima occasione in ordine di tempo è stata la commemorazione dell’omicidio del giudice Bruno Caccia).