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L’Italia? Una “pacchia” per la criminalità straniera del narcotraffico

Piero Innocenti il . Criminalità, Droga, Forze dell'Ordine, Mafie, SIcurezza

La domanda, ancora inevasa (e credo che tale resterà), fatta nella relazione conclusiva di fine Legislatura (febbraio 2018) dalla Commissione parlamentare Antimafia su come era stato possibile che il nostro Paese fosse diventato, tra quelli occidentali, “il più appetibile per i delinquenti”, ci stimola a fare qualche considerazione sul ruolo e la presenza in Italia di diverse organizzazioni criminali straniere.

Una quarantina di anni fa si contavano soltanto sporadiche presenze di delinquenti stranieri mentre, da alcuni anni a questa parte, si sono costituite vere organizzazioni criminali su base etnica consolidando, come sottolinea la recente relazione, giugno 2023, della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA), “la loro presenza sia nelle grandi metropoli del centro-nord che nelle vaste aree rurali del sud Italia” con significative capacità di infiltrazione del tessuto socio-economico nazionale grazie “ad un’ampia disponibilità di denaro contante proveniente da una diversificata gamma di attività illecite”.

La Direzione Investigativa Antimafia (DIA), con la relazione periodica inoltrata al Parlamento nel 2023 e relativa ai risultati conseguiti nel primo semestre del 2022, fornisce ulteriori elementi conoscitivi di un scenario criminale già così preoccupante come delineato dalla DCSA, parlando di organizzazioni criminali straniere “in alcuni casi tipizzate dalla connotazione mafiosa, attive in ambiti illeciti non occupati dalla mafie autoctone o talvolta dati “in concessione” in ragione delle difficoltà operative registrate dai sodalizi autoctoni”.

Basterebbero soltanto queste poche considerazioni per stimolare l’attenzione politico-parlamentare, magari per considerare quali iniziative adottare per contrastare questo “dominio criminale” che si va realizzando, grazie anche ad una “metamorfosi dei rapporti tra mafie nazionali e straniere sempre più prossimi all’evoluzione verso forme di coesistenza strutturale piuttosto che a quella di mera convivenza”.

In Italia la criminalità estera, con l’eccezione di quella romena, è composta prevalentemente da sodalizi extracomunitari ed il traffico di stupefacenti è sempre prioritario tra i settori di interesse per gli ingenti profitti che ne derivano.

Così, tra le più agguerrite compagini criminali straniere operanti sul nostro territorio (ma anche in diversi paesi europei) troviamo quelle nigeriane che sono le più strutturate, ramificate e pervasive, quelle albanesi spesso organizzate in piccoli gruppi a matrice familiare, le serbo-montenegrine dotate di una solida organizzazione e struttura paramilitare, quelle cinesi, caratterizzate da una forte impermeabilità, che curano, in particolare, la vendita di droghe all’interno delle proprie comunità, quelle sudamericane con il profilo di vere bande composte da giovani e giovanissimi e quelle di origine nord-centro africana (in particolare sodalizi tunisini e marocchini).

La criminalità organizzata nigeriana è decisamente la più pericolosa tra le consorterie criminali straniere: oltre al narcotraffico concentra i suoi interessi nella tratta di donne da destinare alla prostituzione, nella falsificazione di documenti, nelle truffe e frodi informatiche e, stando alle più recenti indagini, anche nei reati contro la persona e il patrimonio.

La mafia nigeriana (la connotazione di “mafiosità” è stata più volte riconosciuta dalla stessa Corte di Cassazione) è riuscita negli anni a consolidarsi in diverse regioni italiane e “persino in Sicilia dove la pervasività di cosa nostra lascia ben pochi margini di radicamento ad altri sodalizi” (rel.  DIA, 2022).

Ma, forse, l’aspetto più preoccupante di questo panorama criminale è quello della “coesistenza tra gruppi criminali autoctoni e allogeni spesso fondata su una condivisa spartizione di assets e settori criminali cui sottendono accordi anche per evitare manifestazioni o episodi eclatanti sotto il profilo dell’allarme sociale e dell’ordine pubblico” (rel.DIA, cit.).

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La guerra, persa ormai da tempo, della droga

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