Italia, ‘una e indivisibile’ ancora per quanto?
L’incontro a Montecitorio sul No all’Autonomia Differenziata apre al confronto delle idee in vista della prossima discussione politica in Aula e al chiarimento delle intenzioni delle forze politiche di opposizione
La sensazione è che si sia giunti a definitivo un momento di svolta. “Le difficoltà del presente e la volontà di stravolgere la forma della nostra Repubblica non sono parole, ma intenzioni reali perché al posto di Liberté, Egalité e Fraternité ora ci sono Dio, Patria, Famiglia”. A dirlo è il costituzionalista Gaetano Azzariti, che prosegue: “La nostra è la Costituzione più inapplicata del mondo. Ed ora è in pericolo. Non ci può essere un partito della Costituzione’, perciò invito tutte le forze di opposizione a unirsi in Aula per dire no al Ddl Calderoli. Il malato da curare non è il governo, ma il parlamento”.
Il principio speranza
Si apre così l’incontro del 19 giugno tra forze sociali e politiche sul tema dell’Ad organizzato dalla Rete dei Numeri Pari nell’aula Matteotti di Montecitorio a Roma, a cui hanno aderito società civile e formazioni politiche nell’intento di contrastare il “progetto scellerato” di fare l’Italia a pezzi.
Tre i principali relatori, il costituzionalista Azzariti, Dianella Pez dei Comitati contro ogni Autonomia differenziata e don Luigi Ciotti, introdotti da Giuseppe di Marzo, portavoce della Rete dei Numeri Pari. Con loro si sono poi confrontati alcuni esponenti di diverse forze politiche: sono intervenuti all’incontro – tra gli altri – Francesco Silvestri, Alessandra Maiorino, Marco Pellegrini, per il M5S; Marta Bonafoni, Marco Furfaro e Marco Sarracino per il Pd; Luigi de Magistris per Unione Popolare e Maurizio Acerbo per Rifondazione Comunista; Nicola Fratoianni e Giuseppe De Cristofaro per Sinistra Italiana, Stefano Fassina, ex deputato, economista e politico.
In effetti se col presidenzialismo (anche nella sua forma più dimessa e moderata di primariato) si vuol cambiare la forma di governo, nel caso dell’Ad si intende farlo con l’intera Repubblica. Un disegno che sarebbe praticamente irreversibile una volta tracciato. Non è dunque tempo di arrendevolezza, ma di “costruire un fronte che rilanci un preciso progetto di civiltà per passare dalle parole ai fatti – conclude poi Azzariti – un’utopia concreta, alla stregua di quelle che suggeriva lo storico Ernst Bloch nel suo Principio Speranza.
Per quanto finora politica e istituzioni abbiano dato uno scarso ascoltato al pensiero critico, quest’ultimo ha invece cominciato a tracimare nella politica e nelle istituzioni.
“Io sto dalla parte dei poveri, degli ultimi degli invisibili – ricorda don Ciotti, fondatore di Libera di cui fa parte la Rete dei Numeri Pari – ma sto anche al vostro fianco per una battaglia giusta: fermare un percorso che ci pone interrogativi e dubbi. Si è liberi con gli altri non contro gli altri. Io rappresento un noi, che offre un contributo alle realtà che si sono messe insieme. Non si può affrontare la povertà con lo scandalo dell’Ad che fa passare l’ecosistema italiano all’egosistema italiano. Un Io che ha mortificato i bene comuni e ha trasformato i diritti in privilegi. E noi siamo qui come atto d’amore: non possiamo tacere, restare inerti”.
Oggi il Paese è in emergenza civiltà
Don Ciotti torna poi sul tema della speranza: “Sei milioni di persone sono in povertà assoluta nel nostro Paese: così c’è la distruzione della speranza, così viene trasformata l’Italia in un mondo di ‘neutrali’. E’ per questo che sono cresciute indifferenza, smarrimento e sfiducia, ma “noi qui siamo per ribadire l’importanza della solidarietà. Se non ci rigeneriamo, restiamo fermi, degeneriamo. La corresponsabilità invece è la spina dorsale del nostro Paese, che soffre di un’emorragia di memoria. Ne abbiamo tanta celebrativa, ma per il resto…”. E’ il caso del “diritto alla verità negato all’80 per cento dei familiari delle vittime delle mafie. Siamo a un analfabetismo di ritorno e l’attuale declino è anche culturale. Le bandiere a mezz’asta sono per i morti in mare non per le commemorazioni”.
Non sarà un caso, del resto, “che da 150 anni si parli ancora di mafia. Il nord vuole la sua autonomia e le mafie ringraziano. Finché non ci sarà la consapevolezza di tutti la mafia non finirà. Il crimine organizzato ora viene ‘normalizzato’; l’ultima mafia è sempre la penultima. Chi è che ha unito il Paese? Le mafie. E ve lo dimostro. Le mafie sono unite per una convergenza di interessi nel riciclaggio di denaro, hanno creato un’unica cabina di regia. Gli ‘uomini cerniera’ tra politica, mafia, massoneria deviata e imprenditoria, loro non spezzettano, uniscono”.
I Comitati contro Ogni Autonomia Differenziata
Per l’esecutivo dei Comitati per il No a ogni Autonomia Differenziata ha parlato Dianella Pez in vece della portavoce Marina Boscaino, impossibilitata a intervenire. “Da cinque anni abbiamo la consapevolezza del pericolo ora imminente. Il ‘vulnus’ si trova alla radice e lì andrebbe sanato con l’abolizione del comma 3 dell’art 116 della Costituzione modificata nel 2001. Durante la scorsa legislatura un gruppo di parlamentari lavorò proprio a questo stralcio: la posta in gioco è altissima capace per convenienza politica di arrecare danni profondi e duraturi nelle vite di cittadine e cittadini”.
Se la Costituzione è “ciò che ci siamo dati da sobri a valere per i momenti in cui siamo ubriachi”, come ha affermato di recente il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, ora siamo senza dubbio ubriachi. Il progetto di Ad in effetti “tradisce i principi costituzionali. Non è un problema solo Nord-Sud, ma una questione delle città e delle periferie, delle persone privilegiate e di quelle sfruttate. ‘Noi veneti, noi friulani, noi lombardi’… sono sproporzioni e squilibri che pendono sempre da una parte, quella del segno ‘più’, delineando ingiustizie e disparità profonde”.
Simone Weil diceva nel 1942 che “la tempesta che ci circonda ha sradicato i valori e li ha messi tutti in discussione per pesarli sulla bilancia sempre falsa della forza (…). Che ci sia concesso di fare della nostra coscienza una bilancia esatta”.
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