Le tasse sono il pizzo di Stato?
“La lotta all’evasione fiscale si fa dove sta davvero l’evasione fiscale: big company, banche, frodi sull’Iva, non il piccolo commerciante al quale vai a chiedere il pizzo di Stato”.
Sono le parole – incredibili e incostituzionali – pronunciate il 26 maggio a Catania dalla Presidente del consiglio dei ministri. Che il principale responsabile del Governo paragoni il sistema tributario all’estorsione mafiosa è un fatto gravissimo e senza precedenti.
Parole incredibili, perché l’Italia è il Paese europeo con la più alta evasione fiscale pro-capite: 3.147 euro (dati Eurostat). In particolare, la propensione all’evasione dell’imposta sui redditi da lavoro autonomo e impresa è del 68,3% (fonte: Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva, 2022). Di fronte a questi dati ci si attenderebbe maggiore senso di responsabilità da chi rappresenta le istituzioni.
Frasi incostituzionali, poiché l’art. 53 della Costituzione stabilisce che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche”, piccoli commercianti compresi. E l’art. 54 aggiunge che “tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi”, a maggior ragione se ricoprono funzioni pubbliche come la Presidenza del consiglio dei ministri.
In direzione totalmente opposta è opportuno ricordare le parole pronunciate nel 2006 dall’allora Ministro dell’economia Tommaso Padoa Schioppa: “A chi dice che mettiamo le mani nelle tasche dei cittadini, rispondo che sono gli evasori ad aver messo le mani nelle tasche dello Stato e dei cittadini onesti. Violando così non solo il VII comandamento, ma anche un principio base della convivenza civile”.
Papa Francesco, ricevendo in udienza lo scorso anno una delegazione dell’Agenzia delle Entrate, ha detto: “La legalità in campo fiscale è un modo per equilibrare i rapporti sociali, sottraendo forze alla corruzione, alle ingiustizie e alle sperequazioni. (…) La tassazione è segno di legalità e di giustizia. Deve favorire la redistribuzione delle ricchezze, tutelando la dignità dei poveri e degli ultimi che rischiano sempre di finire schiacciati dai potenti”.
In un Paese normale chi presiede il Governo non avrebbe potuto pronunciare quelle incredibili e incostituzionali parole. E comunque in un Paese civile sarebbe stato costretto a dimettersi. Ma Pier Paolo Pasolini ci aveva avvertito dei difetti di questo nostro Paese: “i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale”.
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