Il governo e le riforme costituzionali
Gnocchi, pesce o insalata? Potremmo riassumere in questa domanda la posizione del ministro per le riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati, che recentemente ha dichiarato: “Abbiamo mantenuto una porta aperta rispetto a queste tre forme”, ovvero “presidenzialismo all’americana, semi presidenzialismo alla francese e premierato”.
“La situazione politica in Italia è grave ma non è seria”, direbbe Ennio Flaiano. Ascoltando le motivazioni di queste ipotesi di modifica della Costituzione, si resta allibiti. “Il presidenzialismo – dichiara Casellati – è una delle necessità ormai ineludibili. Ne parliamo ormai da troppo tempo”. Il sospetto è che sia diventata una necessità soltanto perché se ne parla da troppo tempo.
Il ministro Casellati (bontà sua!) lascia “una porta aperta” a tre ipotesi. Perché invece la porta è stata chiusa ad altre ipotesi? Per esempio, il presidenzialismo turco, il semipresidenzialismo ucraino o il cancellierato tedesco. È compito del ministro per le riforme istituzionali fare la selezione preventiva dei sistemi istituzionali da prendere come esempio?
In realtà bisognerebbe chiedersi per quale ragione è stato nominato un ministro per le riforme istituzionali, pur sapendo che si tratta di una prerogativa del parlamento. Che cosa c’entra il governo con le riforme costituzionali?
La coalizione che ha vinto le elezioni si era presentata in campagna elettorale con un preciso programma, nel quale era scritto soltanto: “Elezione diretta del presidente della repubblica”. Perché adesso sono state aggiunte altre ipotesi? Gli elettori del centrodestra sono stati avvisati del cambiamento di programma?
Gnocchi, pesce o insalata: va bene tutto purché qualcosa si mangi?
Non c’è bisogno di essere esperti di diritto costituzionale per comprendere che l’elezione diretta del presidente della repubblica è un’ipotesi del tutto diversa dall’elezione diretta del primo ministro. Sono scelte che implicano ridefinizioni opposte della divisione dei poteri. Ma in Italia quale sarebbe la necessità: dare più potere al capo dello stato o a quello del governo? E come si controbilancerebbe questo aumento di potere?
In sintesi: poche idee molto confuse. Si cambiano così le costituzioni? Forse è vero: “ne parliamo ormai da troppo tempo”. Sarebbe il momento di smetterla di fare gli apprendisti stregoni delle riforme costituzionali. Sarebbe anche il tempo di provare ad applicare seriamente la nostra Costituzione, tutelando davvero il diritto alla salute (quanto sono lunghe le liste d’attesa per una visita medica specialistica?), alla piena occupazione (quanti sono i disoccupati?), alla giustizia fiscale (a quanto ammonta l’evasione fiscale?), ecc.
Il governo, cioè il potere esecutivo, dovrebbe dare concreta attuazione alle leggi. Non ha senso che il presidente del consiglio Giorgia Meloni convochi (come invece ha fatto) i rappresentanti dei partiti che in parlamento non fanno parte della maggioranza per un confronto sulle riforme istituzionali. Non è un suo compito. Delle eventuali riforme si occupi il parlamento, che è il potere legislativo.
A proposito: da molti anni in Italia c’è un abuso da parte dei governi dell’utilizzo dei decreti legge, che dovrebbero essere emanati soltanto “in casi straordinari di necessità e urgenza” (art. 99 Costituzione).
L’attuale governo presieduto da Giorgia Meloni nei primi 6 mesi di mandato ha approvato 25 decreti legge (in media oltre 4 decreti legge al mese), battendo ogni record precedente.
Prima di voler cambiare la Costituzione, sarebbe buona cosa rispettarla.
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