Non c’è tregua per i giornalisti in Turchia
È iniziato in Turchia il processo contro 11 cronisti curdi incriminati lo scorso 8 febbraio, quasi tutti ancora detenuti in carcerazione preventiva già dallo scorso ottobre. Si tratta di dieci giornalisti e uno stagista.
Nove di loro sono della testata Mezopotamya: il direttore Diren Yurtsever, i redattori Berivan Altan, Ceylan Sahinli, Deniz Nazlim, Emrullah Acar, Hakan Yalcin, Salman Guzelyuz, Zemo Aggoz Yigitsoy e Mehmet Gunan (ex stagista di Mezopotamya). Gli altri due sono il freelance Oznur Deger e il cronista Ummu Habibe Eren, del sito filo curdo JINNEWS. Solo Zemo Aggoz, che è in maternità e l’ex stagista sono stati rilasciati.
Tutti undici sono accusati di “appartenenza al Pkk”, il partito curdo dei lavoratori o al KCK, l’unione delle comunità curde: l’accusa è contenuta in 210 pagine e la procura chiede pene che vanno dai 7 ai 12 anni.
Su questi arresti, avvenuti il 25 ottobre, era comparso un alert sulla piattaforma del Consiglio d’Europa e la Federazione europea dei giornalisti aveva denunciato il fatto e insieme ai sindacati dei giornalisti turchi aveva fatto appello alle autorità per il rilascio immediato dei colleghi incarcerati. Un appello rimasto inascoltato: nel frattempo sono passati quasi sette mesi.
Mezopotamya aveva anche rivelato che erano stati confiscati oltre cento libri nonché computer, giornali e riviste curde. Due settimane prima della retata dal 25 ottobre, peraltro, il parlamento turco aveva approvato (il 13 ottobre) una legge molto criticata che criminalizza il libero flusso di informazioni e fornisce un quadro normativo che si presta a un’ampia censura delle informazioni online.
Una norma sicuramente utile al Governo in vista delle elezioni politiche che si sono tenute domenica scorsa e che hanno portato Erdogan al ballottaggio, segno dell’indebolimento del partito di governo che dunque, nei mesi precedenti le elezioni, ha cercato di dare un’ulteriore stretta alla censura.
I giornalisti ritenuti colpevoli di aver pubblicato deliberatamente “disinformazione e notizie false” rischiano fino a tre anni di carcere. Per gli undici giornalisti curdi, però, le accuse sono ancora più gravi, perché si parla di terrorismo.
Il processo è solo agli inizi e il suo destino sarà legato anche a cosa accadrà in Turchia dopo il secondo turno elettorale e al clima che si verrà a instaurare nel paese a seconda che venga riconfermato Erdogan o vincano le opposizioni.
Le carceri turche sono ancora piene di giornalisti. In tutto, secondo quanto risulta alla Federazione europea dei giornalisti, sono 43 i colleghi dietro le sbarre.
Ricordiamo fra l’altro che gli undici cronisti curdi ora a processo sono stati arrestati in una seconda retata, che seguiva quella già avvenuta nel giugno precedente, sempre con bersaglio i curdi, durante la quale sono stati arrestati 20 operatori dell’informazione, 16 dei quali tutt’oggi in custodia cautelare.
* Federazione europea dei giornalisti (Efj)
Fonte: Articolo 21
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Turchia, giornalisti, avvocati e politici curdi arrestati in una vasta repressione pre-elettorale
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