Chi ha paura di Fabio Fazio?
Sì, certamente il viaggiatore che si trovasse a passare per Savona e circondario noterebbe un mare un po’ così, i residui di una vecchia crisi industriale o la bella Fortezza del Priamar. Non penserebbe alla televisione o al cinema, almeno di primo acchito.
Eppure, in quella zona – da cui si dipana verso la Francia il meglio del Ponente ligure – sono nate e cresciute alcune delle personalità del mondo audiovisivo: da Carlo Freccero, ad Aldo Grasso, ad Antonio Ricci, a Tatti Sanguineti. Tra di loro, giovanissimo, si muoveva un timido Fabio Fazio, agli inizi imitatore di figure note e prestigiose.
Era amico del nostro compianto Aldo Garzia e, forse per amicizia con lui, frequentava pure gli ambienti de il manifesto e del Pdup. Almeno, per un certo periodo.
Poi, l’ascesa inarrestabile nello star system, attraverso indubbie doti di sagacia e versatilità. La memoria non fa molti sforzi, perché Quelli del calcio o Anima Mia stanno nella prima serie dei programmi, insieme ad altri: dopo l’esordio alla radio con Blackout; e fino – passando per la ripetuta conduzione del festival di Sanremo – all’appuntamento cult di Che tempo che fa.
Ecco, ora la Rai dei Fratelli d’Italia tronca i fili che hanno connesso al servizio pubblico, colui che ne ha costituito una solidissima colonna. Al di là, infatti, degli ottimi risultati di ascolto (in cima alla terza rete, a braccetto con Chi l’ha visto?: l’inesauribile calco di Angelo Guglielmi), la carta di identità dell’azienda si è fatta forte di un pezzo di palinsesto di qualità e attrattivo verso gli inserzionisti.
Insomma, grazie al garbo naturale e alla solidissima organizzazione realizzata insieme alla società produttrice, sugli schermi della Rai sono passati Barack Obama, a Bono, Tarantino, Macron, Madonna (per citare dei nomi), nonché le figure eminenti della cultura e dello spettacolo italiani.
Non solo. Fazio è stato artefice di serate speciali, tra le quali rimane memorabile quella con Liliana Segre al tragico Binario 21 della stazione di Milano. Resistenza, antifascismo e memoria dei crimini neri, solidarietà verso i migranti, attenzione costante al Covid hanno rappresentato un guizzo creativo, pur nell’ambito di una spesso corriva rappresentazione dei desideri della cultura di massa.
Se le citate rubriche si possono facilmente criticare per il tono troppo leggero e, alla bisogna, evasivo rispetto ai drammi della guerra e del conflitto sociale, come mai – allora – l’arrivo della destra ha avuto come eclatante vittima sacrificale non un autore di opposizione al mainstream o programmi corrosivi come Report o Presa diretta (ma sarà vero ciò che i padroni attuali lasciano trapelare?), bensì un signore timorato di dio e moderato?
Indubbiamente, meglio sarebbe stato se Fazio e la brava Luciana Littizzetto si frapponessero alla minaccia che covava, costringendo il nuovo amministratore delegato Roberto Sergio ad esporre i propri vizi.
Tuttavia, il caso è chiaro. La destra può magari tollerare il dissenso se è confinato ad un target prevedibilmente infedele. Non ammette, invece, che un simpatico moderato capace di entrare nella dieta mediatica dell’elettorato conservatore possa avere la ribalta nella prima serata di una domenica, sacra o pagana che sia.
La colpa di Fazio e Littizzetto è di avere raggiunto l’insidiosa mediana che congiunge la cultura alta e quella pop, laddove argomenti delicati e di rottura si nascondono in un flusso di libri, canzoni e tavoli situazionisti.
Ciò che accade attorno alla Rai non è da sottovalutare e non va isolato ad una squallida questione di settore. La Rai ha sempre presagito gli eventi in Italia e, purtroppo, la conquista in atto da parte del governo di testate e canali (grazie ad una leggina del 2015 voluta da Matteo Renzi, che consegnò allegramente il potere a Palazzo Chigi) è una sequenza di un pericoloso flusso generale.
La voglia di autoritarismo, di un regime fondato sulla manomissione della Costituzione per realizzare una forma di repubblica presidenziale cucinata insieme alla cosiddetta Autonomia differenziata, richiede il controllo dell’informazione.
Che tempo che fa.
Fonte: il manifesto/Articolo 21
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Grazie Fazio per i 40 anni di successi che hai portato alla Rai
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