La mediazione del Papa
Per dirla con franchezza a me pare di vivere in una realtà parallela, surreale e fantasiosa. Basta leggere i commenti alla visita di Zelensky in Vaticano per rendersene conto. Il contesto è tragico.
C’è una guerra che da più di un anno insanguina un grande Paese come l’Ucraina e produce morti, sofferenze e distruzioni. La comunità internazionale finora non ha prodotto (o non ha inteso produrre) significativi risultati diplomatici ed è stata capace di schierarsi dalla parte dell’una o dell’altra delle nazioni in guerra fornendo assistenza militare, con trasferimento di armi, addestramento e collaborazione di intelligence.
Papa Francesco dichiara di stare lavorando per una mediazione difficile e riceve l’unico dei due finora disponibile al dialogo.
Ebbene i dotti commenti del giorno dopo sono solo un coro di fischi per l’insuccesso dell’operazione e non manca nemmeno il filo d’ironia puntualmente fuori posto. La mediazione di per sé è laboriosa, lunga, paziente e discreta e non si può risolvere in un colloquio.
Invece che deprecare chi continua a gettare benzina sul fuoco, la postverità ci fa compiangere l’unico tentativo di soluzione diplomatica declamando i versi della retorica bellicista che plaude alla controffensiva illusoriamente risolutoria.
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