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Antimafia malata. La preside è l’ultimo caso. Il movimento sia parte civile nei processi

Nando dalla Chiesa il . Corruzione, Cultura, Istituzioni, Mafie, Memoria, Sicilia

A pensarci era la preside perfetta per una scuola dello Zen.

La preside Daniela Lo Verde, infatti, non aveva nulla a che fare con Giovanni Falcone ma rappresentava come in una elegante fotocopia il senso comune che, secondo la nomea, una parte dei suoi alunni respirava in casa. Il particolarismo, il familismo, il disprezzo del bene pubblico e delle istituzioni, la spregiudicatezza davanti alla possibilità di lucrare qualcosa di illecito dalle situazioni della vita, l’omertà.

Con una importante differenza. Che i genitori dei piccoli alunni dello Zen allevati in quel clima non sono mai stati nominati cavalieri della Repubblica. Lei sì.

E questo qualche problema lo pone a tutti noi. Specie all’insieme del movimento antimafia. Sono ormai troppi i casi di esponenti di istituzioni e associazioni rivelatisi indegni della pubblica fiducia di cui godevano. Certo, minoranze esigue se rapportate alle decine e decine di migliaia di persone che, dalla Sicilia alla Lombardia, si impegnano con continuità sul fronte della difesa della legalità e della lotta contro le mafie. Ma sono casi che pesano. Perché nascono un po’ in tutti gli ambienti, dalla giustizia all’economia, dalla scuola alla politica, dal giornalismo allo spettacolo. E perché rivelano quasi una rete istintiva di riconoscimenti reciproci, di un comune (e improprio) processo di autolegittimazione. Cariche e onori.

Conosco le domande pavloviane. Allora aveva ragione Sciascia? Allora è crisi verticale dell’antimafia? No, si ha ragione nei contesti in cui si parla e agisce. Nella celebre polemica sui professionisti dell’antimafia il bersaglio, l’unico bersaglio nominativo, si chiamava Paolo Borsellino. E l’antimafia era minoranza. Sotto tiro continuo da parte di un potere che gli dimostrava ogni giorno la propria ostilità.

Poi, a furia di traumi inimmaginabili e di eroi piccoli e grandi, l’antimafia ha conquistato legittimazione istituzionale e culturale, ed essere antimafiosi non ha più significato essere comunisti o integralisti. Solo che crescendo il movimento è diventato “appetibile”. Ha cioè iniziato a potere offrire anche vantaggi. Non solo prestigio e rispetto meritati ma anche benefici abusivi, per giunta in presenza di condotte discutibili.

Perciò ha a questo punto (ma ce l’ha da molti anni) il dovere di non riconoscere cittadinanza e tanto meno applausi ammirati a nessun impostore, affabulatore, costruttore di “trame del bene”. Non si tratta di alimentare culture del sospetto, si tratta di essere vigili. Più vigili. Di non consentirsi e consentire debolezze, di ricordare che la mafia, come diceva Falcone, “ci rassomiglia” proprio perché è il punto d’arrivo, la somma di tutte le nostre debolezze.

Si tratta di capire come lo stesso nome di Falcone, il più abusato di tutti, non possa essere un alibi per nessuno, nemmeno se incorona una scuola di un quartiere simbolico. O come la celebre foto dei due giudici sorridenti sistemata in un ufficio non possa far fede per i comportamenti che vi si tengono, esserne il “genius loci”.

E come nemmeno la fama di persona “a rischio”, anch’essa talora costruita speciosamente, possa autorizzare miti farlocchi o silenziare le critiche invocando la memoria degli eroi rimasti soli. Occorre misura, consapevolezza, esercizio di attenzione, come premessa di una fiducia che è bisogno quotidiano irrinunciabile.

E in più, di fronte a casi di antimafia corrotta o fellona, seguire questa prassi: che il movimento antimafia con le sue associazioni si costituisca parte civile nei relativi processi (l’origano, perfino l’origano rubavano allo Zen!!) e chieda i danni per lo sfregio a una reputazione dal valore incalcolabile, costruita com’è stata con il sacrificio di tanti, anche quello estremo.

Poi, per evitare distorsioni, il ricavato vada alla Caritas, non all’antimafia. Perché non ricominciare da qui?

* Storie Italiane, Il Fatto Quotidiano, 24/04/2023

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È nata la Società Scientifica Italiana degli Studi su Mafie e Antimafia

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