Gli elaborati vincenti la settima edizione del concorso giornalistico “Santo della Volpe”
Nell’ambito delle iniziative previste in occasione di “Non Ti Scordar di me 2023”, la manifestazione dedicata al ricordo delle vittime della strage mafiosa del 2 Aprile 1985 di Pizzolungo, organizzata dal Comune di Erice e dall’Associazione Libera, nomi e numeri contro le mafie, in collaborazione con la Federazione Nazionale della Stampa, l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, il sindacato Usigrai, Liberainformazione e l’associazione Articolo 21, è stata indetta la settima edizione del concorso giornalistico “Santo della Volpe” riservato agli studenti delle classi III, IV e V delle scuole superiori di secondo grado.
Santo della Volpe, proprio ad Erice in occasione di “Non ti scordar di me 2015”, fece una delle sue ultime apparizioni pubbliche prima della grave malattia che definitivamente lo condusse alla prematura morte nel mese di luglio dello stesso anno.
Attraverso il concorso si intende ricordare ed onorare la figura di un giornalista sempre in prima linea nel suo impegno sociale e professionale in favore della legalità e nella lotta alle mafie.
Come nelle precedenti edizioni del concorso sono stati coinvolti gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado nell’elaborazione di un testo nella forma di articolo giornalistico con la seguente traccia:
“La possibilità di realizzarsi e vivere in contesto pacifico dove l’unica legge rappresentata è quella della parità dei diritti e dei doveri, art. 3 della Costituzione Italiana, è ostacolata dalle organizzazioni mafiose che rappresentano l’esatto opposto di una società giusta e paritaria. Per sconfiggere la mafia, la scuola deve far capire e comprendere che la società mafiosa si basa su un sistema di valori antidemocratici che violano la dignità della persona sotto qualsiasi aspetto. Mettere a fuoco alcune caratteristiche del fenomeno mafioso, con particolare riferimento alle risorse che ne consentono la riproduzione nel tempo e nello spazio, ovvero ai processi di radicamento e diffusione territoriale”.
I migliori elaborati saranno pubblicati sui siti Liberainformazione, Articolo 21 e sul sito della Fnsi e dell’Usigrai.
Ai componenti della commissione del concorso giornalistico “Santo della Volpe” sono stati trasmessi in forma anonima gli otto elaborati pervenuti al Comune di Erice nei modi e nei tempi assegnati per la partecipazione al concorso.
I componenti della commissione individuati sono stati i seguenti giornalisti: Lorenzo Frigerio, Rino Giacalone e Michele Scandariato.
Preliminarmente, viene stabilito che la somma del contributo in denaro che sarà concesso per il suddetto concorso da parte della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) (pari ad € 1.000,00 ed in fase di erogazione entro la prossima settimana), verrà utilizzato per il 50% del suo ammontare per assegnare un premio all’elaborato che risulterà primo classificato, per il 30% al secondo classificato, e per il 20% per il terzo classificato, a cui verrà consegnata anche una targa.
Si stabilisce, inoltre, di consegnare una targa a tutti i partecipanti al concorso che saranno classificate ex aequo al quarto posto.
Si prende atto, inoltre, che per la valutazione degli elaborati i componenti della commissione procederanno mediante l’assegnazione di un punteggio (3 punti al primo, 2 punti al secondo, 1 punto al terzo) aggiungendo una breve valutazione sul motivo della scelta dell’elaborato a cui è stata assegnata la valutazione più alta.
Le valutazioni della commissione, all’unanimità, sono stati espresse come di seguito:
Elaborato terzo classificato: Mafia, scuola e giornalismo per formare giovani consapevoli di Emanuel Scaturro
Elaborato secondo classificato: Più formazione e più informazione per combattere la mafia di Serena Consales
Elaborato primo classificato: Cosa nostra uccide la democrazia (testo corredato da un video) di Mario Piazza
Di seguito le motivazioni sintetiche espresse per l’elaborato primo classificato:
“L’elaborato – accompagnato anche da un video ben congegnato – mette bene in evidenza il ruolo dell’art. 3 della Costituzione nel delineare politiche di contrasto alla mafia, in quanto sancisce il principio di eguaglianza dei cittadini, senza alcuna distinzione. Già per il primo comma non è possibile determinare alcuna situazione di privilegio o primazia di un uomo sull’altro, tanto meno di un’organizzazione criminale sul consesso civile. Individuando poi al secondo comma dello stesso art. 3 tra i compiti della Repubblica quello di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, si traccia una linea netta di demarcazione tra la legalità e l’illegalità, rappresentata dal potere criminale. Nel testo premiato scuola e informazione sono rappresentati nella loro efficace funzione di costruzione della libertà dei cittadini e della società dal potere mafioso. L’impegno professionale e civile del compianto Santo Della Volpe al fianco di Libera e nella direzione di Libera Informazione, prima della sua scomparsa, sono la più valida dimostrazione di come la Costituzione sia sempre stella polare nell’affermazione della legge su ogni tipo di violenza, compresa quella mafiosa”.
Gli altri elaborati vengono classificati ex aequo al quarto posto.
Di seguito i testi degli elaborati realizzati nell’ambito del concorso.
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Cosa nostra uccide la democrazia
Mario Piazza, IV B CL Liceo “Fardella-Ximenes”
Elaborato primo classificato
Ai nostri giorni, nonostante la pregevole attività di contrasto alla mafia di illustri uomini di Stato e di cultura che hanno sacrificato la loro vita in nome della legalità, la malavita continua ad essere un serio pericolo per il fragile equilibrio delle moderne democrazie laddove offende quel principio di uguaglianza che ne costituisce le fondamenta.
Quest’ultimo infatti, qualifica la società civile come omogenea e pluralista ossia democraticamente rispettosa delle diversità e dei diritti e doveri di tutti i cittadini, uguali di fronte alla legge e di conseguenza con pari dignità e opportunità. L’articolo 3 della Costituzione italiana va quindi considerato la pietra miliare della politica democratica in quanto vieta distinzioni arbitrarie delle persone sulla base del sesso, della lingua, della religione, delle opinioni politiche e delle condizioni sociali e impegna lo Stato nella rimozione di ogni ostacolo di natura socio-economico che ne limita di fatto l’uguaglianza. In altri termini, garantisce il consolidarsi di una società giusta in quanto paritaria.
Tali valori democratici però, sono compromessi dalle losche attività della criminalità organizzata che, attraverso le armi dell’intimidazione, della corruzione, dell’omertà, creano delle limitazioni non solo alla parità dei cittadini ma anche alla loro libertà. Potremmo dire che il mafioso è per eccellenza la negazione assoluta della democrazia e della Costituzione.
Ciò è tanto più chiaro se ci soffermiamo sul fatto che l’obiettivo principale delle cosche è quello di avere il pieno controllo sul territorio, sulle sue istituzioni, sulla vita economica del Paese, accrescendo il proprio potere e la propria ricchezza fino al punto di proporsi come “stato nello Stato”. E per concretizzare tutto ciò, ricorre alla corruzione del mondo politico, imprenditoriale e finanziario o peggio ancora alla violenza a danno di chi non si piega alle intimidazioni e alle prevaricazioni.
Le organizzazioni mafiose, in altri termini, hanno da sempre realizzato delle relazioni con gli esponenti di tutte le categorie professionali e delle istituzioni per attuare il proprio monopolio sulla società.
Come negare allora, che i diritti fondamentali della persona sanciti dalla Costituzione, vengano calpestati ogni qualvolta si ostacoli il libero esercizio del diritto di voto del cittadino, attraverso lo scambio elettorale politico-mafioso? Ragion per cui nel nostro ordinamento è stato introdotto il reato di voto di scambio di cui si occupò per la prima volta nel 1992 Giovanni Falcone che, prima di essere ucciso da Cosa Nostra, stava appunto lavorando ad una riforma del codice penale per introdurlo nell’ambito più specifico di quello di associazione mafiosa.
O ancora, allorquando il diritto di iniziativa economica venga negato a chi, per continuare ad esercitare la propria attività, sia costretto a sottoporsi al pizzo, la sovrattassa che garantisce l’incolumità del proprio negozio o della propria vita? In proposito, esemplificativa è la vicenda dell’imprenditore Libero Grassi, simbolo della lotta alla mafia, ucciso a Palermo nel 1991 per essersi ribellato al racket delle estorsioni.
Anche il mondo del lavoro, fondamento della Repubblica italiana, non manca di essere inquinato dalla mentalità tipicamente mafiosa per cui spesso lavorare diventa non più diritto ma privilegio di “amici degli amici” secondo la logica della “raccomandazione” che è violazione della legalità, della meritocrazia e delle pari opportunità.
A tal proposito, possiamo citare l’attività del Prefetto di Trapani, Sodano, volta a fare luce sul monopolio mafioso del sistema appaltistico della Calcestruzzi Ericina. Dove quindi la malavita è imperante, è sempre più lontana la possibilità di una convivenza civile paritaria e democratica in quanto il clima di asservimento al potere mafioso impedisce allo Stato e alla Costituzione di promuovere il bene comune.
La lotta alla mafia è quindi un dovere a cui tutti siamo chiamati.
Nello specifico la scuola oggi, insieme alle Forze dell’Ordine e alle Magistrature, è uno degli strumenti più potenti per arginarne il fenomeno in quanto in grado di plasmare le coscienze dei giovani a quel sentimento della legalità osteggiato dai mafiosi. La realtà scolastica è “la palestra vitae” deputata alla formazione di cittadini responsabili ed attivi, capaci di agire e pensare in modo conforme alle leggi e alle regole sociali. I docenti, quindi, sono chiamati a svolgere un ruolo di grande responsabilità civile: cooperare ad una società democratica infondendo il coraggio di essere liberi e mai indifferenti alle illegalità.
Il cammino della legalità è arduo ma con la tenacia nel difendere i propri ideali, si realizzerà una società rispettosa di tutti.
D’altra parte il giudice Falcone era solito dire: “Gli uomini passano ma le idee restano.” E noi tutti insieme, possiamo essere le gambe su cui tali idee cammineranno.
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Più formazione e più informazione per combattere la mafia
Serena Consales, 4°E Graf – “I.I.S. S. Calvino”
Elaborato secondo classificato
La chiamano in tanti modi, Cosa Nostra, Camorra, ‘Ndragheta, ma, indipendentemente dal nome, resta un mondo parallelo alla società legale, in cui le organizzazioni mafiose si sostituiscono allo Stato e finiscono per essere appoggiate da molti cittadini che vedono nella corruzione un modo semplice e veloce per guadagnare soldi.
Più di mille sono i nomi delle vittime della mafia. La mafia uccide senza distinzione o vergogna: e uccide soprattutto chi intralcia il suo percorso. Così, uccide uomini, donne e addirittura bambini.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oltre che due magistrati, sono stati due grandi amici che, sin da piccoli, avevano scelto di stare dalla parte giusta e di lavorare insieme per sconfiggere la mafia. Paolo e Giovanni erano riusciti a raggiungere un importante obiettivo: arrestare centinaia di mafiosi. Ed è stato proprio il raggiungimento di quell’obiettivo ad averli “condannati” alla morte. Hanno pagato con la vita il loro ideale di società legale e libera dalle mafie.
Il 23 maggio 1992, Giovanni Falcone insieme a sua moglie e tre agenti della scorta perse la vita a causa di una bomba posizionata dai capi di Cosa Nostra sull’autostrada Mazara del Vallo-Palermo, nei pressi dello svincolo di Capaci (Strage di Capaci). Circa due mesi dopo, esattamente il 19 luglio dello stesso anno, Paolo Borsellino rimase ucciso insieme a cinque uomini della sua scorta nella strage di via D’Amelio. Fu così che due grandi eroi persero la vita perché sognavano di sconfiggere la criminalità per fare trionfare la legge.
Nonostante questi avvenimenti, distanti dalla nostra quotidianità, abbiano fatto la storia, non bisogna pensare la mafia come un fenomeno così tanto distante. Basti pensare a Matteo Messina Denaro. Capo della mafia trapanese e uno dei boss più importanti di Cosa Nostra, dopo ben 30 anni di latitanza è stato arrestato il 16 gennaio scorso, mentre si trovava in una clinica privata dove da circa un anno si sottoponeva a delle cure per combattere un cancro.
Matteo Messina Denaro è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello che, nonostante il passare degli anni, viene ancora ricordato da tutti con i brividi addosso: l’omicidio del piccolo Giuseppe di Matteo, il bambino strangolato e sciolto nell’acido. Questo per far capire alla gente quanto la mafia non guardi in faccia a nessuno e probabilmente sia la cosa più disumana che esista al mondo.
La mafia non è solamente un insieme di criminali, la mafia è molto più di quanto si possa pensare. La mafia è un occhio che controlla le vite di migliaia di innocenti, è un filo al quale sono appese centinaia di vite. La mafia soffoca, elimina le liberta, la mafia non è solo del sud. La mafia è del mondo intero.
Per combattere un fenomeno così complesso non basta la repressione. Per contrastare il fenomeno mafioso, occorre lavorare anche e soprattutto sui suoi risvolti culturali. E si sa che, per cambiare i comportamenti, bisogna soprattutto lavorare sui giovani.
Ed ecco che chiamiamo in campo la scuola con la sua capacità di formare le giovani generazioni sui temi della legalità, dei comportamenti basati sul rispetto delle regole, i soli capaci di tenere lontani corruzione, facili guadagni, arroganza sociale ed economica.
La scuola ha un grande potere di cambiare le cose. È tra i banchi di scuola, oltre che in famiglia, che possiamo imparare cos’è una società giusta e paritaria, fondata sul rispetto degli altri, sulla salvaguardia della dignità di tutti, sull’esercizio dei diritti, ma anche sul rispetto dei doveri che ogni cittadino ha nei confronti dello Stato e, quindi, degli altri cittadini.
Determinante nella nascita di una vera coscienza civile da parte dei giovani è l’informazione. E, se parliamo di informazione, la mente va subito al giornalismo, altro attore fondamentale del cambiamento. Senza l’informazione giornalistica non sapremmo cosa succede nel mondo, anche solo poco più lontano da dove viviamo.
Tutti noi abbiamo saputo dell’arresto di Matteo Messina Denaro attraverso i media. E tutti noi, grazie al giornalismo possiamo conoscere, sapere, informarci per sviluppare la capacità di scegliere la strada da cittadini consapevoli e liberi.
Cittadini adeguatamente informati dai media e adeguatamente formati dalla scuola sono cittadini che meglio possono contribuire a combattere la mafia.
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Mafia, scuola e giornalismo per formare giovani consapevoli
Emanuel Scaturro, classe 3°D Graf – “I.I.S. S. Calvino”
Elaborato terzo classificato
Scuola e giornalismo insieme come strumenti in grado di far comprendere ai giovani l’importanza della partecipazione democratica, quale antidoto alla diffusione della cultura mafiosa.
È, infatti, importante che i giovani cittadini siano consapevoli dei propri diritti ma anche e soprattutto dei propri doveri affinché siano in grado di esercitare una critica costruttiva sulle istituzioni e sulle attività economiche. La mafia, infatti, non è solo un insieme di organizzazioni dedite al crimine.
La mafia è anche una cultura che include la negazione delle regole sociali a favore degli interessi privati e familistici. Le organizzazioni mafiose sono costituite prevalentemente da persone che condividono una sorta di codice di valori, quali “coraggio”, “rispetto”, “freddezza”, “forza e virilità”.
Per potere combattere davvero le mafie, bisogna anche imparare a riconoscere l’insidia mafiosa nella quotidianità. Per combattere la mafia, non servono eroi coraggiosi, ma cittadini consapevoli, informati, formati alla legalità. La carenza di informazioni sui contesti criminali – soprattutto relativi all’economia – e sull’illegalità diffusa, infatti, sono alleati potentissimi delle associazioni mafiose.
La presenza delle organizzazioni mafiose nei territori rappresenta un grave ostacolo alla realizzazione di una società giusta e paritaria perché le attività illecite e la violenza che esse perpetuano minano la stabilità e la sicurezza del contesto in cui operano. Le organizzazioni mafiose sono state storicamente presenti in Italia, in particolare in Sicilia, e si sono diffuse divenendo vera e propria minaccia per la democrazia e per la legalità. Perciò, è di fondamentale importanza ciò che la scuola può fare nel complesso fenomeno di lotta alle mafie.
La povertà educativa, infatti, rischia di fornire manodopera alla criminalità che si nutre anche di sottosviluppo sociale. Per sconfiggere la mafia, è importante che la scuola svolga un ruolo fondamentale nella formazione di cittadini consapevoli.
La scuola deve far comprendere agli studenti che la società mafiosa si basa su un sistema di valori antidemocratici che violano la libertà, l’uguaglianza e la dignità della persona. Deve far comprendere che la mafia si basa sulla forza bruta, sull’intimidazione e sul controllo del territorio per affermare il proprio potere. La scuola deve promuovere l’educazione civica e l’insegnamento dei valori della legalità, dell’onestà e della solidarietà, per contrastare la diffusione della cultura mafiosa e favorire lo sviluppo di una società più giusta e paritaria.
Del resto, la mafia si basa su una fittissima rete di relazioni in grado di rafforzare il suo stesso potere nonché di permettere alle mafie di riprodursi sia nel tempo sia nello spazio. In questo contesto, la scuola deve 2 fornire alle giovani generazioni gli strumenti culturali necessari per comprendere le dinamiche sociali e politiche che favoriscono il radicamento e la diffusione delle organizzazioni mafiose.
Ma la scuola deve anche potenziare l’accesso critico ai media da parte dei giovani. Un cittadino informato è un cittadino più libero di scegliere. Nella lotta alla mafia, fondamentale, infatti, è anche il ruolo dei media. Il giornalismo, quello di inchiesta in particolare, ma anche quello che, con competenza e professionalità, sa tenere accesi i riflettori su tutti i fatti di cronaca direttamente e/o indirettamente collegati al fenomeno mafioso, ha un ruolo fondamentale nella costruzione delle coscienze civiche e sociali dei cittadini.
Un cittadino consapevole e informato è più capace di altri di distinguere il bene dal male, i percorsi politici, economici e sociali onesti da quelli illegali. Anche il giornalismo ha il dovere di formare, attraverso l’informazione, cittadini consapevoli.
Perciò, scuola e giornalismo insieme per ostacolare, e persino arrestare, la riproduzione della mafia nel tempo e nello spazio. Per i giovani, comprendere i legami che le mafie hanno con la politica, con l’economia e con la società civile, per garantirsi un controllo diffuso sui territori in cui operano, può significare riconoscere i semi della corruzione, del riciclaggio di denaro sporco e della gestione di attività economiche illegali.
Giovani generazioni adeguatamente informati e formati, da scuola e media insieme, potranno contribuire alla costruzione di una società capace non solo di contrastare ma anche di prevenire efficacemente la diffusione e il radicamento di tutte le mafie.
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Oggi è il Giorno della memoria: si conclude “Non ti scordar di me”
Terza giornata di “Non ti scordar di me”. “In corpore Constitutionis” in scena al Teatro Ariston
“Non ti scordar di me”: premiati i partecipanti al Concorso Giornalistico Santo Della Volpe
“Non ti scordar di me”: il convegno della prima giornata a Trapani
A Erice (TP) dal 29 marzo al 3 aprile l’edizione 2023 di “Non ti scordar di me”
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