Lampedusa. L’hotspot della vergogna
Trattenuti per dieci giorni in un hotspot dove non si potrebbe restare per più di 72 ore e inadeguato a qualsiasi standard di accoglienza: portati in aeroporto con i polsi legati come detenuti pericolosi e rimandati nel paese di origine senza neanche le spiegazioni necessarie prima di avergli fatto firmare un foglio di via in una lingua a loro sconosciuta, senza traduzione.
È così che quattro tunisini hanno fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti umani di Strasburgo vincendo la causa contro l’Italia condannata per non aver rispettato le basilari norme di garanzia della libertà personale, seppure dirette a chi nel nostro paese ci arriva in prima istanza in modo irregolare.
I 4 tunisini in sostanza non si sono arresi all’evidenza e attraverso un team di legali hanno presentato prove inequivocabili degli abusi per i quali dovranno essere risarciti con 8.500 euro a persona. La condanna arriva nello stesso giorno in cui il Consiglio d’Europa ha chiesto ai governi europei di fermare i respingimenti illegali alle frontiere terra-mare e di non far subire ai migranti violenze da parte delle forze dell’ordine.
I fatti però risalgono all’estate del 2017, quando governava il centro sinistra con premier Paolo Gentiloni e ministro dell’interno era Marco Minniti. Era l’ anno in cui si cercava di frenare i flussi rispetto al picco degli oltre 180.000 ingressi del 2016, siglando tra l’altro gli accordi con la Libia di Tripoli più volte accusata di torture e atroci violenze perpetrate ai danni dei migranti e pagando la Tunisia per i rimpatri di più persone possibile. A farne le spese anche chi avrebbe avuto il diritto di fare almeno richiesta di asilo come i quattro in questione.
Un caso che rischia di creare un fiume di emulazioni soprattutto ora che la situazione nell’hotspot di Lampedusa é diventata insostenibile e non c’è più la “scusante” della pandemia. Il lockdown da Covid19 aveva infatti per un paio di anni soppiantato il diritto alla libertà individuale e chi approdava sull’isola restava prima chiuso all’interno del centro, poi per 15 giorni su navi hotspot: non in detenzione arbitraria ma in necessaria “quarantena” giustificata da misure legate alla salute pubblica.
La pandemia aveva inoltre rallentano partenze e approdi, per un paio di anni diminuiti in modo significativo mentre dall’inizio del 2022 per svariati motivi, i flussi sono ripresi in modo consistente fino a quadruplicarsi nei primi tre mesi del 2023. Con un grande rischio: il periodico sovraffollamento in una struttura che continua ad essere inadeguata, in cui mancano le minime condizioni igienico sanitarie e di sicurezza.
Non è un caso che negli ultimi mesi sono decedute tre persone (una era un neonato) e per uno di questi casi sono indagati due medici del poliambulatorio dell’isola: un atto dovuto, secondo la procura di Agrigento che segue le indagini, ma comunque un precedente poco edificante oltre che preoccupante.
Da tempo si denuncia la detenzione immotivata e oltre misura dentro l’hotspot anche per i minori, si denuncia la sporcizia, la mancanza di un tetto per tutti sotto il quale dormire, la mancanza di beni di prima necessità da fornire a chi arriva stremato su quelle carrette del mare. Nonostante le ripetute denunce, continuano a mancare persino le scarpine per i bimbi che si vedono camminare con i piedini avvolti da pezzi di coperte termiche o completamente scalzi.
Vero è che l’Italia potrà ricorrere a questa sentenza della Cedu che per ora non è definitiva: ma se solo i genitori di tutti i bambini trattenuti per giorni a Lampedusa senza scarpe e senza un letto in cui riposare facessero ricorso alla corte europea, il nostro paese rischierebbe un fiume di risarcimenti.
Non è un problema di colore politico legato a questo o a quel governo: ma é un tema di salute e di sicurezza pubblica che deve essere affrontato in modo razionale e umano da chi al momento governa avendo giurato sulla Costituzione italiana che all’articolo 13 sancisce ancora l’inviolabilità della libertà personale intesa anche come inviolabilità della “dignità” della Persona.
> Art.13 Costituzione italiana – “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.
Note:
Articolo 5 – Dichiarazione universale dei Diritti Umani: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a testamenti inumani o degradanti”
Articolo 1 Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (Assemblea generale ONU 1984: ratificata dall’Italia nel 1989)
Art. 3 CEDU – Nessuno può essere sottoposto a tortura né a trattamenti inumani o degradanti
Art. 5 – diritto alla Libertà -nessuno può essere privato della libertà in modo arbitrario.
* Inviata Rainews 24
Fonte: Articolo 21
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