L’arroganza francese sugli ex Br
La mitica “grandeur” dei francesi può giocare anche dei pessimi scherzi. Per esempio, spingere a prese di posizione del tutto incompatibili con la logica e il buon senso. Per ispirarsi invece a una arrogante intolleranza, fino a cedere alla tentazione, evidentemente irresistibile, di insegnare a tutti gli altri (gli italiani in particolar modo) come si debba stare al mondo. Ecco così una inaspettata declinazione francese di quel “Marchese del Grillo” che sembrava essere una nostra esclusiva.
Sono queste le prime reazioni che suscita la notizia della conferma definitiva, da parte della Corte di Cassazione francese, della decisione (già presa dalla Corte d’Appello) di rifiutare l’estradizione di dieci terroristi italiani, protagonisti di violenze anche estreme negli “anni di piombo” che hanno a lungo impestato il nostro Paese.
Le motivazioni di tale grave decisione oscillano tra il paradossale e l’incredibile. Si sostiene infatti che l’estradizione avrebbe provocato un danno spropositato al diritto a una vita privata e familiare ormai stabilmente acquisita in Francia dagli estradandi.
Così dimostrando una disumana insensibilità per i danni cagionati alla vita privata e familiare delle vittime delle azione terroristiche. Per non parlare delle sofferenze e del dolore che ancora oggi affliggono i familiari delle vittime (chiedendo scusa a quegli intellettuali nostrani che accusano il dibattito sul crimine organizzato di soffrire di “parentocentrismo”…).
E attenzione: senza che da parte dei terroristi da estradare vi sia mai stato un qualche segnale di pentimento o ravvedimento e men che mai una qualche manifestazione di solidarietà o intenzione di riparazione dei guasti causati.
Ancora più pretestuosa è la motivazione che si ricollega alla mancanza in Italia di un equo processo. Qui si avverte l’influenza di cattivi maestri riparati e coccolati in Francia, soprattutto se presentano il nostro Paese come un concentrato di obbrobri giudiziari. La vicenda di Cesare Battisti e le attenzioni che gli sono state riservate sono al riguardo illuminanti.
In verità il nostro sistema giudiziario ha sempre rispettato i diritti degli imputati anche nei processi per terrorismo: non solo mediante la scrupolosa osservanza delle norme del Codice; ma anche riconoscendo l’identità politica degli imputati; come è avvenuto a Torino nel processo ai capi storici delle Brigate Rosse, ammessi persino a contro-interrogare personalmente le loro vittime (quelle ancora vive…).
Da ultimo, i “cugini” francesi, così premurosi e zelanti nel fornire assistenza ai terroristi che vogliono sfuggire alla giustizia italiana non sembrano altrettanto disponibili verso i poveracci extracomunitari che cercano di oltrepassare la frontiera italo-francese per sfuggire alla fame e alla persecuzione.
Si tratta forse di “grandeur” a corrente alternata?
Fonte: La Stampa
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