Rimesso lo striscione per Paciolla sul balcone del SUGC: “Vogliamo la verità su Mario”
“Nella Giornata dedicata alla cura continuiamo a chiedere verità e giustizia per chi, come Mario Paciolla, si è preso cura e ha lavorato per gli altri”. Il fondatore dell’associazione Articolo21, Giuseppe Giulietti, spiega così l’iniziativa promossa a Napoli dal Sindacato unitario giornalisti della Campania.
Alla presenza dei genitori del cooperante ucciso in Colombia il 15 luglio 2020 è stato nuovamente affisso ai balconi della sede del Sugc lo striscione con il quale si chiede verità e giustizia per Mario Paciolla, strappato lo scorso 7 febbraio. Articolo21 e il sindacato dei giornalisti campani sono stati sin dall’inizio al fianco della famiglia.
“Quando hanno strappato lo striscione non abbiamo avuto alcun dubbio, doveva essere rimesso immediatamente al suo posto – dice il segretario del SUGC, Claudio Silvestri – Non ci stancheremo mai di illuminare questa storia. C’è un cittadino italiano ucciso mentre era alle dipendenze dell’Onu, vogliono archiviare il caso come un suicidio, nonostante la scena del crimine sia stata inquinata, nonostante ci siano risultati contrastanti delle autopsie, nonostante non ci sia neanche un elemento di chiarezza”.
“La Giornata mondiale della cura e’ la cura di tutti gli esseri viventi, della Terra, dell’ambiente, delle donne e degli uomini, di chi non ha mai avuto verità e giustizia – spiega Giulietti – ecco perché abbiamo scelto Napoli, città di grande sensibilità, insieme con il sindacato dei giornalisti, per ribadire che noi vogliamo avere cura non solo della memoria, ma anche della richiesta di verità e giustizia per Mario Paciolla e siamo contrari alla richiesta di archiviazione”.
L’ex presidente della Fnsi ricorda anche l’impegno da giornalista del giovane cooperante napoletano e chiede che si faccia luce su quanto accaduto. “Questo caso non può essere archiviato – sottolinea – bisogna chiedere all’Onu, ai suoi amici e ai collaboratori in Colombia di parlare”. I genitori di Paciolla si sono definiti “parte di questa famiglia”, rimarcando l’attenzione e la generosità dimostrate in questi anni. “Per noi non c’è una verità chiara – dicono Anna Maria Motta e Giuseppe Paciolla – ci sono numerose anomalie e perplessità. A cominciare dal fatto che si sia parlato subito di suicidio e che poi si sia deciso di prendere 27 mesi per giungere a una richiesta di archiviazione. Puntiamo sul ricorso che abbiamo preparato con i nostri avvocati, perché per noi si è trattato di un omicidio e vogliamo restituire dignità e onore a Mario. C’è sicuramente qualcuno che vuole tenere i riflettori bassi su questa vicenda. Se ne parla troppo poco e noi pensiamo che questo accada perché gli attori che ci sono dietro sono importanti e scomodi”.
Nella stessa giornata è stata portata la solidarietà alle attiviste ucraine insultate dalla propaganda russa per l’iniziativa del calendario solidale presentata nella sede del SUGC.
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