La Costituzione non è una narrazione
La costituzione di ogni paese è il caposaldo su cui si basa la vita politica e civile. Una banalità. Ma una banalità che il primo governo di destra della storia della repubblica vuole dichiaratamente rimettere in discussione.
I 75 anni della carta costituzionale celebrati in apertura del festival di Sanremo alla presenza del capo dello stato stanno facendo perdere la testa a chi questa costituzione vorrebbe stracciarla perché basata sull’antifascismo e sui valori della libertà.
L’esaltazione dell’articolo 21 sulla libertà di informare e di essere informati, che ha reso tutti noi un po’ orgogliosi e molto coinvolti, ha invece esasperato chi in questo articolo in particolare vede un ostacolo al piano – da tempo deciso dal partito della presidente del consiglio – di riscrivere la storia d’Italia negando la storia stessa.
Questa repubblica è nata dall’antifascismo, dalla vittoriosa rivolta del popolo italiano verso una dittatura che ha trascinato il paese in una guerra terrificante e che per venti anni ha negato i diritti civili ai propri cittadini, perseguitando le minoranze e praticando il più feroce razzismo.
Smettiamola di osservare e commentare le dichiarazioni di presa di distanze dal fascismo di Mussolini e dalle leggi razziali, bisogna guardare al presente con gli occhi di oggi. E oggi questo governo vuole, per sua stessa ammissione, “cambiare la narrazione”. Cosa vuol dire?
Narrare è un discorso, e lo spoil system è storia che conosciamo e di cui nessun partito ha fatto a meno, ma le fondamenta della democrazia sono altra cosa. E questo è la nostra costituzione. Con una Rai sciaguratamente messa di nuovo sotto il diretto controllo del governo grazie a Matteo Renzi, non possiamo che aspettarci qualcosa di più di uno spoil system.
C’è però qualcosa di diverso da tutto quanto ac caduto in passato sulla Rai e più in generale verso tutti i media: lo rivela la evidente, dichiarata, ripetuta intolleranza verso qualsiasi posizione differente da quella non solo strettamente governativa ma in particolare da quella del partito della presidente del consiglio. E il punto cruciale non sono le invettive contro Fedez, l’aspetto più grave è l’evidente intento di ribaltare i valori costituzionali, di non riconoscere che l’antifascismo non è una moda, una prevalenza culturale della sinistra o roba simile, è il fondamento della società italiana.
La nostra democrazia repubblicana si basa sulla costituzione. E contempla il riconoscimento di una serie di diritti, molti dei quali la destra italiana non ha mai riconosciuto. Richiamare il ventennio fascista è inutile e dannoso, ma i tempi dell’arco costituzionale di cui non faceva parte il Movimento Sociale Italiano sono invece da ricordare eccome, e questa c lasse politica di oggi viene direttamente da lì. Così come viene dagli anni del terrorismo di destra e della mai chiarita strategia della tensione che noi stessi, sempre deboli di memoria, abbiamo quasi dimenticato.
Quale rispetto dei diritti civili previsti nella costituzione possiamo realisticamente aspettarci da chi accusa in parlamento un avversario politico di essere colluso con mafia e terrorismo?
I modelli sono ormai dichiaratamente quelli ungherese e polacco. Nelle prossime settimane dovremo vigilare più di sempre ma soprattutto nella difesa dei valori costituzionali e nella verifica che la comunicazione, a prescindere da dirigenti, conduttori, attori, non stravolga i principi costitutivi della nostra Italia.
Questo ha voluto dirci il presidente della Repubblica decidendo, non senza tormento, di essere a Sanremo e ascoltare Benigni esaltare, in modo meraviglioso, la costituzione. Questo non hanno capito o non hanno voluto capire alcuni commentatori, anche a sinistra.
Ma che forse hanno capito milioni di italiani, ricordandoci anche che chi oggi siede a Palazzo Chigi ne rappresenta solo il 25 per cento. Fuori c’è un mondo, c’è tutta un’altra Italia.
Fonte: Articolo 21
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Entusiasmanti le parole di Benigni sulla Costituzione antifascista e sull’art. 21
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