Solo una mente innamorata può accogliere in sé il sogno della giustizia
Nel racconto “La steppa” lo scrittore russo Anton Pavlovic Cechov parla dell’incontro tra un uomo anziano e un bambino.
Il vecchio chiede al ragazzo dove stia andando e lui gli risponde che sta andando a studiare.
Il vecchio dice al bambino: “A studiare?… Un’intelligenza è una bella cosa, e due è meglio…ma a qualcuno Dio ne dà addirittura tre: una quella con cui ci partorì nostra madre, un’altra che viene dallo studio, e la terza da una vita buona…È importante fratellino avere tre intelligenze. Per chi le ha sarà più facile il vivere e il morire…”.
Sono parole che Vito Mancuso riporta nel suo libro “La mente innamorata”, affermando che la terza intelligenza è propria della mente innamorata.
“La prima intelligenza è quella che deriva dai sensi e dalle impressioni, la seconda dalla ragione e dai ragionamenti che scaturiscono dalla prima, la terza proviene dal bene che si pratica nella vita e prima di tutto da quello che si riceve”.
Il concetto di “bene” o “amore” viene elaborato da Mancuso attraverso un’analisi del pensiero che si richiama alla filosofia della cultura ebraica, a cui si ispira anche il pensiero di Gesù per cui il valore cardine dell’esistenza è dato dalla giustizia.
La giustizia è ritenuta la forma più alta di amore e la massima rappresentazione di Dio in contrasto con il modo di vivere dell’uomo nella società.
In fondo lo stesso “discorso della montagna” di Gesù ha proprio questo connotato di un no al mondo e ai suoi poteri, per proporre una sua trasformazione nel cammino verso la giustizia.
Gesù è un uomo la cui mente è innamorata della giustizia.
Si deve compiere dunque un passaggio, che Mancuso chiama “conversione”, cioè il superamento della realtà in cui viviamo (anche della nostra vita personale) per arrivare all’idea di giustizia (che il filosofo e teologo identifica in Dio).
Tutto ciò non avviene rinnegando le altre fasi della conoscenza, che sono parte della nostra essenza, ma lungo un percorso che fa crescere dentro di noi il desiderio di perseguire la giustizia come meta della nostra esistenza. Un desiderio che deve guidare e orientare i nostri altri desideri.
È la concezione di etica che torna ad emergere, dove l’etica è la ricerca della giustizia che orienta i nostri comportamenti. Questa è la visione della mente innamorata che porta avanti Mancuso.
In essa il desiderio massimo è quello di un’adesione alla ricerca della giustizia senza rinunciare ai sensi e ai sentimenti, alla razionalità e alla logica, ma aperti al sogno e alla proposta che per chi è credente in Gesù si identifica con il “discorso della montagna”.
La mente innamorata, che cerca la profondità delle cose, ha desiderio di conoscere e di perseguire il bene, l’amore, la giustizia. Essa porta, sempre secondo Mancuso, a “uno stare al mondo all’insegna della letizia”.
Il modo migliore che abbiamo di vivere questa nostra esistenza.
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