La consolidata pericolosità della “mafia nera” in Italia
Diciassette anni fa scrivevo un libretto (“Mafia gialla, Mafia nera” Ed. Berti, Piacenza, 2005), sui gruppi criminali cinesi e nigeriani la cui presenza, indisturbata, in Italia si stava rilevando in diverse zone del Paese, ma anche in Europa. Negli anni seguenti, anche sulla scorta di alcune esperienze di servizio, scrivevo ancora sul tema e sui pericoli che si andavano prospettando.
Oggi la criminalità nigeriana è la più radicata e consolidata tra le mafie straniere (rumena, albanese, cinese) presenti sul territorio nazionale come ha sottolineato la Commissione Parlamentare antimafia analizzando il fenomeno nella sua ultima relazione del settembre 2022.
Le varie “confraternite”, vere associazioni paramassoniche, chiamate anche clan o secret cult, costituiscono nel loro insieme la mafia nigeriana e sono dedite allo spaccio di stupefacenti, al favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, alla clonazione di carte di credito, alle truffe informatiche.
La presenza di cittadini nigeriani in Italia è quasi raddoppiata passando dai 66.833 del 2014 ai 119.089 del 2021 (dati Istat), ai quali aggiungere gli “invisibili”; si tratta del terzo gruppo di origine africana presente nel Paese, dopo i marocchini e gli egiziani, ma della più numerosa comunità nigeriana in Europa. La maggiore presenza si rileva nelle regioni dl centro nord, in Emilia Romagna (15.532 presenze), in Lombardia (15.498), in Veneto (14.363) e in Piemonte (12.142).
La crescita della popolazione nigeriana e il basso indice di occupazione della stessa in Italia fa ritenere, secondo gli analisti della DIA, che un buon numero di disoccupati o inattivi siano attratti da gruppi criminali soprattutto di origine nigeriana.
Diverse sono state negli anni le inchieste giudiziarie e le indagini condotte dalle forze di polizia che hanno consentito, pur tra molte difficoltà, di comprendere meglio il fenomeno.
A partire dalla indagine Restore Freedom iniziata nel 2000 dal Commissariato della Polizia di Stato di Castel Volturno con cui, per la prima volta, la criminalità nigeriana è stata contrastata in maniera unitaria, non parcellizzata, contestando nei confronti dei diversi indagati l’art.416bis c.p. che però nel processo che ne è seguito non ha avuto conferma.
Diverso l’epilogo della indagine Niger, del 2003 a Torino con diversi episodi di violenza tra cults nigeriani avversi (i Black Axe e gli Eye); i processi che ne sono scaturiti sono stati tutti definiti con sentenze irrevocabili per associazione di stampo mafioso.
Stesso esito, a Palermo, in due distinte operazioni della Polizia di Stato (Disconnection e Showdown) del 2019 e 2021 nei confronti del cult dei Viking e a Cagliari nel 2018 con l’operazione Calypso Nest contro la consorteria mafiosa di Supreme Eye Confraternity (in quest’ultima operazione quasi tutti gli indagati erano in possesso di un permesso di soggiorno per motivi umanitari e pochi svolgevano attività lavorativa).
Le indagini svolte dalle diverse Procure della Repubblica sui quattro fondamentali secret cults (Maphite, Balck Axe, Vikings, Supreme Eye), hanno consentito di evidenziare le caratteristiche comuni di questi sodalizi e cioè una struttura gerarchica, un linguaggio specifico, riti di affiliazione, l’uso di individualizzanti capi di abbigliamento e colori.
La Commissione Parlamentare antimafia sopra citata ritiene, pertanto, che “non si tratta (..) di una criminalità che opera come manovalanza di organizzazioni italiane, ma di una mafia autonoma ed egemone in alcuni territori”.
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Criminalità nigeriana e tratta degli esseri umani: aguzzini ma anche vittime
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