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Joseph Ratzinger, un uomo che ha attraversato la storia con fede e paura 

Pierluigi Ermini il . Chiesa, Cultura, Diritti, Memoria, Religione, Società

Conservatore o innovatore, uomo del Concilio Vaticano II oppure Papa e teologo della restaurazione e della tradizione?

La Chiesa era per lui l’unica portatrice della verità attraverso il Cristo risorto, oppure strumento di salvezza come altre chiese e strumento per arrivare all’unico Dio?

Dalla morte di Joseph Ratzinger si sono succeduti sui giornali gli spunti di riflessione su quest’uomo che sicuramente ha speso la sua vita per l’unico suo grande amore: Gesù di Nazareth e la certezza che lui sia stato il Messia e il figlio che Dio ha donato al mondo per la nostra salvezza.

In questi giorni devo dire che fortemente stimolante è stata la lettura di quotidiani come “Avvenire” e “Il Manifesto”, per le diverse visioni che hanno dato a questa figura che ha attraversato tutta la seconda metà del novecento, dal dopo-guerra fino ai primi anni del nuovo millennio.

Una visione sicuramente attraversata con lo sguardo della fede  in “Avvenire” e una riflessione invece più terrena e legata alle conseguenze sociali e storiche delle scelte di Ratzinger ne “Il Manifesto”.

Come è giusto che sia visto che lo stesso papa Emerito, anche attraverso i suoi innumerevoli scritti, ha cercato sempre di dare risposte alla fede attraverso l’uso della ragione.

Così mi è piaciuto leggere tanti articoli diversi tra loro su un uomo che certamente è stata e resterà una figura complessa della storia della Chiesa e della storia del suo e nostro tempo.

Non ci sono risposte semplici a fatti che sono avvenuti in questi anni, come la sua lotta ai casi di pedofilia, ma al tempo stesso il suo grande contrasto alla teologia della liberazione in America Latina, dal pensiero innovatore negli anni del Concilio che lo ponevano accanto a teologi come Kung, ai forti passi indietro nei suoi anni di gestione della Congregazione per la Dottrina della Chiesa.

Mi ricordo ancora quello che un Vescovo alcuni anni fa mi disse di lui, poco dopo le sue dimissioni dalla Cattedra di Pietro: “un grande innovatore nel pensiero che però ha sempre avuto grandi difficoltà nel dare concretezza alle sue visioni”.

Un Papa e un uomo di fede che vedeva nell’Europa il cuore del cristianesimo “luogo d’incontro tra il Dio di Israele e il pensiero greco classico”, come scrive in un suo bellissimo articolo Alessandro Santagata, lo spazio non solo geografico dove il cristianesimo ha raggiunto i suoi massimi livelli.

Ma al tempo stesso stabilendo un primato dell’Occidente rispetto al cristianesimo vissuto in Oriente e  anche alla necessità di affermare che le altre chiese e religioni sono minori rispetto al cattolicesimo.

Una visione che in parte contraddice con uno dei capisaldi del Concilio Vaticano Secondo, cui il popolo di Dio cammina insieme agli altri popoli verso la salvezza e non lo fa come un popolo superiore, ma come un popolo a cui spetta la missione di far conoscere Gesù nel mondo, lasciando che lo Spirito Santo soffi dove vuole.

“Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale; a questa unità in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini senza eccezione, che la grazia di Dio chiama alla salvezza” (dall’enciclica “Lumen Gentium”).

Ma la più bella pagina che ho trovato in questi giorni su Joseph Ratzinger è quella scritta da Vito Mancuso e su quella che lui considera la grande paura di Papa Benedetto XVI. Di cosa aveva paura? Lo si comprende dalle “Ultime conversazioni” quando afferma che oggi prevale “una cultura positivista e agnostica che si mostra sempre più intollerante verso il cristianesimo”, con la conseguenza che “la società occidentale, in ogni caso in Europa, non sarà una società cristiana”. Idea ribadita poco dopo: “La scristianizzazione dell’Europa progredisce, l’elemento cristiano scompare sempre più dal tessuto della società”.

Per Mancuso il vero problema di Ratzinger sono le scienze bibliche e l’esegesi della Bibbia, al cui riguardo ecco le precise parole di Ratzinger: “Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista”.

Per Ratzinger sembra non rimanere altro che affidarsi alla lettura tradizionale della Bibbia promossa dalla Chiesa per riscoprire sempre “la ragionevolezza della fede” e che “Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita”.

Da qui la sua chiusura per esempio alla Teologia della Liberazione, o, per restare nel nostro paese, la fine di esperienze di maggiore partecipazione da parte dei laici nella vita delle parrocchie, con il ritorno alla conoscenza della Bibbia racchiusa principalmente nelle mani dei soli sacerdoti e vescovi.

Qui si scontrano le due visioni diverse in atto oggi nella Chiesa, una aperta alla modernità (con papa Bergoglio o con il Cardinale Martini), l’altra che si ripiega in se stessa che ha paura della modernità e del confronto con essa (fatta propria da Papa Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI).

Per Mancuso il problema di Ratzinger è stata proprio la paura: “Egli è stato un uomo sinceramente devoto al suo Signore, il grande teologo francese Yves Congar nel suo diario del Concilio lo ricorda come “ragionevole, modesto, disinteressato, di buon animo”, e io credo che egli sia stato proprio così. Ma la paura è sempre una cattiva consigliera”.

Resta comunque un uomo che lascia un grande contributo allo studio teologico che ha fatto dell’amore per il suo Signore lo scopo della sua vita.

Qui mi piace riportare un bellissimo ricordo che fa Luciana Castellina sempre su “Il Manifesto”, citando alcune parti di una sua Enciclica sull’amore e in particolare sull’eros scritta nel 2005.

“Il cristianesimo – dice Benedetto – dissero criticandolo gli illuministi, con tutti i suoi comandamenti e divieti ci rende amara la cosa piú bella della vita. Ma è davvero cosí? No! Il cristianesimo ha davvero distrutto l’eros? No. I greci, ma tutta la letteratura antica – vedi anche Virgilio – pensano all’eros come a una “pazzia divina” che strappa l’uomo alla sua limitatezza e gli fa sperimentare la più alta beatitudine. Ma da questo assunto scivolano poi nell’accettazione, anzi nella promozione, della “prostituzione sacra“ che consente la “pazzia divina”. Ed è a questo che si oppone il cristianesimo: far passare per avvicinamento a Dio la c.d. “pazzia divina”, anche quando, per produrla, viene utilizzata la prostituzione».

E cioè vivere un momento di eccitazione che non è più controllato dalla ragione, è anzi liberazione dal controllo, quello, insomma, che noi laici chiamiamo «godimento sessuale».

È così che, secondo Benedetto, prendendo le mosse da questo assunto, i greci finirono per accettare la promozione della «prostituzione sacra», come mezzo che consente la «pazzia divina»,un modo per mascherarne il ricorso.

Ed è a questa pazzia che la Chiesa si oppone, non all’eros. La Chiesa ha dichiarato guerra allo stravolgimento distruttore dell’eros, all’abuso delle prostitute». «Noi – dice Ratzinger – siamo per un eros che non dà il piacere di un istante ma un piacere maturo. Ma l’eros resta perché l’uomo è veramente umano solo se corpo e anima si ritrovano. L’uomo infatti non è né solo anima né solo corpo».

Parole molto belle, che rendono grande la persona umana, le sue scelte, il suo modo di vivere incentrato su dei valori.

Mi piace concludere così questa riflessione su un uomo complesso, certamente da studiare e leggere, che ha segnato la storia del nostro tempo, con la speranza che, come ha detto Papa Bergoglio nella sua omelia, sia ora a contemplare quella gioia perfetta che lui ha cercato per tutta la sua vita.

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