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Soccorsi dei migranti in mare: quelle “fastidiose” navi ong

Piero Innocenti il . Diritti, Forze dell'Ordine, Istituzioni, Migranti, Politica, SIcurezza

Da molti anni ormai le navi ong che soccorrono migranti in mare sono mal viste e poco tollerate sia in ambito Ue (Frontex) che nel nostro paese (Ministero dell’Interno) perché considerate “fattore di attrazione” (pull factor) per le imbarcazioni che i trafficanti fanno salpare in prevalenza dalle coste libiche. In questo senso le diverse informative (anche confidenziali) redatte nel tempo sia dall’Agenzia europea Frontex che dalla Direzione Centrale dell’Immigrazione e delle frontiere (Dipartimento della Pubblica Sicurezza).

La presenza delle navi umanitarie ha anche fatto comodo durante lo svolgimento di diverse operazioni in mare condotte anni fa nel Mediterraneo (Mare Nostrum dalla Marina Militare italiana, Poseidon Tritone, Sophia Eunavfor-Med da Frontex con mezzi navali e aerei dei paesi UE), ma negli ultimi tempi l’insofferenza del nostro Governo si è accentuata per una pressione migratoria ritenuta “più imponente rispetto allo scorso anno”.

Al 31 dicembre scorso il numero dei migranti sbarcati è stato di 104.061 (di cui 21.687 minori non accompagnati) contro i 67.034 del 2021 e i 34.134 del 2020, due anni caratterizzati, come noto, dalla nota emergenza sanitaria da Covid che ha inciso non poco anche sul fenomeno migratorio rallentandolo.

Oltre il 50% dei migranti sbarcati nel 2022 sono risultati egiziani (20.509), tunisini (18.129), bengalesi (14.932) che vuol dire stranieri, in particolare egiziani e tunisini, nei cui confronti sono anche possibili rimpatri tempestivi in virtù di accordi con quei due Paesi. Va anche sottolineato che le persone soccorse dalle navi ong sono state soltanto circa il 10% sul totale sopraindicato.

Gli ostacoli alle attività di soccorso in mare si sono accentuati ritardando l’assegnazione di un porto sicuro di approdo, verificando preventivamente le condizioni psicofisiche delle persone soccorse, fino ad arrivare alla assegnazione di porti molto lontani dall’intervento effettuato, costringendo a diversi giorni di navigazione e ritardando, così, il possibile ritorno alle attività di soccorso nella zona del Mediterraneo centrale.

A rendere ancora più complicate le operazioni di salvataggio in mare per le navi ong il decreto legge di alcuni giorni fa con cui si introduce un “codice di condotta” per le ong impegnate nelle operazioni di salvataggio dei migranti in mare con la previsione di pesanti sanzioni amministrative in caso di inosservanza.

Il codice (“capestro”) inizia con l’impegno per le ong che lo sottoscriveranno a non entrare nelle acque territoriali libiche salvo situazioni di grave e immediato pericolo per “non ostacolare l’attività di Search and Rescue da parte della guardia costiera libica”, il cui obiettivo è notoriamente quello di condurre i migranti nei centri di detenzione veri luoghi di torture, maltrattamenti e abusi sessuali.

Nella considerazione errata di ritenere le navi umanitarie traghettatrici di migranti per conto dei trafficanti, viene sancito anche l’impegno a non effettuare comunicazioni o inviare segnalazioni luminose “per agevolare la partenza e l’imbarco di natanti che trasportano migranti”.

Viene messa in discussione persino l’idoneità tecnica della nave, del suo equipaggiamento e l’addestramento dell’equipaggio, tutti aspetti sino ad oggi mai esaminati in tanti anni di operatività in mare, con l’impegno a dotarsi di mezzi e di personale idoneo e di cui siano accertate le capacità tecniche nelle attività di soccorso di persone in ogni condizione.

Niente più eventuali trasferimenti delle persone soccorse su altre navi, informazioni costanti alle competenti autorità dello Stato di bandiera della nave, l’impegno a ricevere a bordo su richiesta delle Autorità italiane, funzionari di polizia giudiziaria per raccogliere informazioni finalizzate alle indagini sul traffico di migranti, l’impegno a  recuperare al termine dei soccorsi e sempre che sia possibile le imbarcazioni usate dai migranti ed i motori fuoribordo usati per gli aspetti legati alla sicurezza della navigazione e l’antinquinamento.

Dubito fortemente che le ong sottoscrivano questo codice e quindi c’è da aspettarsi una situazione di conflittualità crescente dagli esiti difficilmente prevedibili.

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