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Carta di Avviso Pubblico: una riflessione a dieci anni dalla nascita

Avviso Pubblico il . Dai territori, Istituzioni, Politica, Società, Toscana

Questo pomeriggio, a Pisa, presso l’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Politiche, si è svolto il convegno ““Un codice di comportamento per la buona politica – I dieci anni della Carta di Avviso Pubblico”.

L’incontro è stato l’occasione per riflettere sui mutamenti sociali e politici che sono avvenuti a dieci anni dalla pubblicazione della Carta di Avviso Pubblico, il codice etico-comportamentale redatto dalla nostra Associazione, che indica concretamente come un buon amministratore può declinare nella quotidianità i principi di trasparenza, imparzialità, disciplina e onore previsti dagli articoli 54 e 97 della Costituzione.

La Carta di Avviso Pubblico, elaborata da un gruppo di esperti (politologi, giuristi, funzionari pubblici, rappresentanti di associazioni) e amministratori locali, coordinato dal Professor Alberto Vannucci, ha contribuito in questi anni a dare una risposta a chi voleva manifestare in modo tangibile e concreto la propria adesione a certi valori, non soltanto in astratto ma traducendoli in una serie di norme di prevenzione della corruzione, delle mafie, del malaffare e della cattiva amministrazione.

“Oltre 8 anni fa abbiamo deciso di redigere la Carta di Avviso Pubblico perché sentivamo l’esigenza di provare ad introdurre un elemento distintivo della Buona Politica, che noi crediamo sia la maggioranza, provando a coprire un vuoto che c’è nel nostro sistema – ha dichiarato il Presidente di Avviso Pubblico, Roberto Montà – Le disposizioni della Carta di Avviso Pubblico che abbiamo elaborato sono assai esigenti nei confronti degli amministratori pubblici che l’adottano, chiamati ad un forte e credibile impegno di trasparenza e responsabilità. Tuttavia, il loro rispetto può restituire moltissimo in termini di fiducia e legittimazione agli occhi dei cittadini. In questi anni i principi e i valori della Carta ci hanno consentito di porre questi temi al centro del dibattito aprendo spazi di discussione su come i cittadini guardano pro tempore chi gestisce le loro comunità e io credo che questo sia stato un elemento interessante che ha prodotto un dibattito, che poi si è arricchito con la legge 190”.

“In questi 10 anni però alcune cose sono cambiate: è cambiato sia il contesto della corruzione che quello delle infiltrazioni mafiose e credo che un codice etico come il nostro non possa non tenerne conto”, ha concluso il Presidente Montà. “L’altro elemento di mutamento di questi anni è il livello di credibilità della politica, che anche a livello locale è caduto in maniera allarmante. Ce lo dicono il numero di elettori che non vanno più a votare e ce lo dice la quantità di comuni in cui non si riesce a trovare chi vuole amministrare la cosa pubblica. Questo contesto suggerisce quindi la necessità di continuare in questa direzione per accompagnare un processo in cui la politica a livello locale provi a ricostruire, a partire dal rigore delle scelte e dei comportamenti, un rapporto efficace e significativo tra gli elettori e gli eletti”.

“Il primo elemento che vorrei sottolineare è che la Carta di Avviso Pubblico recentemente è entrata nell’Hanbook of Best Practices dell’Unione Europea e questo mi sembra un segnale molto importante”, ha ricordato il professore Alberto Vannucci, Docente di Scienza politica dell’Università di Pisa. “Se volessimo fare un bilancio a 10 anni dalla sua introduzione il bilancio come spesso accade diciamo che è in chiaro-scuro. In questi anni la Carta è stata adottata da oltre 70 amministratori locali, da circa 250 amministratori pubblici e circa 150 candidati alle Elezioni Amministrative che hanno assunto questo forte impegno di fronte ai cittadini, di fronte alle altre forze politiche, davanti ai media. E quindi questo è un impegno serio, un impegno robusto che si sono assunti. C’è anche un altro bilancio possibile di quello che non è accaduto, cioè i tanti casi in cui della Carta si è discusso, si è dibattuto se adottarlo o meno e magari in qualche modo si è arrivati alla conclusione che era meglio di no. Però anche in quei casi il bilancio è comunque positivo, perché ha attivato una discussione sul senso della buona politica e di quello che ci aspettiamo come condotte auspicabili dei nostri amministratori”.

“Un codice come questo non c’era nella politica italiana e aggiungerei di più: neanche a livello europeo – ha concluso Vannucci – Quindi in qualche modo l’averla pensata e poi redatta ha significato l’avvio di un percorso di riflessione sulle condotte che riteniamo auspicabili da parte dei nostri amministratori, inserendo una serie di principi che sembrano alcuni di buon senso, però in qualche modo richiedono uno sforzo di trasparenza, di responsabilità per realizzare quello che è l’obiettivo di fondo di questa Carta, cioè di riallacciare quel legame di fiducia da un lato, di responsabilità dall’altro, che certe condotte opache e poco trasparenti hanno teso a sfilacciare”.

“La Carta di Avviso Pubblico consente agli amministratori locali di dotarsi di codici etici e questo è importante perché nel sistema di prevenzione alla corruzione costruito in questi anni questo è un vuoto”, ha aggiunto il professor Enrico Carloni, Docente di Diritto Amministrativo, Università di Perugia. “Avviso Pubblico ha quindi coperto una carenza del sistema di prevenzione che si riferisce soprattutto ai funzionari e lascia un po’ sguarniti gli amministratori. L’altro aspetto importante è farci riflettere sul fatto che non basta la legislazione, non basta il sistema che fa capo all’Autorità anticorruzione. La politica e le amministrazioni devono farsi carico dell’ultimo miglio, ovvero andare a regolare, andare anche loro a prestare attenzione a un tema che sembra tutto sommato subappaltato all’Anticorruzione. L’Anticorruzione non può fare tutto e la politica deve farsi carico essa stessa di garantire la condotta dei propri funzionari”.

A seguire Leonardo Ferrante, Referente nazionale del settore Anticorruzione civica e cittadinanza monitorante di Libera e Gruppo Abele, ha evidenziato come potrebbe essere migliorata la Carta nella versione 2.0. “Secondo me per la versione 2.0 della Carta di Avviso Pubblico si dovrebbero prevedere tre nuovi elementi: la conoscibilità, il monitoraggio e la partecipazione. Conoscibilità nel senso di rendere la Carta anche a favore del cittadino, monitorabilità nel senso di capire cosa di questa Carta può essere verificato dall’esterno e partecipazione, nel senso di rendere i cittadini informati e partecipi spiegando perché un’amministrazione si dota di quelle regole, prevedendo anche delle iniziative allargate. Mi piacerebbe quindi generare insieme una sorta di griglia di monitoraggio per la versione 2.0, inserendo alcuni punti che possono essere verificati dall’esterno che non vuol dire andare a vedere tutto o che il cittadino debba diventare il poliziotto del suo amministratore pubblico ma vuol dire mettere nelle condizioni i cittadini di stare più attenti a determinate dinamiche”.

A chiudere l’incontro l’On. Rosy Bindi, già Presidente della Commissione parlamentare antimafia, che dopo aver ringraziato dell’invito a questo importante momento di riflessione ha sottolineato: “Mi convince molto l’idea di una riscrittura della Carta di Avviso Pubblico a dieci anni dalla sua nascita che venga percepita, più che come un insieme di regole, come un orientamento di vita, di scelte per chi amministra la cosa pubblica. Io credo che Avviso Pubblico in questi anni ha reso visibile e trasparente ciò che dovrebbe essere e in questo senso mi convince molto anche il ragionamento fatto dal dottor Ferrante sul responsabilizzare i cittadini perché se la Politica è la ricerca di soluzioni generali a problemi particolari e non soluzioni particolari a problemi generali, anche il cittadino deve chiedere questo alla politica. Quindi come è necessario il codice di comportamento per il pubblico amministratore noi dovremmo veramente anche ricominciare a dare un codice al cittadino e alla sua capacità di saper chiedere e di saper scegliere e di saper votare. Non sto mettendo in dubbio il suffragio universale, sto soltanto dicendo che il voto è certamente un diritto ma è anche un dovere e richiede formazione, informazione e conoscenza”.

“Sul tema della trasparenza – ha continuato l’On. Rosy Bindi – invece non c’è una regolamentazione, non c’è in Italia e non c’è neanche in Europa e questo è un vuoto che andrebbe regolato. Se pensiamo alle amministrazioni locali, è pensabile che un sindaco, un assessore non abbia rapporti con il mondo che amministra, che rappresenta, per le quali deve prendere delle decisioni? Perché non sono pubblici questi momenti? Io credo che la trasparenza debba cominciare nel momento in cui si maturano le decisioni, in cui si maturano le scelte e in questo momento questo è uno dei punti più importanti ai quali bisognerebbe far fronte. E si ritorna al codice dei cittadini e della cittadinanza, cioè i momenti pubblici dell’amministrazione dovrebbero essere momenti partecipati. E qui c’è un ruolo chiaramente delle forze politiche. Io rivendico l’autonomia dell’amministratore locale per raggiungere il risultato e curare l’interesse della comunità anche dalla sua “comunità politica”, perché l’interesse di un partito può diventare a volte un’opacità nei confronti dell’interesse della comunità, ma lo scollamento che si sta verificando e che si è verificato negli ultimi anni tra chi ricopre cariche istituzionali nella Pubblica amministrazione e la comunità politica di riferimento non è un buon segnale”.

“Sulla questione del garantismo invece io posso anche capire che un ministro della Giustizia possa arrivare ad affermare che in virtù delle garanzie costituzionali che prevedono tre gradi di processi chi è condannato in primo grado possa anche presentarsi alle elezioni e da ministro della Giustizia posso dire al netto della Costituzione. Ma di questo garantismo in politica che cosa ce ne facciamo? Cioè, al politico io posso arrivare a chiedere a che grado di giudizio è di condanna o di assoluzione rispetto a un reato di corruzione? Secondo me il ragionamento va esattamente capovolto. La buona politica non ha bisogno dei principi di garanzia costituzionali come tali, non dovrebbe neanche invocarli, perché io ritengo che persino un avviso di garanzia, in certe situazioni, dovrebbe in Politica consigliare all’interessato di non presentarsi al giudizio dei cittadini. Sono due piani completamente diversi che nel momento in cui si sovrappongono rischiano di snaturare il giusto e fondamentale principio di garanzia che è contenuto nella nostra Costituzione e di snaturare il rapporto tra cittadino e politica. E questo richiama all’autonomia della politica che non ha bisogno di tre gradi di giudizio per valutare l’eticità di un comportamento. Quindi il ministro Nordio magari riuscirà a modificare la legge Severino ma i partiti politici dovrebbero, nello stesso identico momento, applicare dei codici molto più rigorosi di quelli che hanno adesso per le candidature a livello locale, a livello nazionale e a livello europeo. Questi sono i criteri che dovrebbe applicare la politica. In Italia l’invasione della giustizia ci ha fatto passare dai livelli di impunità che conosciamo bene a un livello nel quale la giustizia ha preso delle decisioni al posto della politica ma questo perché la politica non ha mai espresso un giudizio su sé stessa non basandosi sui criteri della giustizia. E io penso che la Carta di Avviso Pubblico dovrebbe servire proprio a questo, non solo per gli amministratori locali ma per la politica in generale”.

Avviso Pubblico

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