Giornata internazionale contro la corruzione. Anac: guai a smobilitare la lotta alla corruzione
“L’Italia ha già ricevuto 67 miliardi dalla Ue in erogazioni per il Pnrr, e ne riceverà altri 53 miliardi entro la fine del 2023, se rispetteremo tutti i parametri. Sono cifre enormi, che ingolosiscono la malavita, anche organizzata. Il rischio di corruzione e di infiltrazioni criminose in Italia diventa per questo più elevato. Dobbiamo quindi intensificare la lotta alla corruzione”. Giuseppe Busia, Presidente di Anac, lancia l’allarme in occasione della Giornata Internazionale contro la Corruzione, che si celebra in tutto il mondo il 9 dicembre.
“Servono controlli adeguati sugli appalti del Pnrr. Anche noi vogliamo velocità e semplificazione, ma con modi e forme che non vadano a scapito di legalità e prevenzione della corruzione. La Commissione europea pone particolare attenzione su quanto stiamo facendo, e si aspetta che l’Italia spenda bene quei soldi”, aggiunge.
“Siamo migliorati nelle classifiche internazionali, ma non basta. In un anno l’Italia ha scalato dieci posizioni nella graduatoria di Transparency International: secondo i dati dell’indice della percezione della corruzione 2021 siamo al 42° posto su una classifica di 180 paesi. L’anno precedente l’Italia occupava il 52° posto. L’andamento è positivo dal 2012: in dieci anni abbiamo guadagnato 14 punti. La media dei paesi dell’Europa occidentale è però di 66 punti: abbiamo quindi ancora parecchia strada da fare e non possiamo permetterci passi falsi. Dal sistema di misurazione oggettiva dei rischi di corruzione, messo a punto da Anac, emerge comunque che il fenomeno è ancora alto nel nostro Paese. Guai a smobilitare la lotta alla corruzione”, sottolinea Busia.
“Quanto alle modifiche, per esempio per la parte della sospensione dalla carica negli enti locali anche in caso di condanna di primo grado, per reati minori, credo si possa tranquillamente ragionare. Al riguardo, il decreto legislativo non distingue fra diverse tipologie di reati e – si è detto – tale sospensione può essere giustificata per i reati più gravi, come quelli di mafia, ma non per tutti gli altri. L’importante, se si interviene sulla legge, è farlo con il fioretto non con la sciabola”, avverte.
“Anche prescindendo dall’aumento dei costi di energia e materie prime, conseguente all’invasione dell’Ucraina, il fatto che il PNRR concentri numerosissimi investimenti in uno spazio temporale relativamente breve, quale quello che ci separa dal 2026, crea una competizione per reperire materiali, attrezzature e gli stessi operai, facendo lievitare i costi. Lo abbiamo evidenziato fin da quando tali regole erano in discussione, inutilmente. Ora ne vediamo le conseguenze, aggravate dall’emergenza bellica. Tuttavia, oggi bisogna essere realisti: a questo punto non appare realistico che tutti i Paesi membri trovino un accordo per prorogare il limite ultimo del 2026: si può invece, d’accordo con la Commissione, rivedere alcune scadenze interne e – soprattutto – valutare se davvero tutti gli interventi programmati sono davvero tanto urgenti da essere pagati ai prezzi odierni facendo debito, ovvero qualcosa può essere ri-calendarizzato. Sono decisioni che vanno prese caso per caso e la scelta spetta al Governo, in accordo con gli enti territoriali. Tanti investimenti sono stati inseriti nel Pnrr, mettendoli sullo stesso piano, sia quelli urgenti e immediati, sia quelli che possono essere realizzati con tempi più lunghi, magari anche sfruttando al meglio le riforme che nel frattempo si mettono in campo”, argomenta Busia.
“Un punto va tenuto fermo: le riforme che costituiscono la parte strutturale del piano devono essere approvate nei tempi, al fine di ottenere l’accordo di Bruxelles e dare un segnale di serietà a livello europeo. In molti casi, esse sono il presupposto per realizzare in modo più efficiente gli investimenti, come le modifiche sulla digitalizzazione dei contratti pubblici e sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, che devono essere inserite nel nuovo Codice, da approvare entro marzo”, conclude.
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