La Polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, sta eseguendo 49 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili a vario titolo dei reati associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, minacce, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa nonché per il reato di intestazione fittizia di beni, disarticolando l’intera piazza di spaccio gestita dalla Locale di Rho di ‘ndrangheta.
L’indagine “Vico Raudo” condotta dalla Squadra Mobile di Milano ha consentito di accertare come a Rho (MI) su cui in passato era presente una struttura territoriale di ‘ndrangheta, denominata “Locale di Rho”, già riconosciuta come struttura di ‘ndrangheta nell’ambito di altra indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano nel 2010 – operazione “Infinito” – il cui promotore, un italiano di 74 anni già condannato in via definitiva per associazione di tipo mafioso, una volta scontata la sua pena, ha nuovamente ricostituito, con la collaborazione dei membri della sua famiglia e di altri soggetti, la presenza dell’organizzazione mafiosa sul territorio.
Dalle indagini svolte dalla Polizia di Stato è emerso come l’uomo, beneficiando della concessione della misura alternativa al carcere della detenzione domiciliare ottenuta grazie alla falsificazione di documenti attestanti una sua presunta invalidità che lo avrebbe portato a muoversi su una sedia a rotelle, aveva ripreso il pieno controllo del territorio di Rho attraverso una serie di intimidazioni e atti di natura estorsiva consistenti nel far appiccare incendi ad autovetture, esercitare violenze fisiche e minacce, assicurandosi altresì il controllo dello spaccio di sostanza stupefacente.
Il quadro emerso nel corso delle numerosissime intercettazioni, dei servizi e degli appostamenti effettuati dagli agenti della 1^ Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile, è stato quello di una struttura mafiosa pervasiva, legata fortemente ai segni e ai simboli tipici dell’ndrangheta. Basti pensare che, in due circostanze, la Polizia di Stato ha documentato l’acquisto e il posizionamento di una testa di maiale davanti all’abitazione di uno degli indagati come avvertimento, sia per farlo desistere dalle richieste di mantenimento economico sia da possibili intenti di collaborazione con la giustizia. In un’altra circostanza, è stata intercettata una conversazione in cui alcuni dei soggetti indagati, sempre per esercitare delle pressioni su un uomo e sul figlio considerati dei collaboratori delle forze dell’ordine, progettavano di far recapitare una testa di agnello mozzata con in bocca un biglietto in cui si avvertiva che la prossima testa sarebbe stata quella del figlio: messaggi mafiosi a cui si aggiungevano minacce e violenze anche solo per non aver portato rispetto agli esponenti dell’organizzazione.
Sono stati anche intercettati dialoghi in cui è emersa la struttura gerarchica della locale con l’indicazione delle doti di alcuni degli esponenti, tra cui il possesso della dote superiore della “Santa” del 74enne grazie alla quale egli poteva conferire “doti” agli affiliati, tra i quali il figlio, nonché, secondo i rituali dell’ndrangheta, comporre la c.d. “Copiata” per battezzare e conferire la dote di “Picciotto” a un altro soggetto.
Tra le attività criminali poste in essere dall’organizzazione vi erano le estorsioni anche in danno di persone legate alla criminalità: sono state documentate, infatti, diversi episodi estorsivi effettuati in danno di soggetti dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti a cui l’organizzazione guidata dal 74enne chiedeva delle somme di denaro mediante violenza e minaccia. Dall’attività investigativa è emerso che sul territorio di Rho, oltre alla struttura territoriale di ‘ndrangheta, era presente un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti composta da due gruppi, uno formato dagli stessi appartenenti alla “Locale di Rho”, l’altro da altri soggetti tratti anch’essi in arresto questa mattina.
I due gruppi criminali, agguerriti e senza scrupoli, operavano in alleanza secondo le seguenti modalità: quello riferibile al 74enne si riforniva in via esclusiva dall’altro gruppo che, a sua volta, riceveva dal primo garanzie circa l’esclusività della piazza di spaccio e la risoluzione di problemi in ragione della sua matrice mafiosa.
I numerosi servizi di osservazione e pedinamento svolti dagli agenti della Squadra Mobile milanese, con il supporto delle intercettazioni audio e video, hanno consentito di individuare altri soggetti che acquistavano la cocaina dal sodalizio per farne, a loro volta, autonomo commercio al dettaglio.
I proventi derivanti dalla vendita della sostanza stupefacente garantivano agli associati di beneficiare di un elevato tenore di vita non giustificato dai redditi dichiarati tanto che il nucleo familiare del 74enne risultava addirittura beneficiario del “reddito di cittadinanza”. La Polizia di Stato ha appurato come i proventi delle attività illecite siano stati investiti nell’acquisto di alcuni esercizi commerciali, nel rilevare un’attività di somministrazione ambulante di alimenti e bevande intestate a prestanome e nell’acquisizione, senza formale passaggio di proprietà, di una palazzina composta da tre appartamenti.
Tale diversificazione degli investimenti certificava come, pur connotandosi per la sua tradizionalità, la ‘ndrangheta risultava avere quella vocazione imprenditoriale che, già in pregresse attività d’indagine, era emersa come fortemente caratterizzante della criminalità organizzata e che conferma la presenza di quella ‘ndrangheta 2.0 sul territorio lombardo. Sempre nell’ottica del rispetto delle regole dell’’ndrangheta una parte dei proventi veniva destinato al sostentamento dei detenuti affiliati.
Le articolate indagini, rese difficoltose anche dall’accortezza degli indagati i quali, nel timore di essere oggetto di attività da parte della Autorità Giudiziaria e delle forze dell’ordine, erano soliti effettuare anche controlli sulle proprie autovetture con la collaborazione di alcuni tecnici compiacenti che provvedevano a bonificare i veicoli, hanno permesso di ottenere numerosi riscontri alle dichiarazioni in termini di sequestri di sostanza stupefacente e di armi: nel corso delle investigazioni è stato rinvenuto e sequestrato un vero e proprio arsenale composto da armi comuni da sparo, anche clandestine, armi da guerra e relativo munizionamento, a disposizione dell’associazione.
Le operazioni, tuttora in corso, vedono impegnati centinaia di poliziotti, tra cui oltre agli agenti del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Milano, anche poliziotti della Squadra Mobile di Alessandria, Bergamo, Biella, Catanzaro, Cremona, Como, Lecco, Lodi, Mantova, Monza e Brianza, Novara, Parma, Pavia, Piacenza, Reggio Calabria, Varese.
Sono stati impiegati per l’esecuzione delle misure cautelari anche il personale del Reparto Prevenzione Crimine di Milano, Piemonte, Liguria, Toscana ed Emilia-Romagna, le unità cinofile della Questura di Milano, del Gabinetto Regionale della Polizia Scientifica di Milano, nonché un elicottero della Polizia di Stato del Reparto Volo di Malpensa.
‘Ndrangheta: la Polizia di Milano esegue 49 misure
Secondo le indagini, era stata ricostruita la ‘locale’ di Rho
La Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, sta eseguendo 49 misure cautelari per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, minacce, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa.
L’indagine della Squadra mobile ritiene di aver svelato la ricostituzione di una struttura territoriale di ‘ndrangheta, la ‘Locale di Rho’, già oggetto dell’indagine ‘Infinito’ della Dda di Milano nel 2010, da parte del promotore, condannato in via definitiva per associazione mafiosa, una volta scontata la sua pena.
“L’operazione eseguita oggi testimonia che l’agire mafioso della ‘ndrangheta in Nord Italia ha assunto da tempo caratteristiche assolutamente sovrapponibili a quelle che ne caratterizzano l’azione nei territori in cui il fenomeno è endemico”, ha spiegato il prefetto Francesco Messina, Direttore centrale Anticrimine della Polizia di Stato.
“La narrazione, talvolta sostenuta, di una ‘ndrangheta evolutasi al punto da abbandonare l’aspetto militare in favore di strategie criminali più sofisticate non è del tutto precisa.- ha proseguito Messina –.
A Milano la Polizia di Stato e la magistratura continuano ad affrontare la minaccia mafiosa ben consapevoli che il contrasto dell’ala militare della ndrangheta deve continuare ancora a lungo e deve essere affiancato da una sistematica aggressione all’accumulo dei patrimoni illeciti, che ne costituiscono la linfa vitale.
Peraltro, gli esiti investigativi odierni attestano ancora una volta come sovente la detenzione carceraria non riesca a recidere il legame tra affiliato e struttura mafiosa di appartenenza”.
Era stata ricostruita la ‘locale’ di Rho
La Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, sta eseguendo 49 misure cautelari per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, minacce, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa.
L’indagine della Squadra mobile ha svelato la ricostituzione di una struttura territoriale di ‘ndrangheta, la ‘Locale di Rho’, già oggetto dell’indagine ‘Infinito’ della Dda di Milano nel 2010, da parte del promotore, condannato in via definitiva per associazione mafiosa, una volta scontata la sua pena.
C’era una donna tra i capi del clan della ‘ndrangheta di Rho, anche “più spietata degli uomini”.
Lo ha detto il pm della Dda di Milano Alessandra Cerretti nella conferenza stampa. “Uno degli elementi di novità è il ruolo delle donne – ha spiegato – abbiamo 5 donne tra le arrestate e ad una donna è stato contestato il ruolo di capo e promotore dell’associazione mafiosa”.
È “il braccio destro di Cristian Bandiera, figlio di Gaetano, lo sostituisce in una serie di attività, ha sotto di sé due associati ai quali da direttive”. E’ la “prima volta che in Lombardia verifichiamo il ruolo operativo e organizzativo di un donna” nei clan.
Quarantanove misure cautelari eseguite dalla polizia di Stato
Quarantanove misure cautelari per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, minacce, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa nonché per il reato di intestazione fittizia di beni: le sta eseguendo la polizia di Stato in queste ore.
L’indagine, nell’ambito dell’operazione ‘Vico Raudo’ condotta dalla Squadra Mobile di Milano ha svelato la ricostituzione di una struttura territoriale di ‘ndrangheta, la locale di Rho, già oggetto dell’indagine “Infinito” condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano nel 2010, da parte del promotore, condannato in via definitiva per associazione di tipo mafioso, una volta scontata la sua pena.
“L’operazione eseguita oggi testimonia che l’agire mafioso della ndrangheta in Norditalia ha assunto da tempo caratteristiche assolutamente sovrapponibili a quelle che ne caratterizzano l’azione nei territori in cui il fenomeno è endemico – dichiara il Prefetto Francesco Messina, Direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato – La narrazione, talvolta sostenuta, di una ndrangheta evolutasi al punto da abbandonare l’aspetto militare in favore di strategie criminali più sofisticate non è del tutto precisa. A Milano la Polizia di Stato e la Magistratura continuano ad affrontare la minaccia mafiosa ben consapevoli che il contrasto dell’ala militare della ndrangheta deve continuare ancora a lungo e deve essere affiancato da una sistematica aggressione all’accumulo dei patrimoni illeciti, che ne costituiscono la linfa vitale. Peraltro, gli esiti investigativi odierni attestano ancora una volta come sovente la detenzione carceraria non riesca a recidere il legame tra affiliato e struttura mafiosa di appartenenza. La Direzione Centrale Anticrimine, con le Squadre mobili e con il Servizio Centrale Operativo, continuerà in questa azione indifferibile di contrasto, sotto il coordinamento della magistratura delegante”.
La pm: “Ai vertici una donna spietata”
Nell’indagine della Dda di Milano, che ha portato a 49 misure cautelari tra i membri della famiglia Bandiera, va sottolineato il “ruolo delle donne. Abbiamo 5 donne e soprattutto abbiamo una donna nel ruolo di capo organizzatrice dell’associazione mafiosa“.
Lo ha detto la pm Alessandra Cerreti, che ha coordinato le indagini della Squadra Mobile di Milano con l’aggiunto Alessandra Dolci. Una delle donne arrestate, infatti, era “il braccio destro di Christian Bandiera, figlio del boss Gaetano Bandiera”, al centro dell’organizzazione e appena finito agli arresti domiciliari, dopo aver scontato in carcere parte della condanna per l’indagine Infinito. “Questa donna ha un ruolo fondamentale ed è ancora piu spietata degli uomini“, ha aggiunto la pm chiarendo però che al momento formalmente “le donne non sono affiliate nella ndrangheta dal punto di vista formale, cioè non sono ‘punciute’”. “Assistiamo – ha concluso la pm- ad un cambio di mentalità all’interno dell’organizzazione. Le indagini hanno mostrato un ruolo delle donne attivo, spesso sono messaggere dal carcere. Questa volta abbiamo visto di più”.
49 misure cautelari in Lombardia per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di droga, estorsione e altri reati. Tra gli arrestati il figlio di un boss della 'ndrangheta che aveva preso il controllo della locale di Rho, alle porte di Milano pic.twitter.com/1o86WvoBzk
'Ndrangheta nel Milanese, eseguite 49 misure cautelari. La Dda ha svelato la ricostruzione della "locale" di Rho dopo l'inchiesta "Infinito" del 2010. Maggiori dettagli nelle prossime ore. #IoSeguoTgrhttps://t.co/LGmvjniGSK
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