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La narrazione di una politica che ci spinge a vedere nello straniero solo un intruso

Pierluigi Ermini il . Cultura, Diritti, Economia, Guerre, Lavoro, Migranti

La lettura di un piccolo libretto scritto dal filosofo Jean – Luc Nancy dal titolo “L’intruso” può essere una buona occasione per capire come nasce e si costruisce dentro di noi la nostra incapacità di accettare il diverso, anche quando questo può diventare per noi una speranza di vita.

Nancy prende spunto dall’operazione di trapianto del cuore che ha subito per affermare come l’iniziare a pensare a un cuore che si deve cambiare e che entrerà dentro di me, un cuore che proviene da chissà chi, creerà in me una forma di disagio, “un fastidio e comunque un disordine al mio ordine interiore”

Un disagio causato da un’intrusione  che si subisce e che rischia di rimanere tale se nel tempo, questo cuore che proviene da chissà chi, non sono in grado di accoglierlo.

Diventare il mio intruso, vuol dire accettare di cambiare, di fare un percorso interiore di rimessa in discussione di ciò che sono.

Una riflessione che nel filosofo nasce nel momento in cui deve fare i conti con la necessità di cambiare un organo del proprio corpo, e che si sviluppa poi nel corso degli anni, anche molto tempo dopo l’operazione, con un nuovo cuore con cui deve fare i conti.

Il libro è proprio una disamina delle considerazioni che l’autore fa nel tempo partendo dalla fase di avvicinamento all’operazione, e prosegue dopo, quando inizia il rischio di una possibile fase di rigetto, fino alla necessità di dover convivere con qualcosa che viene dal di fuori, che non fa parte di noi, ma che poi condiziona il nostro sopravvivere e l’esistenza nel futuro che ci attende.

Un cuore, il proprio che era diventato un limite alla vita, e un altro, che arriva, che viene dalla morte di un’altra persona e che Nancy accetta pur non conoscendone la provenienza, può diventare e retare l’intruso con cui si deve fare i conti nel continuare la propria vita.

Il libro è molto bello e spinge a una grande riflessione su se stessi, perché  l’intruso, in questo caso un cuore nuovo, inatteso e non previsto nella propria vita, rappresenta anche il nostro rapporto intimo e psicologico con lo straniero che spesso arriva senza invito e senza una nostra scelta, senza un permesso.

Quella mancanza di invito e di permesso lo rende uno sconosciuto, un pericolo, un qualcosa con cui si è chiamati a convivere ma che guardiamo con sospetto, perché è altro da noi, come quel cuore che Nancy ha ricevuto e che il nostro corpo può rigettare e non accogliere.

In fondo queste sono le dinamiche che noi internamente viviamo quando parliamo di migranti, profughi, che spesso trasformiamo in clandestini, nei senza permesso, che diventano gli intrusi nella nostra società.

Su queste nostre intime difficoltà si inserisce una narrazione della politica che spinge attraverso la propria comunicazione a far si che dentro di noi si costruisca in modo sempre più forte la visione di uno straniero che si deve vivere come l’intruso che viene a mettere in crisi le nostre personali sicurezze.

Una narrazione della politica che non permette il passaggio dall’intrusione  e dal fastidio, all’accoglienza e all’apertura alla diversità.

Eppure la nostra società e la nostra economia ne hanno bisogno per sopravvivere perché è chiaro a tutti che il nostro paese è sempre più vecchio, che ha sempre meno giovani e ha sempre meno mano d’opera di cui disporre (basta vedere i numeri di lavoratori di cui le aziende hanno bisogno ogni anno e che non riesce a trovare in Italia).

L’intruso che non posso evitare perché ne ho bisogno per vivere, mi deve spingere ad uscire fuori da me, dalle mie sicurezze, per “naturalizzarsi”, e diventare speranza per entrambi.

Nancy ci parla nel suo libro proprio di questo percorso che lo porterà ad accogliere questo cuore nuovo, che lo ha messo a disagio, ma del quale ha necessità per vivere.

È lo stesso percorso che si deve fare anche con lo straniero ed è un percorso personale e sociale fatto di conoscenza, di prove di convivenza, di scelte dettate dai bisogni e dalle necessità che si hanno per dare un futuro a  questa società che ci spingono a vedere quello che pensavamo come un intruso o un estraneo, come parte essenziale del nostro sistema sociale.

Altrimenti il rischio è, come ci ricorda lo stesso Nancy, che “l’intruso non è nessun altro se non me stesso e l’uomo stesso. Non è nessun altro se non lo stesso che non smette mai di alterarsi, insieme acuito e fiaccato, denudato e bardato, intruso nel mondo come in se stesso…”.

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