Settimana enigmistica. Il tempo sufficiente non è l’agio. Così si distrugge l’italiano
Ma quanto aveva ragione Gramsci ad andarsi a studiare anche i romanzi d’appendice.
E quanta ne aveva a mettere il “senso comune” al centro delle proprie riflessioni sulla cultura del tempo. Oggi i romanzi d’appendice non ci sono più, però….
Però c’è lo stesso un modo infallibile per andarsi a studiare la nostra microstoria culturale, per misurare il paese nell’apparente banalità delle cose scritte e dette: ascoltare le telecronache sportive e cimentarsi con le tante settimane enigmistiche esistenti.
Vi assicuro. Nulla di più efficace per tastare il rapporto che abbiamo con la nostra lingua. Per capire quanto sia urgente una nuova generazione di maestri con nodose bacchette da calare sulle nocche di una moltitudine di discepoli renitenti.
Delle cronache sportive ho scritto in questa sede più volte, comunicando il mio raccapriccio per il “finalizzare” che diventa sinonimo di concludere o per l’ormai dilagante “in qualche modo”.
Ma la Settimana enigmistica è una novità. E in effetti più la tengo tra le mani in qualche momento di ozio solitario, più mi sento male leggendo le definizioni che dovrebbero portare il povero cruciverbista a indovinare cosa scrivere nelle orizzontali e nelle verticali.
Eccomi dunque in viaggio alle prese con un vecchissimo numero in mano. 35 orizzontale. Recita l’oracolo: “Tempo sufficiente”. Che cosa sarà il tempo sufficiente? Un’unità di misura? Un’ora? E perché mai un’ora? E tempo sufficiente per cosa? Il disgraziato lettore con la penna in mano cerca ispirazione nel suo ideale dizionario, consulta google non riuscendo a capire, finché gli incastri delle lettere gli fanno arrivare in automatico la risposta: “agio”. Agiooo? Agiooo?
E da quando “agio” invece che benessere o comodità vuol dire tempo sufficiente? Ma dove l’ha imparato l’esimio compositore di indovinelli? Forse una volta da piccolo qualcuno gli ha detto “non affannarti, puoi fare con agio” e lui ne ha tratto una stramba idea dei sinonimi. Forse un colpo di caldo, uno smarrimento semantico?
E sia, può capitare a tutti. Il guaio è che se il cruciverbista gira pagina si confronta subito con un’altra perla.
E al 9 verticale trova scritto “espediente per cavarsela”. E che sarà mai? Uno rimugina. Vuoi vedere che è “Trucco”? No, sono sette lettere, e trucco ne fa sei. Invenzione no. Finzione sono sette, ma la parola finisce per a. Bugia allora? Ma va, son cinque lettere. A un certo punto si materializzano nella colonna due “esse”. E al povero appassionato balena una soluzione. Vuoi vedere che è “risorsa”. Poi si vergogna della pensata. Ma che c’entra la risorsa con l’espediente? Ti alambicchi, metti a soqquadro il tuo dizionario mentale ma non ci arrivi. Solo che vai e vai e vai, alla fine la parola si riempie rispondendo alle orizzontali. E magicamente compare il termine desiderato. Ed è proprio, incredibilmente, “risorsa”.
E lì non ci credi. Anzi ti infuri per la lesa maestà del giornale di enigmistica che “vanta centinaia di imitazioni”. Chi ne vuole sabotare l’immagine? Ma come diavolo si fa a mettere una baggianata del genere? Con quel sinonimo, nelle aziende avranno allora alla guida del personale un responsabile degli “espedienti umani”?
Ma ci pensate a come parleremmo? La nostra scuola ha molti espedienti. Sono stanco, mi sento senza espedienti. Gli espedienti minerari del Congo, gli espedienti agricoli dell’Argentina.
Il tempo di infuriarti e nella pagina accanto ti imbatti nel 16 orizzontale: “un’estremità del palazzo”. E che sarà mai? Il tetto? L’antenna parabolica? La ringhiera di un balcone?
Nossignore, l’ “estremità” è un’ “ala” del palazzo, ossia una sua parte normale, talora laterale, certo non “estrema”.
Insomma, qui fanno i prestigiatori di parole e sono in pieno analfabetismo di ritorno. Povera la nostra lingua.
Il guaio è che non basterà nessun pnrr. Ci vogliono quei maestri.
* Storie Italiane, Il Fatto Quotidiano, 31/10/2022
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Ilda la Rossa. Anche le donne che hanno fatto la storia fanno le nonne ai giardini
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