Il processo alla mafia dei Nebrodi si chiude con condanne per oltre 600 anni
Si è concluso con la condanna complessivamente a 6 secoli di carcere il processo alla mafia dei Nebrodi celebrato davanti al tribunale di Patti (Me).
Pene durissime, dopo sette giorni di camera di consiglio, per un dibattimento con 101 imputati, celebrato in tempi record e che ha visto impegnati 4 pm della Dda di Messina: l’aggiunto Vito Di Giorgio, i magistrati Fabrizio Monaco, Antonio Carchietti e Alessandro Lo Gerfo.
Il processo nasce dall’operazione denominata “Nebrodi” che, oltre a ricostruire l’organigramma dei clan messinesi, ha scoperto una truffa milionaria, commessa dalle cosche, ai danni dell’Ue.
Gli imputati erano accusati a vario titolo di associazione mafiosa, truffa all’Ue, falso, estorsione, trasferimento fraudolento di valori. A istruire l’atto d’accusa alle “famiglie” mafiose dei Nebrodi dei Batanesi e dei Bontempo Scavo è stata la Dda di Messina che in 20 mesi ha ricostruito davanti al tribunale di Patti gli organigrammi dei clan svelando complicità di prestanomi e insospettabili professionisti. La “mafia dei pascoli” non c’è più, hanno sostenuto i pm. Al suo posto c’è una organizzazione imprenditoriale al passo coi tempi e capace di sfruttare le potenzialità offerte dall’Unione Europea all’agricoltura.
Prevalentemente su base familiare, in rapporti con Cosa nostra palermitana e catanese, la mafia dei Nebrodi ha continuato a usare vecchi metodi come la minaccia e la violenza, ma i taglieggiamenti spesso erano finalizzati all’accaparramento di terreni, la cui disponibilità è presupposto per accedere ai contributi comunitari; “settore, questo, – scrisse il gip che firmò oltre 90 misure cautelari e il sequestro di 151 imprese – che costituiva il principale, moderno, ambito criminale di operatività delle famiglie mafiose”. Gli inquirenti hanno anche accertato che il denaro illecito transitava spesso su conti esteri per, poi, “rientrare in Italia, attraverso complesse e vorticose movimentazioni economiche, finalizzate a farne perdere le tracce”.
I clan grazie all’aiuto di professionisti puntavano all’accaparramento di utili, infiltrandosi in settori strategici dell’economia legale e – spiego’ il gip – “depredandolo di ingentissime risorse”.
Sotto processo oggi c’erano i i capi dei clan dei Batanesi e dei Bontempo Scavo. A fiutare l’affare milionario sono stati loro che, anche grazie all’aiuto di un notaio e di funzionari dei Centri Commerciali Agricoli (CCA) che istruiscono le pratiche per l’accesso ai contributi europei, hanno incassato fiumi di denaro sbancando le casse dell’Agea. Parti civili nel processo l’assessorato regionale Territorio ambiente, le associazioni Addiopizzo e SOS imprese, il Parco dei Nebrodi, il centro studio Pio Lo Torre, l’Agea, il Comune di Tortorici.
Le indagini iniziate su input inizialmente anche dall’ex procuratore capo di Messina Maurizio De Lucia ora procuratore a Palermo. In aula anche molti degli avvocati dei 101 imputati che invece erano collegati in videoconferenza. In aula anche Giuseppe Antoci presidente della Fondazione Caponnetto ed ex presidente del Parco dei Nebrodi che ha denunciato il rischio che le mani dei clan arrivassero ai fondi europei.
Fonte: Ansa
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Mafia, maxiprocesso dei Nebrodi: condanne per oltre 600 anni
101 imputati, 91 le condanne e 10 le assoluzioni. La lettura del dispositivo è durata quasi un’ora
Condanne per complessivi 600 anni sono state emesse queste sera dal tribunale di Patti (Messina) nel maxiprocesso sulla mafia dei Nebrodi, che vede alla sbarra 101 imputati. La lettura del dispositivo del Presidente Ugo Scavuzzo è durata quasi un’ora. La pena più alta emessa nel processo riguarda Salvatore Faranda, condannato a 30 anni di reclusione. 91 in tutto le condanne emesse e 10 le assoluzioni.
“Le truffe sono state riconosciute per buona parte. Resta il fatto che su quella parte di territorio della provincia di Messina le truffe hanno costituito la principale fonte di arricchimento sia del gruppo mafioso dei Batanesi sia del gruppo dei Bontempo Scavo, ma teniamo conto che è solo la sentenza di primo grado”. Così il Procuratore aggiunto di Messina Vito Di Giorgio dopo la lettura della sentenza. “E’ stata riconosciuta la mafiosità per i Batanesi mentre per il gruppo dei Bontempo Scavo no”, aggiunge. Per il pm Di Giorgio “buona parte delle truffe contestate hanno retto, è stata riconosciuta l’esistenza del 640 bis, in alcuni casi aggravata. Sicuramente questo è un aspetto importante”. Ma “è un dispositivo talmente complesso che va letto attentamente”.
“E’ un momento importante perché questo paese ha bisogno di risposte, da questa esperienza esce la risposta di un territorio che ha fatto il suo dovere. Abbiamo fatto quello che andava fatto, abbiamo superato il silenzio e abbiamo fatto capire che i fondi europei dovevano andare solo alle persone per bene e non ai capimafia”, ha detto Giuseppe Antoci, in lacrime, subito dopo la lettura della sentenza . “Quest’aula stasera ha dato un segno di libertà – dice – ma anche di dignità. Queste condanne che mi addolorano, perché in fondo non è proprio una vittoria quando le persone vanno in carcere. La lotta alla mafia non si può fare solo con la repressione ma va fatta ogni giorno. Questa esperienza dimostra che da un piccolo territorio nasce un protocollo di legalità che la Commissione europea considera tra i più importanti”.
“Rompiamo questo muro di silenzio. Così avremo sempre meno gente in tribunale, meno processi e meno forze dell’ordine che si devono occupare di queste cose. In fondo quando si leggono queste sentenze ci si rende conto che sono di dolore. Lo stesso dolore che ho provato io in questi anni con quella perdita di libertà che ho dovuto imporre alla mia famiglia con la quale abbiamo voluto comunque andare avanti. La mia famiglia mia ha detto noi ci siamo non ti fermare. è una frase che racconto a tutti i ragazzi che mi ascoltano”, le parole di Antoci. “Quel noi non è solo della mia famiglia è un noi di un paese che vuole fare il proprio dovere. Questo paese tuttavia di simboli ed eroi ne ha già abbastanza. Se la gente denuncia avremo meno sentenze. Forse è solo un utopia ma non bisogna mai rinunciare ai sogni . Questa sera parte di questo sogno è diventato realtà”, ha concluso.
Fonte: Adnkronos
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Maxiprocesso dei Nebrodi, alla sbarra la ‘mafia dei pascoli’: 91 condanne
La sentenza sul sistema che drenava milioni di euro di contributi europei destinati all’agricoltura
(dall’inviata Elvira Terranova) Quando i giudici entrano in aula, alle 23.09 dopo tre rinvii in serata, la tensione è palpabile. In prima fila i pm della Dda di Messina, subito dietro gli avvocati dei 101 imputati, e tra i banchi del pubblico le mogli, i parenti degli imputati. In disparte, guardato a vista dai suoi ‘angeli custodi’ c’è lui, Giuseppe Antoci, il padre del ‘Protocollo Antoci’, grazie al quale è stato possibile smantellare il sistema di truffe milionarie nell’agricoltura. Una sentenza storica, nel piccolo tribunale del messinese, arrivata dopo una settimana di Camera di consiglio, tenuta presso un albergo cittadino di Patti (Messina). I giudici del Tribunale di Patti hanno emesso condanne per oltre 600 anni di carcere, sui mille chiesti dalla Procura. Novantuno le condanne e dieci le assoluzioni. E confische per milioni di euro. La lettura del dispositivo è durata quasi un’ora. Il Giudice ha terminato la lettura poco prima di mezzanotte.
Una camera di consiglio fiume durata oltre 170 ore in cui il presidente Ugo Scavuzzo ed i giudici a latere, Andrea La Spada ed Eleonora Vona, sono entrati lo scorso 24 ottobre. Una settimana piena per decidere se accogliere le richieste, pesantissime dei pm di Messina. Ad assistere alla sentenza in aula il Procuratore aggiunto di Messina Vito Di Giorgio e i pm Fabrizio Monaco, Francesco Massara e Antonio Carchietti.
L’epilogo di un processo storico, il più imponente nel messinese dai tempi di Mare Nostrum con 101 imputati e richiesta di condanne per circa 970 anni di carcere e 30 milioni di euro di confische. Un dibattimento durato appena diciotto mesi, poco più di un anno e mezzo, tempi record per un processo con oltre cento detenuti. Alla sbarra la cosiddetta ‘Mafia dei pascoli’ e quel sistema attraverso cui la criminalità drenava milioni di euro di contributi europei destinati ai terreni agricoli garantendosi linfa finanziaria. Un meccanismo i cui ingranaggi furono fermati proprio dal protocollo di legalità Antoci. Una inchiesta nata grazie all’ex Procuratore capo di Messina Maurizio de Lucia, da pochi giorni alla guida della Procura di Palermo, che ha scoperchiato un sistema mafioso milionario fatto di connivenze e silenzi. I reati vanno dall’associazione mafiosa, estorsione, concorso esterno in associazione mafiosa, truffa, falso. Un impianto accusatorio che ha retto, stando alle 91 condanne e alle confische milionarie. Tra 90 giorni si conosceranno le motivazioni.
Il maxiprocesso dei Nebrodi scaturisce dall’operazione del 15 gennaio 2020 denominata “Nebrodi” con 94 arresti e il sequestro di 151 aziende agricole per mafia, una delle più vaste operazioni antimafia eseguite in Sicilia e la più imponente, sul versante dei Fondi Europei dell’Agricoltura in mano alle mafie, mai eseguita in Italia e all’Estero. Un meccanismo interrotto dal “Protocollo Antoci” poi recepito nei tre cardini del Nuovo Codice Antimafia e votato in Parlamento il 27 settembre 2015. Per tutto ciò l’ex Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, oggi Presidente Onorario della Fondazione Caponnetto, ha rischiato la vita in quel tragico attentato mafioso del 2016 dal quale si è salvato grazie all’auto blindata e al violento conflitto a fuoco ingaggiato dai poliziotti della sua scorta, tutti promossi per merito straordinario e medaglia al valore. E oggi vive sotto scorta.
“E’ un momento importante perché questo paese ha bisogno di risposte, da questa esperienza esce la risposta di un territorio che ha fatto il suo dovere. Abbiamo fatto quello che andava fatto, abbiamo superato il silenzio e abbiamo fatto capire che i fondi europei dovevano andare solo alle persone per bene e non ai capimafia”, dice tra le lacrime, subito dopo la lettura della sentenza del Maxiprocesso dei Nebrodi. “Quest’aula stasera ha dato un segno di libertà – dice ancora- ma anche di dignità. Queste condanne che mi addolorano, perché in fondo non è proprio una vittoria quando le persone vanno in carcere. La lotta alla mafia non si può fare solo con la repressione ma va fatta ogni giorno. Questa esperienza dimostra che da un piccolo territorio nasce un protocollo di legalità che la Commissione europea considera tra i più importanti. Rompiamo questo muro di silenzio”. “Le truffe sono state riconosciute per buona parte. Resta il fatto che su quella parte di territorio della provincia di Messina le truffe hanno costituito la principale fonte di arricchimento sia del gruppo mafioso dei Batanesi sia del gruppo dei Bontempo Scavo, ma teniamo conto che è solo la sentenza di primo grado”.
Mentre il Procuratore aggiunto Vito Di Giorgio spiega: “E’ stata riconosciuta la mafiosità per i Batanesi mentre per il gruppo dei Bontempo Scavo no”. Per il pm Di Giorgio “buona parte delle truffe contestate hanno retto, è stata riconosciuta l’esistenza del 640 bis, in alcuni casi aggravata. Sicuramente questo è un aspetto importante”. Ma “è un dispositivo talmente complesso che va letto attentamente”. Un dispositivo lungo 17 pagine.
Fonte: Adnkronos
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Maxiprocesso alla mafia dei Nebrodi: condanne a sei secoli di carcere
Pene durissime, dopo sette giorni di camera di consiglio, per un dibattimento con 101 imputati
Si è concluso con la condanna complessivamente a 6 secoli di carcere il processo alla mafia dei Nebrodi celebrato davanti al tribunale di Patti (Me).
Pene durissime, dopo sette giorni di camera di consiglio, per un dibattimento con 101 imputati, celebrato in tempi record e che ha visto impegnati 4 pm della Dda di Messina: l’aggiunto Vito Di Giorgio, i magistrati Fabrizio Monaco, Antonio Carchietti e Alessandro Lo Gerfo. Il processo nasce dall’operazione denominata “Nebrodi” che, oltre a ricostruire l’organigramma dei clan messinesi, ha scoperto una truffa milionaria, commessa dalle cosche, ai danni dell’Ue.
Fonte: Rainews/Tgr Sicilia
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Si è chiuso con condanne complessive a seicento anni di carcere il maxi processo alla mafia dei pascoli nel Parco dei Nebrodi. Appena dieci gli assolti su oltre cento imputati. Svelata una truffa milionaria delle cosche sui fondi europei pic.twitter.com/yam0NmJtlU
— Tg3 (@Tg3web) November 1, 2022
#Maxiprocesso contro le #agromafie in provincia di Messina: condanne per oltre 600 anni di reclusione. In carcere boss e familiari, ma anche commercialisti e professionisti collusi. Denunce dall’ex presidente del parco dei Nebrodi. L’inviata del #GR1 a #Patti @lafrogh pic.twitter.com/cdLI2nAtAi
— Rai Radio1 (@Radio1Rai) November 1, 2022
«È un momento importante»: così l’ex presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe #Antoci ha definito la sentenza del tribunale di Patti contro la #MAFIA che lucrava sui #contributieuropei all’agricolturahttps://t.co/pvAeajbkAO
— Gds.it (@GDS_it) November 1, 2022
Volevano ammazzarlo come un cane, hanno tentato di delegittimarlo, infangarlo, insomma distruggerne l’immagine. Poi è arrivata la Giustizia: 600 anni di carcere per 91 imputati, colpiti grazie al Protocollo (a lui intitolato) #Antoci. Di @PaoloBorrometi https://t.co/nFplL0broO
— articolo21.info (@Artventuno) November 2, 2022
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