La riforma Cartabia e la modifica del regime di procedibilità
Nel presente contributo si esaminerà il contenuto della recente novella normativa di cui al d.lgs. 150/22, c.d. “Riforma Cartabia”, con peculiare riferimento alle modifiche apportate al regime della procedibilità a querela di cui agli artt. 1, 2, 3 e 85 del decreto ed alle principali questioni interpretative e di diritto intertemporale conseguenti.
Premessa
Il 17 ottobre è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo n. 150/22 di attuazione della legge n. 134/21 di delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari.
A fronte del nobile – e consueto – dichiarato intento del Legislatore, gli operatori del diritto, oggi, si trovano di fronte ad una congerie di disposizioni idonee ad incidere profondamente sulle concrete prassi degli uffici giudiziari, introducendo meccanismi talvolta complessi e che non sembrano prima facie ricollegabili al suindicato intento.
Meccanismi che sottendono un’idea della Giurisdizione, specie quella esercitata dal Pubblico Ministero, centralizzata e, pertanto, con evidenti tensioni con i principi costituzionali. Si pensi, ad esempio, al testo del nuovo art. 415 ter c.p.p. con i correlati obblighi di deposito ed informazione alle parti e con il coinvolgimento del Procuratore Generale che può, con decreto motivato, autorizzare deroghe. Tale previsione comporterà, da un lato, un aumento esponenziale delle attività di notifica e di segreteria (ove la norma risulterà concretamente attuabile) e, d’altro lato, un ampliamento senza precedenti delle attribuzioni del Procuratore Generale, concretamente idoneo ad incidere sull’esercizio dell’attività dei singoli circondari.
Ancora, nel reticolato di istituti introdotti con la riforma se ne ravvisano taluni che, più che mirare all’efficienza del sistema processuale penale, sembrano sintomatici di una logica di sospetto sull’operato del Pubblico Ministero. Si pensi, ad esempio, all’introduzione di un nuovo rimedio per ottenere la declaratoria di nullità dei decreti di perquisizione con esito negativo (l’opposizione di cui all’art. 252 bis c.p.p.), ovvero la facoltà delle parti di richiedere al Giudice la retrodatazione delle iscrizioni nel registro delle notizie di reato da parte del Pubblico Ministero (Art. 335 quater c.p.p.) con individuazione di un criterio confinario (ritardo inequivocabile e non giustificato) la cui applicazione pratica presenterà indubbi profili di incertezza.
Nel presente contributo si tenterà di analizzare, con una rapida carrellata delle principali questioni interpretative che dovranno essere affrontate, la modifica del regime di procedibilità per talune fattispecie delittuose e contravvenzionali.
Ad una lettura complessiva ed aldilà di alcune osservazioni che verranno svolte sull’apparente disomogeneità delle norme interessate dalla riforma, traspare l’intento del legislatore di ridurre l’area dell’intervento penale, in assenza di querela di parte, in relazione a quelle fattispecie prive di una dimensione sovra individuale dell’offesa ed ove, a fronte di cornici edittali relativamente contenute, vengono in gioco beni giuridici individuali, quali per l’appunto il patrimonio e l’incolumità individuale e non vi sono condizioni di vulnerabilità del titolare del bene giuridico leso che ne minano la capacità di autodeterminarsi.
Come si legge nella relazione illustrativa questa scelta è stata adottata in quanto: “Si è ritenuto opportuno, in linea con gli obiettivi di efficienza del processo e del sistema penale, fissati dalla legge delega, estendere in modo significativo il regime di procedibilità a querela, in particolare per reati che si presentano con una certa frequenza nella prassi e che si prestano a condotte risarcitorie e riparatorie. Una delle linee di fondo della l. n. 134/2021 è infatti quella di incentivare tali condotte in vista della estinzione del reato prima della celebrazione del processo, a beneficio dell’imputato, della vittima e del sistema giudiziario. Estendere la procedibilità a querela a reati contro la persona e contro il patrimonio, di frequente contestazione, come ad esempio nel caso delle lesioni personali e del furto, rappresenta un forte incentivo alla riparazione dell’offesa nonché alla definizione anticipata del procedimento penale attraverso la remissione della querela o l’attivazione della causa estintiva di cui all’art. 162 ter c.p. (disposizione ad oggi scarsamente applicata, specie in sede dibattimentale, come si legge nella Relazione del Primo Presidente della Cassazione in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021 – ivi, pag. 61)” [1].
Modifiche normative
Le disposizioni del decreto legislativo 150 che interessano il profilo della procedibilità a querela di parte sono gli artt. 1, 2, 3 ed 85.
Ed in particolare, l’art. 1, positivizzando alcuni arresti della giurisprudenza maggioritaria [2], riscrive l’art. 152 c.p., con peculiare riferimento alle ipotesi di remissione tacita della querela (“Vi è altresì remissione tacita quando il querelante, senza giustificato motivo, non compare all’udienza alla quale è stato citato in qualità di testimone. Vi è inoltre remissione tacita quando il querelante ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo. Nondimeno, quando l’esito riparativo comporta l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la querela si intende rimessa solo quando gli impegni sono stati rispettati...”).
Gli artt. 2 e 3 disciplinano le ipotesi di estensione della procedibilità a querela di parte per taluni delitti e contravvenzioni mentre l’art. 85 detta una serie di disposizioni definite “transitorie” in materia di modifica del regime di procedibilità ma che in realtà mirano, esclusivamente, a disciplinare i termini concessi alle parti per integrare le dichiarazioni già rese, con un’eventuale richiesta di punizione in ordine a fattispecie che hanno visto mutare il loro regime di procedibilità.
In particolare, secondo quanto previsto dall’art. 2 divengono procedibili a querela di parte i delitti di: lesioni (582 c.p.), salva la ricorrenza delle aggravanti di cui all’art. 61 n. 11 octies, 583, 585 c.p. ad eccezione di quelle indicate nel primo comma, numero 1), e nel secondo comma dell’articolo 577 c.p., ovvero se il fatto ha comportato una malattia superiore a 20 giorni in danno di persona incapace per età o infermità; lesioni stradali (art. 590 bis comma 1 c.p.), ad eccezione delle ipotesi aggravate di cui ai commi successivi al primo; sequestro di persona nell’ipotesi base (art. 605 comma 1 c.p.) salvo che il fatto sia commesso in danno di persona incapace per infermità o età; violenza privata (art. 610 c.p.), salvo che il fatto sia commesso in danno di persona incapace per infermità o età, ovvero ricorrano le ipotesi aggravate di cui all’art. 339 c.p.; minacce (art. 612 c.p.), salvo che fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, ovvero se grave e ricorrono circostanze aggravanti ad effetto speciale diverse dalla recidiva, ovvero se la persona offesa è incapace, per età o per infermità; violazione di domicilio (art. 614 c.p.) salvo che il fatto è commesso con violenza alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato o se il fatto è commesso con violenza sulle cose nei confronti di persona incapace, per età o per infermità; furto anche aggravato (art. 624 c.p.), salvo che la persona offesa sia incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all’articolo 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7bis); danneggiamento (art. 635 comma 1 c.p.) per le sole ipotesi di cui al primo comma, salvo che il fatto sia commesso in occasione del delitto previsto dall’articolo 331 ovvero se la persona offesa è incapace, per età o per infermità; truffa (art. 640 c.p.), salvo che ricorra un’ipotesi aggravata di cui al secondo comma, con abolizione del riferimento all’aggravante di cui all’art. 61 primo comma n. 7) c.p.; frode informatica (art. 640 ter c.p.) salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o la circostanza prevista dall’articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all’aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all’età. Infine, viene rivisto l’art. 649 bis c.p. che, con l’attuale formulazione, prevede che per i fatti perseguibili a querela preveduti dagli articoli 640, terzo comma, 640-ter, quarto comma, e per i fatti di cui all’articolo 646, secondo comma, o aggravati dalle circostanze di cui all’articolo 61, primo comma, numero 11, si procede d’ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale, diverse dalla recidiva [3], ovvero se la persona offesa è incapace per età o per infermità o se il danno arrecato alla persona offesa è di rilevante gravità.
Ancora, l’art. 3 prevede la procedibilità a querela per le seguenti contravvenzioni: disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 comma 1 c.p.), ad eccezione delle ipotesi in cui il fatto abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, ovvero sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità; molestie (art. 660 c.p.), salvo che il fatto sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità.
Come anticipato, si ravvisano talune distonie nella sopra elencata lista di reati; a titolo esemplificativo, rimane procedibile d’ufficio l’ipotesi di danneggiamento aggravato dall’aver posto in essere il fatto su cose esposte alla pubblica fede (ipotesi di frequente applicazione pratica), allorquando la medesima aggravante è stata esclusa da quelle idonee a rendere procedibile d’ufficio il reato di furto; ancora, desta qualche perplessità, per la gravità delle vicende concrete che vengono all’attenzione, l’aver previsto la procedibilità a querela di parte per il reato di sequestro di persona quanto meno in relazione all’ipotesi base.
Ciò non di meno, la norma che desta maggiori dubbi interpretativi anche a mente i significativi ed immediati riflessi pratici è quella di cui all’art. 85, norma definita transitoria. Invero la disposizione non introduce un termine intertemporale di entrata in vigore della nuova previsione correlato, ad esempio, all’epoca del fatto (con prevalenza della natura sostanziale) ovvero al momento dell’iscrizione del procedimento (facendo prevalere la natura processuale della condizioni di procedibilità), bensì precisa esclusivamente che, per i reati perseguibili a querela commessi prima della data di entrata in vigore del decreto (2 novembre 2022), ma per i quali non sia ancora stata presentata denuncia, il termine per la presentazione della decorre dalla predetta data se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato. Al comma 2 si precisa inoltre che, se alla data di entrata in vigore del presente decreto è stata già esercitata l’azione penale, il Giudice informa la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorre dal giorno in cui la persona offesa è stata informata. Adempimenti cui provvede il Pubblico Ministero se l’azione penale non è ancora stata esercitata.
Natura giuridica della condizione di procedibilità e profili di diritto intertemporale. Preclusione del giudicato
Accertato l’iter procedimentale funzionale a raccogliere un’eventuale dichiarazione di punizione della persona offesa, ed in assenza di una specifica previsione normativa transitoria, si rende necessaria una celere riflessione sui profili di diritto intertemporale.
A tal proposito, in via interpretativa, sovvengono i principi di ordine generale.
In particolare, preliminarmente bisognerà valutare se attribuire alla condizione di procedibilità natura sostanziale (con applicazione delle regole di cui all’art. 2 c.p.), ovvero processuale (con applicazione del principio del tempus regit actum).
La questione è stata anche di recente affrontata dalla Suprema Corte, chiamata a decidere in tema di modifica della procedibilità del reato di appropriazione indebita; in parte motiva i giudici di legittimità hanno ribadito come l’istituto della procedibilità a querela abbia natura mista, sostanziale e processuale [4] e che “il principio dell’ applicazione della norma più favorevole al reo opera non soltanto al fine di individuare la norma di diritto sostanziale applicabile al caso concreto, ma anche in ordine al regime della procedibilità che inerisce alla fattispecie dato che è inscindibilmente legata al fatto come qualificato dal diritto (Sez. 3, n. 2733 del 08/07/1997, Rv. 209188).
Pertanto, accertata la natura mista sostanziale-processuale della condizione di procedibilità, ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile in concreto, dovrà farsi riferimento ai principi di cui all’art. 2 c.p. [5]. Ne consegue, per i reati la cui procedibilità si è “attenuata” richiedendo la querela di parte, l’applicazione della lex mitior, ai sensi dell’art. 2 comma 4 c.p.
La legge più favorevole imporrà dunque che, anche per i fatti commessi anteriormente l’entrata in vigore della norma, ai fini della procedibilità, sarà necessaria la presenza di una querela validamente espressa, seppur a distanza di tempo dal fatto con le modalità individuate dall’art. 85 d.lgs 150/22.
Ancora, all’attribuzione della natura mista sostanziale-processuale della condizione di procedibilità seguirà l’altrettanto pacifica conseguenza per cui la modifica del regime per talune fattispecie non esplicherà effetti nei procedimenti per i quali è stata pronunciata sentenza irrevocabile, così come previsto dal comma 4 dell’art. 2 c.p. e come, peraltro, chiarito anche da recenti arresti della Suprema Corte nuovamente intervenuta nuovamente sui profili di diritto intertemporale per la procedibilità della fattispecie di appropriazione indebita [6]. In questo caso, infatti, troveranno applicazione le regole stabilite dall’art. 2 c.p., con relativo sbarramento del giudicato.
Non è infatti possibile assimilare il caso di specie né ad un’ipotesi di abolitio criminis con sequenziale applicazione del disposto di cui all’art. 673 c.p.p. [7], non trattandosi di una modifica idonea ad incidere su un elemento costitutivo della fattispecie, né ad una pronuncia di incostituzionalità potenzialmente idonea a travolgere gli effetti anche delle sentenze divenute irrevocabili ed in astratto anche se più favorevoli.
Conseguenze in tema di procedimenti pendenti e misure cautelari e precautelari
Ciò detto in punto di diritto intertemporale, ci si soffermerà su una delle questioni potenzialmente di maggior rilievo pratico, ovvero quella relativa alla sorte delle misure cautelari disposte per reati già procedibili d’ufficio e nei quali la persona offesa, per quanto occorrer poteva, non aveva mai espresso una volontà di punizione, reati che, a seguito della novella, sono divenuti procedibili a querela di parte (l’ipotesi non pare peregrina essendo sufficiente pensare alle ipotesi di sequestro di persona cui all’art. 605 comma 1 c.p. ovvero alle ben più frequenti ipotesi di furto aggravato di cui agli artt. 624 – 625 c.p. salvo che la persona offesa sia incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all’articolo 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7bis).
Il dubbio interpretativo potrebbe riguardare l’efficacia della misura – presupposta l’esigenza di acquisire l’eventuale dichiarazione di procedibilità la cui successiva carenza renderebbe il reato improcedibile e la misura non applicabile – nel periodo intercorrente tra il prossimo 2 novembre e i tre mesi dall’informazione alla persona offesa.
Si ritiene che in questo “limbo di procedibilità” la misura perda efficacia e vada revocata.
Con l’entrata in vigore della riforma, infatti, viene meno uno dei requisiti di applicabilità della stessa, ovvero quello della sussistenza di tutti gli elementi del fatto tipico della fattispecie per cui si procede o meglio, aderendo ad una nozione più ampia, la sussistenza di tutti i presupposti materiali della punibilità del reato.
Diversamente opinando, ed in assenza di norme di sistema che consentono un’interpretazione diversa, risulterebbe applicata una misura cautelare per una fattispecie di reato in senso ampio non integrata.
Peraltro, a livello sistematico, si incontra una previsione affine a detta soluzione nell’ultima parte del comma 3 dell’art. 380 c.p.p. norma che prevede l’immediata liberazione dell’arrestato se l’avente diritto dichiara di rimettere la querela. In questo caso, un evento sopravvenuto di natura negativa per volontà della persona offesa (remissione di querela) mentre, relativamente alla novella che qui si commenta, un requisito positivo richiesto (querela), prima non previsto. In entrambe le ipotesi, dunque, una carenza della condizione di procedibilità della querela (sopravvenuta o introdotta) che non può che rendere inefficace qualsivoglia limitazione della libertà personale, anche solo in via provvisoria ed in attesa di comprendere quale sia la volontà del titolare del bene giuridico leso.
Nelle more, il Pubblico Ministero (o il Giudice se è già stata esercitata l’azione penale come, di frequente, potrà accadere per i riti direttissimi a seguito di arresto in flagranza per il reato di furto aggravato) richiederà alla persona offesa se intende – o meno – procedere nei confronti dell’indagato/imputato e, all’esito, il Pubblico Ministero si dovrà determinare nel richiedere una nuova misura cautelare.
Ancora, nella prassi quotidiana, dovrà essere prestata peculiare attenzione alla disciplina delle misure precautelari. Invero, il sistema già conosce la previsione di cui all’art. 380 terzo comma c.p.p. che consente, in caso di arresto in flagranza per reati procedibili a querela di parte, che la stessa possa essere resa oralmente all’ufficiale o all’agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Evidentemente, anche alla luce della casistica cui tener conto (si pensi, nuovamente, ai frequenti arresti per furto aggravato oggi procedibile a querela di parte), dovrà essere richiesto alla Polizia Giudiziaria l’ulteriore sforzo di acquisire, in tempo utile per la ristretta tempistica della convalida, una dichiarazione di querela validamente sporta da soggetto legittimato, eventualmente anche per conto della persona offesa persona giuridica.
Conclusioni
La novella normativa, nell’estendere le ipotesi di procedibilità a querela di parte a fattispecie ove sono chiamati in gioco beni giuridici privi di rilievo sovra individuale e la persona offesa risulta in grado di autodeterminarsi sulle proprie istanze punitive, persegue evidentemente una finalità deflattiva e di maggior efficienza della giustizia cui il complesso intervento del legislatore dichiara di ispirarsi. Ed in prospettiva ci si auspica possa raggiungere tale effetto potendo immaginare, nella prassi quotidiana, una concreta riduzione dei procedimenti per cui verrà esercitata l’azione penale.
Ciò non di meno, nel breve termine, la previsione di cui al menzionato art. 85 e la contestuale assenza di una disciplina di diritto transitorio ed intertemporale di dettaglio creerà notevoli disfunzioni nell’organizzazione tanto degli uffici giudiziari (indifferentemente giudicanti o requirenti in base alla fase processuale) che saranno chiamati a svolgere l’ulteriore adempimento di informare la persona offesa affinché possa reclamare – ove voglia – la sua istanza di punizione (pur a mente il disposto di cui all’art. 33 disp.att. c.p.p. che consente la più agile notifica al difensore) che in quelli delle forze dell’ordine territoriali che, nei tre mesi successivi alla data in vigore della riforma, saranno con buona verosimiglianza onerati di numerosissime deleghe in tal senso, con dispendio temporale e di risorse. Prospetticamente, andranno impartite specifiche direttive alla Polizia Giudiziaria al fine di aggiornare gli elenchi dei reati che richiedono, ai fini della procedibilità, la querela di parte, così da includere le nuove previsioni delittuose e contravvenzionali richiamate dalla riforma.
Desta doverosa attenzione, inoltre, il tema sopra esplorato delle misure cautelari che, in assenza di una dichiarazione di querela validamente espressa, sono destinate ad essere caducate dal prossimo 2 novembre. Sarebbe opportuno, pertanto, che nel breve arco temporale che residua sino a tale data, gli Uffici svolgano ricognizioni funzionali ad individuare le vicende processuali interessate, delegando in via prioritaria la Polizia Giudiziaria per acquisire l’eventuale condizione di procedibilità, eventualmente anche prima del prossimo 2 novembre, così da evitare la perdita di efficacia della misura in essere che, in quel caso, previa acquisizione della relativa dichiarazione di procedibilità, dovrà essere oggetto di nuova richiesta.
Note
[1] Relazione illustrativa al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 in https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2022/10/19/22A06018/sg
[2] Fra tutte Sez. U, Sentenza n. 31668 del 23/06/2016 Ud. (dep. 21/07/2016) Rv. 267239 in base al quale:, “Integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale (nella specie davanti al Giudice di pace) del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela.”.
[3] A tal proposito superando l’orientamento giurisprudenziale consolidato in forza del quale: “Il riferimento alle circostanze aggravanti ad effetto speciale contenuto nell’art. 649-bis cod. pen., ai fini della procedibilità d’ufficio per i delitti menzionati nella stessa disposizione, comprende anche la recidiva qualificata – aggravata, pluriaggravata e reiterata – di cui all’art. 99, secondo, terzo e quarto comma, cod. pen. (In motivazione, la Corte ha precisato che la valutazione di equivalenza o di subvalenza della recidiva qualificata rispetto alle circostanze attenuanti, nell’ambito del giudizio di bilanciamento previsto dall’art. 69 cod. pen., non ne elide la sussistenza né gli effetti prodotti ai fini del regime di procedibilità, sicché non rende il reato perseguibile a querela di parte, ove questa sia prevista per l’ipotesi non circostanziata). (Vedi Sez. U, n. 3152 del 31/01/1987, Paolini, Rv. 175354; Sez. U, n. 17 del 18/06/1991, Grassi, Rv. 187856).” cfr. Sez. U -, Sentenza n. 3585 del 24/09/2020 Ud. (dep. 29/01/2021) Rv. 280262”.
[4] Si pensa, per esempio, a Sez. 2 -, Sentenza n. 21700 del 17/04/2019 Ud. (dep. 17/05/2019) Rv. 276651: in base al quale. “A seguito della modifica del regime di procedibilità per i delitti di cui agli artt. 640 e 646 cod. pen., introdotta dal d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, nei procedimenti in corso per il delitto di appropriazione indebita aggravata ex art. 61, n. 11 cod. pen., l’intervenuta remissione della querela comporta l’obbligo di dichiarare la non procedibilità ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., ove non ricorrano altre circostanze aggravanti ad effetto speciale. (In motivazione la Corte ha richiamato la natura mista, sostanziale e processuale, della procedibilità a querela, da cui discende la necessità di applicare la sopravvenuta disciplina più favorevole nei procedimenti pendenti).”. Pronuncia che richiama un orientamento di cui ad un risalente precedente del ’70 che, invero, aveva statuito in maniera chiarissima sulla natura mista, con sequenziali riflessi in punto di diritto intertemporale: “La querela, quale atto di volontà del dichiarante, diretto, nei reati perseguibili a richiesta di parte, all’instaurazione del processo e alla persecuzione del reo, ha natura mista, sostanziale e processuale, in quanto e a un tempo condizione di punibilità e di procedibilità.”* cfr. Sez. 3, Sentenza n. 1359 del 24/11/1970 Ud. (dep. 08/04/1971) Rv. 117553.
[5] Ancora, in parte motiva della citata pronuncia n. 21700/19, si legge: “Nella successione delle leggi, pertanto, in considerazione della natura mista (sostanziale e processuale) dell’istituto della querela, deve applicarsi il disposto dell’art. 2 comma cod. pen., secondo il quale “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo”. 3.1. Più recentemente la corte di Cassazione (Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018 – dep. 07/09/2018, Salatino, Rv. 27355201) ha avuto modo di precisare, in linea con tale orientamento, come «la giurisprudenza, piuttosto, non dissimilmente, in questo, dalla dottrina, ha accreditato la querela come istituto da assimilare a quelli che entrano a comporre il quadro per la determinazione dell’an e del quomodo di applicazione del precetto, ai sensi dell’art. 2, quarto comma, cod. pen. (v., in tema di procedibilità d’ufficio per i reati di violenza sessuale, Sez. 5, n. 44390 del 08/06/2015, R., Rv. 265999 e Sez. 3, n. 2733 del 08/07/1997, Frualdo, Rv. 209188; in tema di procedibilità a querela introdotta per il reato di cui all’art. 642 cod. pen., Sez. 2, n. 40399 del 24/09/2008, Calabrò, Rv. 241862), giungendo per via interpretativa, quando non vi ha provveduto il legislatore con una specifica norma transitoria, alla conclusione della applicazione retroattiva dei soli mutamenti favorevoli (sostituzione del regime della procedibilità di ufficio con quello della procedibilità a querela), senza che possa valere la regola della cedevolezza del giudicato.”
[6] Sul punto, la Corte di Cassazione, ancora sul tema della recente modifica del regime di procedibilità del reato di appropriazione indebita, ha precisato che: “In tema di revisione, la sopravvenuta procedibilità a querela del reato di appropriazione indebita per effetto del d.lgs. 15 maggio 2018, n. 36 non costituisce prova nuova ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. nel caso in cui la modifica normativa sia intervenuta successivamente al passaggio in giudicato della sentenza della quale si chiede la revisione. (In motivazione la Corte ha evidenziato che, in ragione della natura mista – sostanziale e processuale – dell’istituto della querela, la sopravvenuta disciplina più favorevole deve essere applicata nei procedimenti pendenti, salva l’insuperabile preclusione costituita dalla pronuncia di sentenza irrevocabile, ai sensi dell’art. 2, comma quarto, cod. pen).” – cfr. Sez. 2 -, Sentenza n. 14987 del 09/01/2020 Cc. (dep. 13/05/2020) Rv. 279197.
[7] Chiarissima sul punto Sez. 1, Sentenza n. 1628 del 03/12/2019 Cc. (dep. 16/01/2020) Rv. 277925, in forza del quale: “Non costituisce causa di revoca della sentenza di condanna ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen. una modifica legislativa per effetto della quale un reato procedibile d’ufficio divenga procedibile a querela, in caso di mancata proposizione di questa, atteso che il regime di procedibilità non è elemento costitutivo della fattispecie e conseguentemente la sopravvenuta previsione della procedibilità a querela è inidonea a determinare un fenomeno di “abolitio criminis”. (Fattispecie relativa al delitto di appropriazione indebita aggravato art. 61, comma primo, n. 11, cod. pen., divenuto procedibile a querela a seguito del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36).”
* Magistrato dal 2010, ha svolto, ininterrottamente, le funzioni presso uffici requirenti, a Parma, prima e, dal 2017, a Modena, occupandosi, in via prevalente, di reati societari, fallimentari e di indagini in materia di pubblica amministrazione.
Fonte: Giustizia Insieme
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