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Nordio è l’evoluzione di Mancuso, Biondi e B.

Gian Carlo Caselli il . Criminalità, Diritti, Giustizia, Istituzioni, Mafie, Politica, SIcurezza, Società

Marco Travaglio, domenica 23 ottobre, ha scritto un editoriale dedicato al neo Guardasigilli Carlo Nordio, intitolato “Il  PM che odia i PM”.

Siamo all’evoluzione della specie, nel senso che dalla diffidenza e dal rancore di Alfredo Biondi (“studia, figlio mio, o diventerai PM…”) e di Filippo Mancuso (ispezioni seriali di puro disturbo contro i  PM di Milano e Palermo ai tempi di Tangentopoli e Mafiopoli) si è passati all’odio di Nordio per le ragioni ben argomentate da Travaglio.

Potrebbe darsi allora che il colloquio, del tutto irrituale, tra Silvio Berlusconi e Nordio prima della nomina di questi sia stato deciso per confrontare i rispettivi livelli di odio verso i PM: posto che la storia del Cavaliere è un’antologia di invettive pesantissime tipo (cogliendo fior da fiore) “omuncoli bisognosi di una perizia psichiatrica, antropologicamente diversi dalla razza umana, malati di mente, faziosi…” e via insultando.

Come potrebbe darsi che il primo ministro Giorgia Meloni non abbia colto una buona occasione per cambiare la denominazione di un altro dicastero, chiamando quello di via Arenula “ministero della giustizia e delle bonifiche” alla luce di quelle che sembrano essere le linee programmatiche di Nordio, in particolare sul versante della separazione delle carriere tra PM e giudici.

Senonché Nordio ha una grande opportunità per dimostrare che le male lingue come la mia sbagliano, dando nel contempo prova di una rigorosa coerenza. Mi spiego.

La separazione delle carriere fra PM e giudici, che di fatto già esiste, dovrebbe essere “perfezionata”, prevedendo due concorsi separati e due diversi CSM.

Quali le ragioni a sostegno di tale separazione?

Tre soprattutto: l’esigenza, in un processo accusatorio, di una effettiva parità tra accusa e difesa; l’opportunità di salvaguardare la «diversa forma mentis» che deve caratterizzare gli uni e gli altri; la necessità di rompere la colleganza (determinata dalla omogeneità di status) tra giudicanti e requirenti. Sono ragioni che la vulgata coerente riassume nel fatto (ma non mi dica, signora mia!) che Pm e giudici… prendono il caffè insieme.

Ma sono, a ben guardare, ragioni poco convincenti. L’attribuzione al PM di un ruolo di «parte» si riferisce solo – né potrebbe essere altrimenti – alla dinamica processuale (formazione della prova, dibattimento, eccetera) e non a una inesistente omogeneità istituzionale tra PM e difesa.

Si dice poi che un giudice non controllerebbe con sufficiente rigore l’operato di un PM che è suo collega, mentre uno status diverso e separato lo libererebbe dai condizionamenti dell’accusa e arginerebbe abusi e strapotere di quest’ultima.

Affermazione tanto suggestiva quanto infondata: se nel processo fosse necessaria una eterogeneità di estrazione e appartenenza tra controllori e controllati, ad essere separate dovrebbero essere piuttosto le carriere dei Gip, dei giudici di primo grado, dei giudici di appello e quelle dei giudici di cassazione. Per cui i concorsi dovrebbero essere quattro e quattro i CSM (oltre  ovviamente a quelli per i PM).

Nessuno – giustamente – lo ha mai proposto, ma per  coerenza con la sua opzione di partenza, che corrisponde  al  cavallo di battaglia  (od ossessione ) di moltissimi avvocati, Nordio dovrebbe farlo.

Prenderebbe due piccioni con una fava. Da un lato, infatti, dimostrerebbe che il suo non è odio verso i Pm ma “sensibilità” istituzionale che coinvolge tutti i  magistrati. Nello stesso tempo darebbe prova – ripeto – di rigorosa coerenza applicando fino in fondo il principio che tanto gli sta a cuore.

E magari, a fronte di cotanta mirabolante rivoluzione, qualcuno potrebbe persino dimenticare un fatto inconfutabile che è il vero nocciolo del problema.

E cioè che ovunque esiste una qualche forma di separazione PM-giudici, il PM in un modo o nell’altro è soggetto – invece che soltanto alla legge – alle direttive del potere esecutivo del momento.

In questo modo i processi su uomini politici, che so, per corruzione o collusione con la mafia, subirebbero una drastica riduzione. E qualcuno potrebbe persino sostenere che è scomparsa anzi debellata ogni forma di mala politica….

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 27/10/2022

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