Magistratura Democratica e le sue vicende
Intervista di Valeria Fazio a Vittorio Borraccetti – Corso “Storia della magistratura e dell’associazionismo” (Scandicci, 3-5 ottobre 2022)
La nascita di MD: 1964
Riassumo con qualche inevitabile schematismo lo “stato delle cose”, al momento in cui la corrente è stata fondata: il panorama normativo è caratterizzato dalla permanenza dei codici, dell’ordinamento di pubblica sicurezza e dell’ordinamento penitenziario approvati durante il regime fascista; la tardiva istituzione della Corte Costituzionale (1956) ha comportato che, per lunghi anni, il controllo di costituzionalità delle leggi fosse affidato alla Corte di Cassazione, quella Corte che con una decisione a Sezioni Unite del 1948 si era affrettata a sancire la differenziazione tra norme costituzionali immediatamente precettive e norme costituzionali programmatiche: un evidente depotenziamento della capacità innovativa della Carta Costituzionale; il CSM viene tardivamente costituito nel 1959, con una legge che affida al Ministro della Giustizia l’iniziativa per le deliberazioni ed il cui sistema elettorale (per categorie) rende preminente la presenza dell’alta magistratura, così confermando la struttura rigidamente gerarchica dell’ordine giudiziario; tale assetto gerarchico ha il suo fondamento in una carriera (anche retributiva) che procede tramite concorsi (essenzialmente per titoli, cioè con valutazione dei provvedimenti giudiziari) gestiti dai ‘cassazionisti’: in sostanza, una carriera per cooptazione, che favorisce il conformismo della giurisprudenza.
Frattanto, la società italiana cambia: lo sviluppo economico è accompagnato ancora dall’emigrazione all’estero e, per la prima volta, da un massiccio spostamento di lavoratori dal sud al nord del paese: diseguaglianze, sradicamento, profondi disagi, discriminazioni -anche per orientamento politico- nelle città industriali e nelle fabbriche; dopo il silenzio della dittatura, per la prima volta sindacati e partiti politici che rappresentano i lavoratori danno voce al disagio delle classi più deboli.
Tu entri in magistratura nel 1967: hai vissuto questo contesto, questo assetto e questo clima anche all’interno della magistratura: quali sono state le urgenze che hanno fatto nascere M.D., quale il progetto di magistratura che la corrente proponeva?
E più in dettaglio: in una relazione che abbiamo ascoltato è stato ricordato che dal Congresso dell’ANM di Gardone del 1965 emerge una forte ed unitaria rivendicazione dell’indipendenza della magistratura rispetto al potere esecutivo: sul punto quale ulteriore specificità immette M.D. nell’associazionismo e quali istanze propone sul piano dell’ordinamento giudiziario, nel rivendicare la necessità di una indipendenza anche interna dei magistrati?
Come hai ricordato, il contesto istituzionale è contrassegnato dal permanere di una legislazione ordinaria ancora molto segnata dai caratteri del regime fascista, anche per quanto riguarda l’assetto interno della magistratura.
Dal punto di vista politico sociale, è si comincia a diffondere con forza una contestazione di segno libertario ad una società segnata dall’autoritarismo. In questa situazione, accanto alla rivendicazione dell’indipendenza rispetto all’esterno, in particolare al potere esecutivo, cha accomuna tutta l’Anm, M.D. pone l’accento anche sulla necessità di una indipendenza interna all’ordine giudiziario e quindi sulla necessità di superarne l’assetto gerarchico.
Tra i magistrati più giovani, ma non solo, si prende coscienza del nesso che lega il principio costituzionale dell’indipendenza della magistratura con i principi costituzionali in materia di libertà, diritti civili, politici, sociali. Si delinea l’idea del magistrato non come mero tutore dell’ordine costituito, ma come garante delle libertà e dei diritti. Questo corrisponde anche alle istanze sociali e politiche progressiste di quel momento. E porta alla consapevolezza della c.d. politicità della giurisdizione, nel senso della inevitabile valenza politica dell’intervento del Giudice. Politica nel senso della sua rilevanza nella vita della collettività e nel suo inevitabile, spesso implicito, riferirsi ad una visione valoriale specifica.
Alla tutela dei diritti e delle libertà serve un magistrato indipendente non solo verso l’esterno ma anche all’interno del proprio ordine. Da qui la spinta al superamento della carriera e ad una disciplina organizzativa degli uffici non gerarchica, con limitazione ai poteri dei dirigenti.
La scissione del 1969
Nel 1969 interviene una scissione interna ad M.D.; l’occasione è il c.d. “caso Tolin”, cioè l’approvazione da parte del gruppo di un documento di critica ad alcune iniziative giudiziarie (arresto e giudizio direttissimo a carico di un direttore di giornale per reati di opinione); questa iniziativa evidenzia un dato che diventerà un tratto distintivo di M.D.: la critica dei provvedimenti giudiziari ad opera di magistrati; si parlò, al proposito, di ‘indebita interferenza’; è stata importante, questa attitudine, e cosa ha significato?
E più in generale, in questa fase storica in cui emerge un profondo disagio sociale, accompagnato da imponenti manifestazioni, la scissione dà vita (o dà evidenza) ad un nuovo atteggiarsi della corrente a fronte dei mutamenti sociali in corso?
Nel 1969 in un momento di forte conflittualità politica e sociale M.D. vive una crisi, che porta alla separazione di una parte dei componenti, proprio sul punto della difesa di una delle libertà fondamentali, quella di manifestazione del pensiero e di stampa, perché non esita, nella difesa di tale principio, a criticare un provvedimento giudiziario: rompendo così l’atteggiamento conformista, quello per cui i magistrati non devono criticare i provvedimenti dei colleghi. La rivendicazione della liceità della critica implica la rottura della solidarietà corporativa: di fronte alle critiche i magistrati non vanno difesi sempre e a priori. Qui si sviluppa la peculiarità di MD rispetto agli altri gruppi associativi e anche rispetto alla sua prima origine, nel non subordinare alla difesa della corporazione, ma anche alla stessa difesa dell’istituzione, la critica a provvedimenti che pregiudicano i diritti e le libertà fondamentali.
Da questo momento M.D. si caratterizza per l’ apertura verso l’esterno: siamo negli anni delle manifestazioni di protesta che portano nelle piazze miglia di persone. La corrente interviene sui temi del conflitto sociale in atto, rivendicando la necessità che la repressione di eventuali atti di violenza non degeneri nella repressione del dissenso politico e delle sue forme di manifestazione.
Tutto questo non avviene in modo lineare, ma è accompagnato da una dialettica, interna al gruppo, tra una posizione che vuole guardare soprattutto all’esterno, privilegiando il rapporto con il vasto movimento che si batte per una trasformazione egualitaria della società, e un altro orientamento che, senza perdere di vista quel collegamento, privilegia l’attenzione al funzionamento dell’istituzione, alla sua organizzazione, di cui coglie la non neutralità, alla qualità professionale dei magistrati, al rapporto con gli altri operatori della giustizia, in particolare con gli avvocati. La sintesi è che Magistratura Democratica si impegna fortemente nella giurisdizione, ma guarda comunque all’esterno. In una visione della giustizia all’interno della concezione costituzionale della Repubblica e alla sua prospettiva di ampliamento progressivo dei diritti e delle libertà.
Da qui il richiamo insistito al principio di uguaglianza sancito nell’art. 3 della Costituzione. E la convinzione che l’indicazione emancipatoria del secondo comma riguardi anche la giurisdizione. Questa impostazione porta M.D. ad a intervenire nel dibattito culturale e politico sulla funzione del diritto e sulla legislazione da superare e da riformare, ad essere particolarmente sensibile e attenta alla difesa della Costituzione, anche di fronte ai ripetuti progetti di modificazione succedutisi nel corso degli anni; la induce a stringere rapporti con associazioni di altri operatori del diritto ma non solo: significativo è il rapporto con psichiatria democratica sui temi della salute mentale e del contrasto alle strutture manicomiali.
Anche l’orizzonte sovranazionale ed internazionale diverrà sempre di più terreno proprio dell’iniziativa di M.D., in particolare con la costituzione di MEDEL, per la difesa e la promozione in ambito internazionale del principio dell’indipendenza del giudice come strettamente collegato alla difesa delle libertà e dei diritti delle persone.
MD e la giurisprudenza di merito
Hai già sottolineato che MD rivendica il ruolo attivo della giurisdizione nella difesa e nella promozione dei diritti; ti chiedo di approfondire più specificamente il contributo della corrente nella evoluzione della giurisprudenza: ricordo che nel 1970 nasce la rivista di MD Quale giustizia?: una rivista redatta, forse per la prima volta, soprattutto da magistrati, che da’ ampio spazio alle decisioni di merito, che elabora linee interpretative e che dialoga all’esterno con una cultura giuridica che, anch’essa, si rinnova (ricordo la contemporanea nascita della rivista, fondata da Stefano Rodotà, Politica del diritto).
Sono questi gli anni in cui la Corte Costituzionale, sollecitata dalle eccezioni di costituzionalità sollevate da tanti giudici di merito, soprattutto pretori, “ripulisce” i vecchi codici ed il T.U. di Pubblica Sicurezza dalle scorie autoritarie; sono anche gli anni in cui si discute sulla c.d. “giurisprudenza alternativa”, in cui viene teorizzata l’interpretazione “costituzionalmente compatibile”; in cui viene dibattuto, anche con divisioni all’interno della magistratura, quale debba essere il ruolo della giurisprudenza della Cassazione.
La previsione per cui è al Giudice che spetta sollevare la questione di legittimità costituzionale di una legge ordinaria ha effetti dirompenti, perché si rivela lo strumento con cui i magistrati sensibili ai principi costituzionali assumono il ruolo di affermazione di questi principi nella legislazione ordinaria, specie in materia di libertà, lavoro, famiglia. Questo non significa sminuire il ruolo importante della legislazione di quegli anni, che però è spesso sollecitata dalle decisioni della Corte costituzionale. Oltre la proposizione di eccezioni di costituzionalità, l’elaborazione di M.D. tocca il tema della possibile diretta interpretazione delle leggi secondo i principi costituzionali, quindi alternativa alla interpretazione prevalente, con conseguente messa in discussione di una idea della certezza del diritto come conformismo e subalternità alla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione. Vorrei mettere in luce come questa rivendicazione dell’interpretazione si leghi alla critica della concezione della Corte di Cassazione come gerarchicamente sovraordinata alla magistratura di merito e alle ricadute di questa concezione nella definizione dei percorsi professionali.
Superamento della carriera e rivendicazione di un ruolo attivo della giurisdizione nella difesa dei diritti e delle libertà e, dove possibile, anche nella promozione di essi vanno dunque di pari passo.
MD, il diritto penale ed il processo penale
Inseriresti in questo percorso di valorizzazione della giurisprudenza di merito anche il tema della c.d. funzione promozionale del diritto? Ricordo l’impegno di tanti magistrati, molti di loro vicini alla corrente, sui temi della sicurezza del lavoro e dell’ambiente: sono state scoperte potenzialità nuove nel codice Rocco?
E più in generale: il periodo di cui stiamo parlando (gli anni ’70 ed ’80) è anche la fase storica caratterizzata dal terrorismo e delle prime grandi indagini sulle organizzazioni mafiose: si è trattato di istruttorie e di processi segnati da una forte pressione dell’opinione pubblica e delle strutture dello Stato a difesa della sicurezza pubblica; è innegabile che la domanda di efficacia repressiva abbia in più occasioni sottoposto a tensioni la questione delle garanzie degli indagati e degli imputati.
Ritieni che ci sia stata una cifra distintiva di M.D. a proposito del processo penale?
Il ruolo promozionale del diritto lo vedo soprattutto nel diritto civile e nel diritto del lavoro, come provato dallo sviluppo giurisprudenziale nel corso degli anni in queste materie. Penso invece che si debba essere cauti nell’assegnare una funzione promozionale al diritto penale, per le caratteristiche di quest’ultimo. E’ vero però che anche la giustizia penale vive un cambiamento che inizia negli anni settanta. Per due aspetti: l’intervento penale, al di là della repressione tradizionale dei reati contro il patrimonio e la persona, comincia ad intervenire in settori fino a quel momento non molto esplorati, come i reati contro la pubblica amministrazione, in materia di infortuni sul lavoro, in materia ambientale, in materia fallimentare.
L’altro aspetto, di grande rilievo nella visione di MD, è la concezione garantista del processo penale, l’attenzione rigorosa ai diritti della difesa, cui consegue la scelta per una concezione accusatoria del processo penale. Senza dimenticare la posizione di M.D. favorevole ad una forte riduzione del diritto penale, oggetto nel corso degli anni di molte iniziative culturali.
Il garantismo è stato messo fortemente alla prova, anche nel dibattito interno, nella stagione del terrorismo e in quella, tuttora attuale, del contrasto alla mafia. Ma è rimasto una cifra culturale di M.D., che pure ha tenuto posizioni di contrasto rigoroso, sia professionalmente che culturalmente, alle varie forme di terrorismo e della criminalità mafiosa. Voglio infine ricordare l’attenzione al carcere, che risale ai primi tempi di attività del gruppo, e che continua ad essere attuale.
MD ed il governo autonomo della magistratura.
Ho già ricordato che l’originario sistema elettorale del CSM, sovra-rappresentando le alte gerarchie della magistratura, ribadiva l’assetto piramidale del sistema giudiziario dell’epoca.
Cambia, ripetutamente, la legge elettorale del Consiglio Superiore e vengono eletti rappresentanti proposti da liste diverse, compresa M.D.: è la nascita del pluralismo non solo nella giurisdizione, ma anche all’interno dell’organo di governo autonomo.
Quale è stato per il gruppo il significato di questo passaggio?
Il pluralismo delle idee nel CSM è diventato un valore condiviso anche da larga parte della cultura giuridica e dalle altre componenti associative: dopo la recente emersione di deviazioni, ritieni che possa mantenere ancora il suo significato positivo?
Concepiamo l’organo di governo autonomo – riteniamo importante la presenza dei laici e fondamentale la presidenza del presidente della Repubblica – come rappresentazione e sintesi delle visioni culturali della giurisdizione, perché, all’interno del pluralismo culturale proprio del nostro assetto costituzionale, riteniamo legittimo che anche nell’esercizio della giurisdizione, nel rispetto dei principi che la riguardano, si possano esprimere orientamenti valoriali diversi. Di governo della magistratura si può parlare dunque solo presidiando quel pluralismo e quindi eleggendo i componenti del Consiglio Superiore secondo il modello costituzionale. Voglio evidenziare l’importanza del collegamento tra gruppi associativi ed elezione dei componenti magistrati del CSM, oggi contestato e demonizzato. E’ proprio l’associazionismo giudiziario che storicamente ha realizzato il pluralismo culturale. Il fatto che in alcune parti esso sia degenerato in strumento di clientela non smentisce che esso rimanga comunque fondamentale per rappresentare la magistratura. Non voglio dire che al di fuori di esso non ci possa essere rappresentanza, affermo che negare o contestare la eleggibilità al CSM tramite l’associazionismo giudiziario è profondamento dannoso per la magistratura e per la giurisdizione. Del resto la recente elezione dei membri magistrati del Consiglio ha dimostrato che i magistrati si riconoscono ancora in questa impostazione, se è vero che la partecipazione al voto ha registrato una percentuale superiore all’80% e che i candidati eletti sono espressione dei gruppi associativi, tranne uno a cui sono andati un centinaio di voti o poco più.
Il correntismo ed il CSM
Abbiamo assistito, soprattutto recentemente, a gravi episodi di trasformazione del pluralismo delle idee in una mera rappresentanza di interessi di alcuni gruppi associativi: un fenomeno che mette in gioco la credibilità dell’autogoverno e, conseguentemente, di una giurisdizione indipendente.
Il punto cruciale è quello delle scelte dei dirigenti e, in generale, di tutte le decisioni che concernono la carriera dei magistrati e gli obiettivi cui costoro ambiscono.
Io penso che, dopo l’abolizione del criterio della “anzianità senza demerito” intervenuta nel 2006, sia ineliminabile la discrezionalità del CSM, all’interno dei parametri normativi indicati dall’ordinamento giudiziario, e che nessuna delibera o circolare potrà mai rendere ‘automatica’ la selezione dei più capaci.
Le valutazioni quadriennali e tutti gli altri pareri previsti dal sistema dovrebbero costituire la base fattuale dell’esercizio di questa discrezionalità e per assicurare trasparenza e controllabilità alle scelte del CSM; ma proprio questo è, ancora oggi, il punto più critico: quasi tutte le valutazioni sono generiche, sempre positive e tacciono, normalmente, su quelle mancanze di professionalità, di serietà o di diligenza che invece tutti i colleghi e tutti gli avvocati ben conoscono.
Eppure a mio parere è evidente che qualsiasi sistema di autogoverno debba attrezzarsi, anche prevedendo correttivi, a fronte del rischio, sempre presente, di una torsione corporativa dell’organizzazione.
M.D. ha molto lavorato, anche con proposte innovative, sui temi della professionalità, della formazione, dei dirigenti e delle loro responsabilità, anche quali ‘valutatori’ dei collaboratori; e la corrente non è rimasta isolata su questi temi, come dimostra la nascita di Area, ormai parecchi anni fa.
Tuttavia, su questo tema il percorso pare incompiuto: ci sono state timidezze o divisioni? Penso, per esempio, al dibattito che è nato a proposito della presenza dell’Avvocatura nei Consigli Giudiziari, ed in generale a proposito del contributo che gli avvocati potrebbero dare alle valutazioni che riguardano i magistrati: a tuo parere M.D. è stata sufficientemente innovativa, o ci sono questioni da approfondire o da ripensare?
È innegabile che vi sia stata una grave deriva verso la protezione degli appartenenti al proprio gruppo associativo. Prima esponevo le ragioni a difesa dell’associazionismo e del suo rapporto con il momento elettorale del CSM. Voglio precisare che da quelle ragioni non discende la legittimazione di un’ingerenza dei gruppi nell’attività del Consiglio in particolare nei trasferimenti e nelle nomine dei direttivi e semidirettivi; non solo: neppure discende una limitazione alla piena autonomia dei consiglieri eletti.
Voglio aggiungere però un’altra considerazione. Quelle ragioni sono riferite soprattutto alla storia passata di M.D. e degli altri gruppi. Occorre riconoscere che la situazione che viviamo oggi è molto diversa da quella che abbiamo richiamato parlando di anni lontani.
Forse oggi vanno ripensate le forme di rappresentanza del pluralismo culturale, anche per quanto riguarda M.D.: ma questa è una riflessione che tocca ai magistrati di oggi. Per quanto mi riguarda, penso che anche in questo tempo, all’interno di una società inquieta e difficile, ci sia spazio per una aggregazione associativa fondata su una visione della Giustizia attenta, per quel che le compete, ai diritti e alle libertà delle persone. Non separata ma dentro la società e i suoi problemi.
Infine, come hai accennato, è vero che esiste la difficoltà di dare risposte soddisfacenti ai punti critici dell’autogoverno, come le nomine dei direttivi e il sistema di valutazione periodica.
M.D. ha sempre puntato la sua attenzione alla crescita complessiva della professionalità, come condizione di legittimazione verso l’esterno; e ha sempre evidenziato che all’indipendenza deve corrispondere la responsabilità. Condivido le tue osservazioni. Mi limito ad un punto, quello dei meccanismi correttivi nel procedimento di valutazione della professionalità. Sono stato e sono favorevole al contributo conoscitivo degli avvocati nei Consigli giudiziari. Un correttivo modesto se si vuole, ma di rilevante significato.
* Già Procuratrice generale presso la Corte d’Appello di Genova
Fonte: Questione Giustizia
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