La relazione della DIA ad un Parlamento ormai “in uscita”
Nei giorni scorsi, con il consueto e incomprensibile ritardo, la ministra dell’interno Lamorgese ha inoltrato al Parlamento “in uscita” dopo le recenti elezioni politiche, la relazione della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) sulle attività e i risultati conseguiti nello specifico ambito nel secondo semestre del 2021.
La corposa relazione (509 pagine, allegati inclusi), già poco letta e studiata nelle passata edizioni per quella disattenzione della politica in generale, più volte sottolineata anche da autorevoli magistrati nei confronti delle mafie, anche questa volta, c’è da scommettere, riceverà lo stesso trattamento da parte dei parlamentari in tutt’altre faccende impegnati, molti dei quali alla ricerca di nuove prospettive di “lavoro” per la mancata rielezione.
Dunque, la relazione (che si poteva a questo punto inoltrare al nuovo Parlamento, tra un paio di settimane) sarà letta da qualche giornalista, studioso della materia, e sarà archiviata senza alcun dibattito sulla situazione penosa, sul piano della criminalità organizzata (italiana e straniera) in cui si trova il nostro paese, ma anche sulla situazione in Europa e in altri continenti.
In Spagna, per esempio, si rileva, da anni, una forte presenza della criminalità italiana, in primis della ‘ndrangheta “presente a Girona e nella provincia di Madrid, a Murcia e in Catalogna mentre la camorra risulta attiva a Barcellona, Tarragona, ma anche a Valencia,Tenerife, Ibiza..” (rel. DIA, cit.) e se Malaga è privilegiata da tutte le componenti mafiose, cosa nostra è sempre ancorata, per i suoi “interessi”, nell’arcipelago delle Baleari, a Madrid e Saragozza. Non mancano presenze di organizzazioni mafiose di origine pugliese impegnate “ad assicurare il rifornimento di ingenti quantitativi di cocaina e di hashish per il territorio pugliese, campano e lucano”.
Nizza, Mentone e Cannes, sono le città in territorio francese dove sono presenti maggiormente esponenti della mafia calabrese (cosca Piromalli-Mole, Gallico, Raso Gullace, Pesce e Bellocco) impegnati nel “riciclaggio di capitali illeciti,nel settore immobiliare e nelle infrastrutture legate al turismo, senza tralasciare il ricco settore degli stupefacenti”.
Nel Regno Unito, nel novembre 2021, nel contesto della indagine “Cavalli di razza”, coordinata dalle DDA di Milano, Reggio Calabria e Firenze, è emerso che gruppi di matrice ‘ndranghetista si sono infiltrati nel paese (ma anche in Svizzera, Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Slovenia, Ungheria) con una serie di consorzi e cooperative per realizzare autoriciclaggio e frode fiscale nell’intero territorio nazionale.
In Belgio, come emerso anche in indagini svolte nel corso del 2021, le province di Mons-Charleoi, Hainaut e di Liegi, sono, da anni, interessate da infiltrazioni di gruppi criminali legati alla ‘ndrangheta.
È sempre la Germania, alla fine, però, ad essere il polo di attrazione maggiore per le organizzazioni mafiose italiane dedite a settori specifici quali il traffico di stupefacenti per la ‘ndrangheta (clan Giorgi, la cosca Farao-Marincola), l’edilizia per cosa nostra (i Rinzivillo di Gela, i Santapaola-Ercolano) e la vendita di prodotti contraffatti (anche nel mercato degli stupefacenti) per la camorra.
In Romania la famiglia Grande Aracri è fortemente inserita nel tessuto economico del paese dove pure operano i clan Piromalli, Cataldo, Labate, Pelle e Italiano, i Mancuso, Anello e Piscopisani. Non va sottovalutata la presenza della criminalità organizzata pugliese ed in particolare della “Società foggiana” come evidenziato nella indagine “Grande carro” per una serie di truffe in danno dell’UE.
In “aree extra Europa”, la DIA segnala il Canada con cosa nostra attiva a Montreal e la ‘ndrangheta a Toronto e Thunder Bay , mentre negli USA, oltre a “la cosa nostra” con le vecchie famiglie dei Bonanno, Genovese, Lucchese e Decavalcante dedite prevalentemente al narcotraffico, sono presenti elementi della ‘ndrangheta e di sodalizi campani e pugliesi. Presenze mafiose italiane anche in Messico, Colombia, Brasile, Perù, Argentina, ma è l’Australia, con “la presenza della criminalità organizzata di origine calabrese (..) riconducibile a soggetti criminali italo-australiani di terza o quarta generazione” a destare maggiore preoccupazione” sempre nel traffico di droghe dove avrebbe assunto anche un ruolo di primo piano nella coltivazione della cannabis.
L’aspetto più preoccupante alla fine è costituito dunque dalle fitte infiltrazioni delle mafie nostrane nel tessuto sociale, economico e politico di molti paesi, perché il fenomeno testimonia della forza che esse continuano a dimostrare.
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