Turchia: la mafia, il traffico di eroina e di “clandestini”
In Turchia, mentre il presidente Erdogan svolge il rilevante ruolo di “alleato” dell’Occidente e di mediatore tra la Russia e l’Ucraina in guerra da oltre sette mesi, la criminalità, in particolare quella del narcotraffico, è sempre più forte ed estesa.
Gran parte della morfina e dell’eroina che transitano nel paese verso l’Europa, per lo più a bordo di Tir, seguendo la rotta balcanica e le sue varianti, proviene dall’ Afghanistan e dall’Iran.
La rotta balcanica è interessata anche dal traffico di cocaina (2.958kg sequestrati nel 2021) proveniente dal Sudamerica con scali in alcuni porti europei come evidenziato dai rilevanti sequestri eseguiti in Albania, Bulgaria, Serbia, Grecia ed Ungheria. I porti di Istanbul e di Mersin sono quelli maggiormente interessati dalla cocaina che arriva occultata su navi portacontainer tra carichi di banane o altra frutta o addirittura contenuta in casse applicate con potenti magneti sui lati di poppa, ad alcuni metri di profondità dell’imbarcazione.
L’impegno delle forze di polizia del Ministero dell’Interno (Polizia Nazionale, Gendarmeria, Guardia costiera) nel contrasto al narcotraffico è notevole come testimoniato dalle oltre 220.000 operazioni antidroga effettuate nel 2021 con il sequestro di 20.547kg di eroina e l’arresto di più di 26mila persone.
Se l’Olanda, la Gran Bretagna e la Germania sono i paesi privilegiati di consegna dello stupefacente, anche l’Italia è una buona “piazza” se si considerano gli oltre 600kg di eroina già sequestrati nel 2022 la cui provenienza è sempre turca (giusto un anno fa la polizia turca aveva sequestrato 85,5kg di eroina trasportata a bordo di un tir nel porto di Pendik, Istanbul con destinazione il porto di Trieste).
Con l’Italia, peraltro, come è stato evidenziato dal nostro esperto per la sicurezza in Turchia (cfr. la relazione DCSA 2022), sono emersi collegamenti della criminalità organizzata turca “con sodalizi di matrice ‘ndranghetista, sia per quanto riguarda il traffico degli stupefacenti, sia per il riciclaggio dei relativi proventi”.
Le strutture criminali turche sono ben radicate e collegate con le organizzazioni dei paesi in cui operano. A causa, poi, della loro conformazione molecolare polverizzata sono difficilmente controllabili. Si tratta, in effetti, di una miriade di gruppi relativamente ridotti e autonomi anche se fanno riferimento a personaggi specializzati in alcune delle fasi del narcotraffico: la spedizione, le transazioni, il riciclaggio.
Altra caratteristica molto frequente è l’appartenenza dei componenti ad un’unica struttura familiare. Per questo si parla spesso di “famiglie” riferendosi alla mafia turca. Queste operano collegandosi in modo non organico e sempre variabile ad altri gruppi e personaggi. Molte di queste famiglie sono curde e tra queste si segnalano quelle di Aytek, Baybasin, Canturk, Capan, Erez, Nedim, Oz, Soytas, Ay. Sono quelle che coincidono, in tutto o in parte, con le organizzazioni terroristiche, in primis con il PKK/KCK, poi FETO, Daesh e quelle di matrice di estrema sinistra come il DHKP e il TKP/ML.
È tuttavia, il PKK che secondo l’analisi dell’esperto italiano per la sicurezza “svolge un ruolo attivo in tutte le fasi dell’industria degli stupefacenti, per introiti che superano 1,5 miliardi di dollari l’anno (…) attiva anche nella produzione e nel commercio del captagon in Siria”.
Secondo le stime dell’UNODC (l’agenzia antidroga delle Nazioni Unite), i maggiori quantitativi di eroina e morfina sequestrati al di fuori dell’Asia sono stati effettuati in Europa con il particolare, non trascurabile, che in Turchia è avvenuto il 62% del totale dei sequestri dell’Europa sud orientale (seguita dalla Bulgaria), mentre nell’Europa orientale i più consistenti sequestri di tali sostanze sono avvenuti in Ucraina, Bielorussia e Federazione Russa.
Da annotare che l’accentuata azione di controllo lungo la rotta balanica esercitata dalle forze di polizia dei vari paesi ha determinato altre rotte come quella “meridionale” che attraverso il Pakistan e l’Iran prosegue verso la regione del Golfo e l’Africa e quella “settentrionale” che interessa Tajikistan e Kazakistan per sfociare nella Federazione Russa.
Il traffico dei “clandestini”, infine, è nelle mani di una criminalità locale organizzata e diffusa di clan.
La mafia turca non risulta, naturalmente, estranea a questo lucroso “affare” ma la sensazione registrata negli ambienti investigativi turchi è che essa sia presente soltanto in concomitanza con trasferimenti massicci di persone, quando il guadagno appare considerevole (vale la pena sottolineare che nel 2022, alla data del 29 settembre, sul totale di 70.829 migranti soccorsi/sbarcati sulle nostre cose, nessuno è risultato di nazionalità turca ma gran parte dei 5.445 afghani e 1.636 pakistani si sono imbarcati sulle coste turche).
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