Fnsi e Ordine: «Segreto professionale e tutela delle fonti fulcro della libertà di stampa»
Solidarietà ai colleghi del Mattino di Padova accusati di rivelazione di segreto istruttorio, dopo che la difesa è riuscita a far cadere l’aggravante del favoreggiamento mafioso, per aver pubblicato alcune foto che ritraevano il figlio del boss Totò Riina per le vie della città veneta.
Segreto professionale, tutela delle fonti e libertà di stampa sotto attacco, il caso del Veneto approda in tribunale fra qualche settimana. Alla sbarra una cronista di giudiziaria de Il Mattino di Padova accusata, assieme al direttore, al condirettore e a un altro collega, di rivelazione di segreto istruttorio, dopo che la difesa è riuscita a far cadere l’aggravante del favoreggiamento mafioso, la fantasiosa ipotesi di reato formulata dalla Procura distrettuale antimafia di Venezia per giustificare perquisizione e sequestri a carico dei giornalisti.
La Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Ordine nazionale dei giornalisti, assieme al Sindacato e all’Ordine dei giornalisti del Veneto rinnovano la solidarietà e la vicinanza alla collega e ai colleghi.
L’iscrizione nel registro degli indagati risale al giugno 2018 per aver pubblicato, nel febbraio 2017, alcune foto – scattate nel 2013 e inserite nel fascicolo d’inchiesta – che ritraevano il figlio del boss Totò Riina per le vie di Padova. Tale servizio secondo la Procura avrebbe compromesso le indagini in atto. Indagini che fino a quel momento non avevano portato da nessuna parte.
Fnsi e Ordine ribadiscono che insieme al diritto di cronaca – sancito dall’articolo 21 della Costituzione e dall’articolo 10 della Convenzione europea – c’è il dovere di cronaca che impone al giornalista di informare su fatti di interesse pubblico anche se coperti dal segreto istruttorio o di Stato, come stabilito da diverse sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo.
La Cedu ha sancito che la protezione delle fonti giornalistiche è uno dei pilastri della libertà di stampa. L’assenza di una tale protezione potrebbe dissuadere le fonti giornalistiche dall’aiutare la stampa a informare il pubblico su questioni d’interesse generale.
Ciò nonostante le Procure proseguono a perquisire i giornalisti e a sequestrare i loro smartphone per scoprire le loro fonti d’informazione, nonché a contestare ai giornalisti il concorso nella violazione del segreto d’indagine semplicemente perché svolgono il loro dovere, quello di informare i cittadini.
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