Elezioni, perché non si parla di mafia e corruzione? Meglio non soffiare su questo fuoco
Perché in campagna elettorale di mafia e corruzione non si parla? Se lo chiede Avviso Pubblico, la rete di enti locali contro mafie e corruzione, che ieri ha presentato l’appello #Nosilenziosullemafie.
La domanda è ben posta: come mai, nonostante i dati chiari e confermati da più fonti istituzionali e giornalistiche, mafie e corruzione non fanno discutere i leader sui media o nelle piazze? Come mai, nella migliore delle ipotesi, mafie e corruzione diventano qualche riga nel programma elettorale oppure qualche significativa (e meritoria!) candidatura? Verrebbe da rispondere che i voti “non puzzano” e servono a tutti i partiti.
Questa risposta può, purtroppo, ancora essere quella giusta in qualche contesto, dove il ricorso alle “famiglie” può fare la differenza, soprattutto a causa dell’astensionismo: meno persone votano, più pesano i voti organizzati dai clan. Questa risposta può ancora essere quella giusta, considerando certi segnali dati in particolare da alcune forze politiche che senza scrupoli candidano o tengono come opinion maker personaggi notoriamente ben radicati nel tessuto mafioso. Ma temo che questa risposta non colga una verità più profonda, forse “indicibile” come certi accordi.
Ho l’impressione che a sconsigliare i leader politici e i loro ingegneri del consenso di soffiare sul fuoco dell’antimafia e dell’anticorruzione, che poi inevitabilmente significa soffiare sul fuoco dell’onestà, del rispetto delle regole, della fiducia nelle istituzioni, sia il timore di suscitare un gigantesco “vaffa” (sempre pronto a risorgere!), corale e vibrante, come raramente accade. Per almeno due ragioni.
C’è una platea grande di cittadini che sente di avere sempre più l’acqua alla gola per la crisi economica e che non si fida delle risposte della politica. Altro che legalità e onestà! Il mood prevalente sembra essere: “Si salvi chi può!”. Ci si affida alla legalità quando ci si fida di chi la fa. Tanto più perde di efficacia la risposta della politica su lavoro, sanità, scuola, casa, ambiente e guerra tanto più rischiano di apparire urticanti i politici che affondano il colpo contro furbi, corrotti, mafiosi, che rischiano di apparire come brillanti briganti capaci, loro sì, di badare ai fatti propri.
L’altra ragione: quasi tutti i partiti in competizione hanno la coscienza sporca su questi argomenti perché (sempre nella migliore delle ipotesi) sanno bene di non aver fatto quello che andava fatto; l’ultimo esempio in ordine di tempo è stato il fallimento del Parlamento sulla riforma dell’ergastolo ostativo.
Perché per soffiare sul fuoco dell’antimafia non basta un bel post sui social: ci vogliono storie credibili, montate su “gambe” non improvvisate. Ovviamente guai a fare di tutta l’erba un fascio: ci sono le eccezioni. Pochissime però arrivano a increspare il pelo dell’acqua mass mediatico. Chi ci riesce, ci riesce perché ha un profilo personale tale (vedi al punto “credibilità delle storie”) da attirare l’attenzione, come un torero nell’arena. Roberto Scarpinato e Cafiero de Raho, rappresentano senz’altro questo tipo di eccezione.
Tornando in fine all’appello di Avviso Pubblico, ha sicuramente avuto il merito di increspare il pelo dell’acqua: attirando l’attenzione e costringendo a qualche reazione.
Sono condivisibili le priorità segnalate dall’appello, molte di queste riflettono ancora (!) la relazione finale della Commissione parlamentare antimafia della XVII Legislatura guidata dall’On. Rosy Bindi: dall’attenzione alla gestione dei beni confiscati, alla riforma della normativa sullo scioglimento dei comuni, passando per gli appalti, la trasparenza amministrativa, la gestione del Pnrr, la tutela della informazione libera, la regolamentazione delle lobby e del gioco d’azzardo etc. Su un punto soltanto è mancata la dovuta attenzione: i testimoni di giustizia. Nell’appello e nell’intervento del presidente Montà si fa riferimento a una legge del 2001, vecchia e inadeguata, che andrebbe riformata.
Peccato che il Parlamento quella legge l’abbia riformata proprio nel 2017, con un voto unanime, approvando una proposta di legge (a prima firma Bindi), che va proprio nella direzione invocata da Avviso Pubblico. Semmai il problema è un altro: capire a che punto sia l’attuazione di quella legge, che come tutte le leggi poi, può sempre essere migliorata. Ma appunto: per fare meglio, bisogna comporre bene la squadra con la quale ci si iscrive al campionato!
Il Fatto Quotidiano, il blog di Davide Mattiello
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