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Palermo, due raid contro il ricordo dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Rino Giacalone il . Criminalità, Mafie, Memoria, Sicilia, Società

Fa impressione e suscita rabbia quello che nelle ultime ore è accaduto a Palermo, a ridosso del ricordo dell’imprenditore Libero Grassi, ucciso dalla mafia il 29 agosto di 31 anni addietro per non essersi piegato al racket di Cosa nostra, e alla vigilia dei 40 dalla barbara uccisione del prefetto Dalla Chiesa, di sua moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente Domenico Russo.

La notizia è nota, due atti vandalici nel giro di poche ore. Un unico obiettivo: sculture e murales che ricordano i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

C’è chi ancora ritiene che alla tracotanza mafiosa bisogna piegarsi, e se non lo si fa se ne pagano le conseguenze. Quello commesso non è un atto vandalico, non è l’opera di qualche imbecille, è l’azione semmai di qualche imbecille che si pone, se già non si è posto, al servizio della mafia, in una terra dove continua a passare la convinzione che Cosa nostra è sconfitta e sono dissacratori tutti quelli che sostengono il contrario.

Le campagne elettorali in corso, dopo quella precedente amministrativa, vedono in campo soggetti che dovrebbero star fuori dalla politica e invece c’è chi, come l’ex governatore Totò Cuffaro, si dimostrano capaci di raccogliere firme e presentare liste di candidati, o ancora altri soggetti che hanno guidato la scelta di candidati. Per non parlare poi degli attacchi violenti e sguaiati al mondo dell’informazione che in Sicilia è già in crisi e che resta per la maggior parte animato da appassionati giornalisti, e contro questi si vuole usare quasi la mannaia. Informazione che però deve accendere di più i riflettori e non occuparsi delle mafie solo e soltanto quando la cronaca offre spunti e talvolta anche in queste occasioni non lo si fa adeguatamente bene.

Lo scenario siciliano di queste ore è siffatto, segnato anche da sfilate sui luoghi di stragi, come è successo a Pizzolungo, dove invece del rispetto per le vittime, Barbara Rizzo ed i suoi due  figli gemelli Salvatore e Giuseppe Asta, esponenti del Pd sono andati ad aprire la campagna elettorale.

I raid vandalici di Palermo certo sono cosa diversa, ma se una risposta la sia vuole davvero dare, c’è la necessità in questa campagna elettorale non sentir dire di essere contro Cosa nostra ma come la si vuole combattere. C’è necessità di misure drastiche non emergenziali ma che siano misure ordinarie, perché con lo sfregio del volto di Paolo Borsellino, il messaggio è chiaro, dissacrare ancora di più quelle vittime già abbastanza dissacrate in vita, e imporre all’azione dell’arte contro la mafia, la cultura mafiosa.

I due raid vandalici di Palermo sono la dimostrazione di una mafia che sta tornando a prevalere, per questa ragione le ipocrite reazioni non servono. Il murale che TvBoy ha dedicato a Paolo Borsellino è stato sfregiato con un coltello o un cacciavite, così è stato graffiato il volto, cancellati gli occhi del magistrato, chi lo ha fatto ci sta dicendo che guardare è sbagliato e semmai bisogna voltarsi dall’altra parte, un vero e proprio messaggio mafioso. “La mafia è una montagna di merda” ma restiamo in un Paese in cui dare del pezzo di merda ad un mafioso certi giudici ci dicono essere un reato.

Punito con una pena più severa di quella che se identificati potranno patire gli autori di questo e dell’altro atto vandalico che ha riguardato la scultura dell’“Albero” dell’artista altoatesino Gregor Prugger, installata, nel complesso monumentale dello Spasimo di Palermo, in occasione del trentennale delle stragi per iniziativa della Fondazione Falcone. Albero dal quale sono stati strappati alcuni rami.

Due atti intimidatori, vandali in azione su commissione mafiosa, contro chi seguendo l’esempio dei due magistrati uccisi nel 1992 sostiene che la mafia non è sconfitta, l’azione giudiziaria deve continuare e la società civile non deve restare a guardare, e che per combattere le mafie non bisogna mai perdere di vista una sola parte del territorio.

Fonte: Alqamah

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