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Mafia, il giudice Scopelliti e i fratelli Luciani hanno combattuto la dittatura della paura

Davide Mattiello il . Calabria, Criminalità, Diritti, Mafie, Politica, Puglia

In Italia non c’è nessuna “rivoluzione verde” possibile, nessuna agenda climatica che tenga, senza chiudere definitivamente i conti con la mafia, in tutte le sue fetide declinazioni.

Il 9 agosto è una metafora di questa battaglia non persa e non vinta, di questa verità troppo spesso elusa dalla politica (tanto più in campagna elettorale!): il 9 agosto 1991 veniva assassinato il giudice Antonino Scopelliti, il 9 agosto 2017 nella strage di San Marco in Lamis venivano assassinati i fratelli Luciani, testimoni scomodi dell’esecuzione del boss Romito e di suo cognato, De Palma. Un filo lungo quasi trent’anni si srotola tra il 1991 e il 2017, due situazioni per molti versi lontanissime: Scopelliti magistrato che andava eliminato per terremotare il maxi processo contro Cosa Nostra arrivato in Cassazione, i fratelli Luciani assassinati per “precauzione” da mafiosi altrettanto spietati.

Eppure a rifletterci bene tra queste due violenze c’è almeno un punto in comune, oltre alla matrice mafiosa, e cioè la mancanza di verità: ad oggi non si conoscono ancora precisamente mandanti ed esecutori, nonostante le indagini e i processi celebrati o ancora aperti. La “mancanza di verità” è l’altra faccia della impunità, che a sua volta è la benzina con la quale si continua ad alimentare quella forza di intimidazione con la quale le organizzazioni mafiose (tutte) ottengono assoggettamento e omertà, cioè ubbidienza e silenzio. In altri termini: la dittatura della paura.

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