NEWS

Il pessimo affare di Totò Riina

Gian Carlo Caselli il . Recensioni

Moltissimo è stato  scritto in occasione del XXX anniversario della strage di via d’Amelio, dove insieme al grande Paolo Borsellino furono trucidati Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi.

Mi ha colpito il bel libro di Giovanni Bianconi (“Un pessimo affare” – Solferino ed.), che oltre alla preziosa e obiettiva esaltazione dei grandi meriti e dell’eccezionale coraggio di Borsellino contiene una ricostruzione dei fatti che fa riflettere. 

In particolare, Bianconi ricostruisce nel dettaglio la storia del decreto-legge varato dal Consiglio dei ministri l’8 giugno 1992 dopo la morte di Falcone. Un giro di vite contro la mafia che introduce il cosiddetto “doppio binario” – cioè una normativa pensata con concreto riferimento alla “specificità” della mafia – che in particolare incentiva i pentimenti e introduce  un carcere finalmente duro (per porre fine alla vergogna di una detenzione che confermava ogni giorno, anche in galera, la supremazia della mafia sullo stato).

Contro questo decreto si scatenò una campagna ostile (contestazioni pesanti di avvocati penalisti e detenuti in rivolta), sicché la conversione in legge del decreto procedeva a rilento.

Quando i tempi stavano ormai per scadere, sulla spinta dell’autobomba di via d’Amelio il Parlamento, lavorando a tappe forzate, riuscì a convertire  il decreto in legge. 

Riveleranno poi alcuni “pentiti” che un mantra del “capo dei capi” (Riina) era che si sarebbe giocato anche i denti, volendo dire una cosa preziosa, e cioè che avrebbe fatto di tutto per far annullare la legge sui pentiti ed eliminare l’articolo 41 bis che costringendo all’isolamento i mafiosi poteva determinare nuovi pentimenti.

Invece, uccidendo dopo Falcone anche Borsellino (per di più – come pare certo – accelerandone la morte) Riina ha di fatto agevolato l’approvazione di una legge da lui stesso osteggiatissima.

Una mossa controproducente , un “pessimo affare”.

Oltretutto…recidivo! Perché già dieci anni prima la strage di via Carini, con la morte del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, si era trasformata in un “pessimo affare” per la mafia.

La reazione dello Stato aveva prodotto la Legge Rognoni-LaTorre, con il 416 bis e l’aborrito attacco alle ricchezze illegali: quanto di peggio i mafiosi abbiano mai dovuto registrare.

Difficile immaginare – sostiene Bianconi – che Riina non abbia previsto questi effetti nefasti per l’organizzazione criminale. E allora si potrebbe pensare che qualcuno lo abbia mal consigliato o possa averlo condizionato o convinto, prospettandogli chissà che. Qualcuno che magari conosceva bene la psicologia mafiosa.

Vale dunque la pena parlare anche di questo profilo. 

Il mafioso interiorizza Cosa nostra come l’unico mondo nel quale vi sono individui degni di essere riconosciuti come “persone”.

Il mondo esterno è invece una realtà “nemica” da depredare, nella quale vivono individui destinati a essere assoggettati, “oggetti” che non hanno dignità umana. Una “reificazione” del mondo esterno che sfocia nell’assoluta mancanza di senso di colpa dei killer e di chi li comanda. La convinzione di appartenenza a una entità speciale crea infatti un totale distacco emotivo che disattiva la sfera dei sentimenti. 

L’identità psicologica perversamente deviata del mafioso si intreccia poi  con una  “sacralità atea”: il mafioso ostenta una “fede” che è soltanto superstizione. E questa sua “religione” la interpreta in modo blasfemo, come conferimento di una specie di “missione” che tutto giustifica, anche le peggiori nefandezze. Dopo l’appartenenza, un ulteriore fattore di forza.

Se tutto ciò  vale per il mafioso “medio”, figuriamoci per  il “ capo dei capi”. Temuto e ossequiato da tutti (mafiosi e non); forte di protezioni, anche politiche, di alto livello e di una immensa fortuna economica; proiettato verso obiettivi di egemonia totalizzante; trionfatore in guerre di mafia, con migliaia di avversari sterminati o “scappati”; regista di una decapitazione sistematica e feroce di tutti i vertici istituzionali; capace per decenni di una “comoda” latitanza.

E allora, è possibile accostare al “capo dei capi” una sindrome tipo delirio di grandezza? Si può ipotizzare che abbia finito per convincersi di essere un super-uomo irraggiungibile e invulnerabile, quasi un Dio? E che qualcuno di questa sindrome possa aver approfittato? 

Viene utile, a questo punto, una frase di Falcone scelta da Bianconi come esergo: “Non pretendo di avventurarmi in analisi politiche, ma non mi si vorrà far credere che alcuni gruppi politici non si siano alleati a Cosa nostra – per un’evidente convergenza di interessi – nel tentativo di condizionare la nostra democrazia, ancora immatura, eliminando personaggi scomodi per entrambi”.

Fonte: Corriere della Sera 

*****

Un pessimo affare

 

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link