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Non “siamo al limite con l’immigrazione” ma con la delinquenza

Piero Innocenti il . Criminalità, Diritti, Giustizia, Istituzioni, Migranti, Politica, SIcurezza

Alcuni giorni fa il nostro Presidente del Consiglio, accompagnato in pompa magna da alcuni Ministri (tra cui la Ministra dell’Interno), si è recato in “missione” ad Ankara per discutere di alcuni temi di interesse comune con il “dittatore” Erdogan (come ebbe a definirlo lo stesso Draghi alcuni mesi fa).

Al termine dell’incontro tra “partner amici, alleati”, sono stati firmati diversi accordi tra cui quello dello scambio di informazioni sensibili a livello militare e di cooperazione sull’ immigrazione clandestina, con uno scambio di funzionari di alto livello (in effetti già presenti, da anni, nelle rappresentanze diplomatiche di Ankara ed Istanbul).

Non è mancato un accenno a lavorare sempre più a stretto contatto sulla Libia (ritornello che si ripete da molti anni anche con altri Paesi) con una sottolineatura sulla questione migratoria a proposito della quale Draghi, per la prima volta, ha parlato “ di un atteggiamento di apertura senza limiti” che non possiamo più avere perché il “Paese non ce la fa più, anche noi abbiamo toccato il limite”.

Stupisce che di questo cambio di rotta sulle immigrazioni Draghi abbia dato notizia all’estero e per giunta in un paese che è sempre stato particolarmente rigoroso con gli immigrati e li ha accolti solo perché ha ricevuto, in cambio di uno stringente controllo sull’immigrazione, consistenti contributi annui di denaro necessari anche per la crisi economica in atto in Turchia, dalla stessa UE.

Tutto ciò non ha impedito, tuttavia, al momento opportuno, molte partenze dalle coste turche (non solo da quelle greche come ha dichiarato Erdogan) di imbarcazioni con migranti dirette verso le coste calabro-pugliesi. Natanti che salpano dalle coste turche anche grazie all’ egemonia che esercita la mafia turca in cambio di una “tassa” da parte delle organizzazioni di trafficanti.

Il “limite” insopportabile accennato da Draghi in tema di immigrazione che sarebbe stato raggiunto in Italia quest’anno, alla data dell’8 luglio, ha riguardato 30.373 migranti (furono 67.477 nel 2021) soccorsi in mare per lo più da navi di organizzazioni umanitarie o giunti sulla nostre coste con sbarchi autonomi, di cui 3.415 minori non accompagnati (erano stati 10.053  nell’intero 2021). Numeri molto inferiori a quelli degli anni Novanta e del Duemila, quando si annotarono oltre centomila sbarchi annui in gran parte soccorsi in mare da navi della nostra Marina Militare (le operazioni Mare Nostrum, Poseidon).

Il “limite”, questo si ampiamente superato, è quello, se mai, della “sopportazione” dimostrata negli anni dai vari Governi che si son succeduti, a fronte della tanto sbandierata solidarietà e senso di responsabilità condivisa che ci si aspettava dalle istituzioni della UE e dai vari paesi membri in tema di ricollocamento dei migranti, ancora oggi basato solo sulla volontarietà.

Si tornerà, allora a parlare, nel più ampio contesto europeo, di “gestione sostenibile” delle migrazioni, di intensificare i rimpatri, le espulsioni degli irregolari, gli accompagnamenti in frontiera, tutte procedure che richiedono, per esempio, disponibilità di posti nei pochi Centri per il rimpatrio (Cpr) e accordi di riammissione nei paesi di origine e “buone prassi” con diversi paesi africani non sempre facilmente praticabili.

La ministra dell’interno Lamorgese, rientrata dalla missione in Turchia non poco disorientata dalla svolta di Draghi sulle migrazioni, dovrà riprendersi in fretta per affrontare, lucidamente, il sempre più angosciante tema della criminalità, anche in vista del “rito” ferragostano sulla sicurezza, basato sulla conferenza stampa in occasione della consueta riunione da lei presieduta del Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica.

È proprio in questo ambito che si è superato ogni “limite” di pazienza da parte dei cittadini, con episodi criminali e di violenza mai rilevati in passato, una situazione di insicurezza per la quale molti  amministratori locali e commercianti richiedono la presenza dell’esercito (per ultimo a Bari).

Non si contano più gli accoltellamenti (gli ultimi a Latina, Parma, Rimini, Belluno, Salerno, Roma, Udine, Treviso, Napoli, Ancona, Ravenna, Firenze); le sparatorie (a Taranto, a Milano, a Napoli); gli assalti ai portavalori (Cerignola, Roma); gli stupri e i tentativi (per ultimo a Monza Brianza); le rapine nelle abitazioni (gli ultimi fatti a Firenze, Latina, Napoli); le rapine di orologi di lusso ed altri fatti di una ferocia inaudita come a Frattamaggiore (Naploi) dove un uomo è stato ridotto in fin di vita da alcuni aggressori che lo hanno cosparso di benzina dandogli fuoco.

E a delinquere non sono certo solo gli emigranti. Fenomeni che  sembrano in aperta contraddizione sia con la riforma penale con la tendenza a diminuire le permanenze in carcere.

Ancora non siamo ai livelli di delinquenza di alcuni paesi del Centro America ma la strada imboccata è molto pericolosa e richiede ben altri interventi straordinari sul piano legislativo e organizzativo.

La “permanenza” degli stranieri da rimpatriare anche nelle camere di sicurezza delle Questure

Nel più ampio contesto di una “gestione sostenibile delle migrazioni” (termine coniato dalla politica), si torna sul punto di velocizzare le espulsioni degli stranieri irregolari sul territorio nazionale privilegiando l’accompagnamento diretto in frontiera (provvedimento che presuppone il possesso di un documento di identità in corso di validità), quale misura da preferire al “trattenimento” in un Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio, pochi rispetto alle esigenze reali) che deve essere considerata una opzione residuale.

Ciò anche in considerazione della possibilità di avvalersi di quanto può disporre il Giudice di Pace che “può autorizzare la temporanea presenza dello straniero, sino alla definizione  del procedimento di convalida, in strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza”, qualora non vi sia la disponibilità di un posto in un Cpr nel circondario del Tribunale di competenza.

La norma è stata introdotta ben quattro anni fa con il D.L. n°113/2018 (convertito con modificazioni nella L. n.°132/2018) ma solo alcuni giorni fa, il 5 luglio, il Dipartimento della Pubblica Sicurezza ha fornito le “linee guida operative” con una circolare indirizzata a tutti i Questori, dopo aver acquisito i “qualificati pareri” del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (parere formulato nel febbraio 2019) e della Direzione Centrale dei Servizi Tecnico Logistici, sulle caratteristiche di base di detti locali e sulle modalità di gestione della permanenza degli stranieri trattenuti.

Il Garante ha ritenuto tali luoghi “in tutto e per tutto surrogato dei Centri di permanenza per il rimpatrio e quindi devono avere gli stessi  standard di tutela  dei diritti di chi vi è ospitato”, con un accostamento alle camere di sicurezza per le quali vigono standard nazionali e internazionali in termini di garanzie nella detenzione e di modalità gestionali da rispettare.

La circolare suddetta chiarisce, quindi, che possono essere utilizzate per le finalità sopra indicate anche le camere di sicurezza ordinariamente in uso presso le Questure, elencando diverse condizioni e tenendo sempre in conto l’elemento della temporaneità della misura.

Non saranno pochi i problemi che dovranno affrontare i Questori, in particolare quelli che sono ancora in attesa dei fondi necessari per l’adeguata sistemazione delle camere di sicurezza  che devono rispettare la dignità, i diritti fondamentali della persona e lo status non criminale (si parla, appunto, di detenzione amministrativa) dello straniero trattenuto.

Senza contare che, nelle Questure medio-piccole (sono la maggioranza) dove si riesce a garantire di norma un servizio di Volante per turno, la presenza di un straniero in stato di detenzione amministrativa, comporterebbe l’esigenza di un controllo costante con l’inevitabile soppressione del servizio di pronto intervento (Volante).

Nel periodo “temporaneo” di detenzione nelle camere di sicurezza si dovrà garantire l’effettuazione, in forma riservata, di colloqui con familiari, legali e con altre persone autorizzate all’accesso, svolgendo i controlli necessari per evitare l’introduzione di oggetti non consentiti.

All’interno di dette strutture, sottolinea la circolare, non deve essere consentito detenere cellulari o altre apparecchiature telefoniche ma “lo straniero dovrò essere messo in condizioni di effettuare telefonate utilizzando il proprio dispositivo mobile, sotto vigilanza discreta e garantendo la riservatezza della comunicazione”.

Non mancheranno i problemi nella fase concreta di applicazione di tali disposizioni. Intanto, per inciso, lo ricordiamo, la percentuale degli stranieri espulsi a seguito d trattenimento nei Cpr è oscillata dal 45,58% del 2018 al 50,88% del 2021 (molti stranieri non sono stati espulsi perché non identificati) mentre sono naufragate (resistenze delle comunità e degli amministratori locali) le iniziative avviate per l’ampliamento della rete nazionale dei Cpr (uno per ogni regione con capacità ricettiva di 100 posti ognuno) prevista dalla legge n.°46 del 2017.

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La criminalità nazionale e straniera nel business del traffico di migranti

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