Le linee di intervento del PNRR in tema di Giustizia. Un quadro di sintesi
Sommario: 1. Premessa. Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – 2. Sollecitazioni “europee” alle riforme in materia di Giustizia – 3. Le principali misure di intervento del PNRR sul tema – 4. (Segue): l’Ufficio per il processo – 5. (Segue): gli interventi in materia di giustizia digitale – 6. Altri specifici interventi di settore
Premessa. Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano [1] si inquadra, com’è noto, nel più ampio contesto del Dispositivo europeo per la Ripresa e Resilienza [2], elaborato all’interno del programma europeo c.d. Next Generation eu [3], che ha richiesto agli Stati membri di presentare un pacchetto di investimenti e riforme.
In questo contesto, l’italia ha presentato, appunto, il c.d. Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che si articola in sei Missioni (cioè, sei grandi aree di intervento) e sedici Componenti (cioè, specifiche azioni previste all’interno di ciascuna area di intervento) [4].
Peraltro, poichè i PNRR sono, anzitutto, piani di riforme, prima ancora che di investimenti, le linee di investimento sono collocate all’interno di una strategia di riforme che si muove lungo due direttrici fondamentali:
– le riforme settoriali, cioè misure consistenti in innovazioni normative relative a specifici ambiti di intervento o attività economiche;
– e le riforme cc.dd. di contesto, cioè d’interesse generale, che comprendono – secondo lo stesso lessico del Piano – riforme cc.dd. abilitanti, funzionali a garantire l’attuazione del Piano e in generale a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali che condizionano le attività economiche e la qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese (come, in particolare, le misure di semplificazione e razionalizzazione della legislazione e quelle per la promozione della concorrenza); e riforme cc. dd. orizzontali, di interesse trasversale a tutte le missioni: è proprio in quest’ultimo ambito, più precisamente, che si collocano gli interventi del Piano in materia di Giustizia (nella stessa prospettiva, orizzontale, delle riforme che riguardano la P.A.).
Tali interventi, va detto subito, ancorché occasionati – soprattutto – dalla contingente stagione emergenziale, sollecitano, però, una riflessione indirizzata sul medio-lungo periodo, come d’altra parte suggerito anche da coeve iniziative di riflessione in materia di Giustizia, quale, specialmente, il c.d. Libro bianco per la Giustizia (Giustizia 2030), che – come si legge nella sua presentazione – “raccoglie le idee, l’entusiasmo e la professionalità di un gruppo di esperti – magistrati, avvocati, docenti universitari, dirigenti di uffici giudiziari, specialisti di digitalizzazione e di organizzazione dei servizi pubblici – riuniti dall’ambizione di sviluppare una visione strategica e di proporre soluzioni sistemiche per trasformare la Giustizia da elemento di crisi a motore della rinascita del Paese” [5].
E non è un caso che i due documenti (la Sezione del PNRR in tema di Giustizia; e il predetto Libro Bianco per la Giustizia) presentino programmi in qualche modo paralleli e convergenti, non soltanto sul piano degli obiettivi generali (digitalizzazione, organizzazione strutturale della giurisdizione; implementazione della giurisdizione alternativa), ma anche degli interventi specifici (ad es., in tema di organizzazione del processo civile).
2. Sollecitazioni “europee” alle riforme in materia di Giustizia
Nel considerare le misure di intervento del PNRR in tema di Giustizia – che è quanto qui interessa – occorre anzitutto premettere che specifici interventi in questo ambito rientravano nelle raccomandazioni rivolte all’Italia dall’Unione europea.
Già la Relazione per Paese 2020 relativa all’Italia, presentata dalla Commissione UE il 26 febbraio 2020 [6], aveva evidenziato, infatti, che la durata dei contenziosi civili e commerciali in Italia continua a costituire un problema, manifestando altresì, quanto al processo penale, preoccupazioni per i tempi lunghi del processo a livello di appello; e aveva concluso, pertanto, recando – tra le altre – la raccomandazione (n. 4) a “ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio, razionalizzando e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già all’esame del legislatore; migliorare l’efficacia della lotta contro la corruzione riformando le norme procedurali al fine di ridurre la durata dei processi penali”.
In linea con questi rilievi, poi, la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione, del 20 maggio 2020, sottolineava le criticità con riguardo alla “lunghezza delle procedure, tra cui quelle della giustizia civile” (punto 24 dei “considerando”), e manifestava preoccupazione rispetto ai “tempi di esaurimento dei procedimenti penali presso i giudici d’appello” (punto 27), raccomandando quindi all’Italia, tra l’altro, di adottare provvedimenti, tra il 2020 e il 2021, diretti al fine di “migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della pubblica amministrazione” (raccomandazione n. 4).
3. Le principali misure di intervento del PNRR sul tema
A queste richieste, appunto, si è proposto di dare una risposta il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, (anche) con specifiche misure di intervento in tema di Giustizia.
Per grandi linee, gli interventi programmati (da realizzare, secondo la prospettiva del Piano, attraverso lo strumento della delega legislativa: cioè, mediante leggi di delegazione al Governo delle misure di intervento), dovranno soprattutto dirigersi verso:
– la riforma del processo, civile e penale;
– la deflazione del contenzioso tributario;
– la riforma dell’ordinamento giudiziario;
– la riorganizzazione strutturale degli uffici giudiziari.
Attraverso tali misure, evidentemente, si persegue l’obiettivo di fondo della riduzione dei tempi della Giustizia, che – forse ambiziosamente – il PNRR stima nell’ordine della riduzione della durata media dei processi civili di più del 40 per cento e dei processi penali di circa il 25 per cento [7], con un potenziale impatto di crescita, nel lungo periodo, dello 0,5 per cento in termini di PIL, consumi privati e investimenti totali [8].
In questo scenario – nel quale, pure, trovano spazio specifiche misure di riqualificazione e valorizzazione dell’edilizia giudiziaria, in chiave ecologica e digitale – due fondamentali linee portanti (diciamo così, “trasversali”) del Piano risultano essere:
– per un verso, l’obiettivo – espressamente enunciato – di portare a piena attuazione il c.d. Ufficio per il processo;
– nonché, per altro verso, quello di aumentare il grado di digitalizzazione della Giustizia.
Dal primo punto di vista, il Piano si propone la massiccia implementazione e stabilizzazione del c.d. Ufficio per il processo, avviato, sperimentalmente, a partire dall’anno 2014.
Secondo le prospettive presentate nel Piano, ciò dovrebbe contribuire in modo decisivo alla realizzazione di alcuni obiettivi strategici da realizzare entro la prima metà del 2026, quali, in particolare:
– l’abbattimento dell’arretrato civile (cioè dei processi pendenti che hanno già superato i termini di tolleranza della c.d. Legge Pinto) del 90%, in tutti i gradi di giudizio;
– l’abbattimento dell’arretrato della giustizia amministrativa del 70% in tutti i gradi di giudizio;
– la riduzione del 40% della durata dei procedimenti civili e la riduzione del 25% della durata dei procedimenti penali (come anche ricordato, di recente, dal Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, nel suo intervento del 4 settembre 2021 al Forum Ambrosetti di Cernobbio).
Obiettivo intermedio è, invece, l’abbattimento dell’arretrato civile già del 65% in primo grado e del 55% in appello, entro la fine del 2024 (non senza assicurare un monitoraggio continuo sulla formazione di nuovo arretrato al fine, evidentemente, di scongiurare che ciò abbia a realizzarsi): e ciò perché, com’è noto, l’erogazione degli importi accordati dall’Unione europea ha luogo progressivamente, solo man mano che gli obiettivi programmati vengono conseguiti in misura adeguata, essendo altrimenti prevista la sospensione dei pagamenti e l’adozione di misure dirette a garantirne il raggiungimento.
Tutti gli obiettivi, peraltro, sono di sistema, dovendo quindi essere valutati complessivamente, a livello nazionale e non dei singoli Uffici giudiziari.
4. (Segue): l’Ufficio per il processo
In questo quadro, come si è anticipato, un ruolo fondamentale viene assegnato al consolidamento dell’Ufficio per il processo.
Si tratta, com’è noto, di una struttura organizzativa a supporto dell’attività del magistrato, introdotta, in via sperimentale, dal D. L. n. 90/2014, presso le Corti di Appello e i Tribunali ordinari, impiegando personale di cancelleria e i tirocinanti della Giustizia di cui all’articolo 73 D.L. n. 69/2013; struttura poi estesa (dal D.L. n. 168/2016) anche alla giustizia amministrativa e integrata, nella sua composizione, dalla successiva assegnazione ad essa di giudici onorari di pace (dal D.L. 117/2016) [9].
Successivamente, il Consiglio Superiore della Magistratura ha anche adottato, nel corso del 2019, apposite Linee guida per l’Ufficio per il processo, prevedendo che la struttura possa «essere assegnata a supporto di uno o più giudici professionali o di una o più sezioni, valutati, a tal fine e in via prioritaria, il numero delle sopravvenienze e delle pendenze a carico di ciascuna sezione o di ciascun magistrato, e tenuti in considerazione gli obiettivi perseguiti con i programmi di gestione» [10].
La novità introdotta sul punto dal PNRR, dunque, non riguarda tanto la presenza di tale modello organizzativo (modello in effetti, già esistente e diretto a proiettare l’attività giurisdizionale verso una dimensione che travalica quella per così dire solitaria del magistrato, richiedendo, al contrario, di sviluppare l’attitudine a una diversa impostazione della propria funzione e del proprio lavoro, calibrandola sulla cooperazione e sulla capacità di organizzazione, indirizzo e confronto con altri soggetti, nel comune sforzo, pur nella diversità di ciascun ruolo, di migliorare l’efficienza del sistema Giustizia).
Piuttosto, il vero elemento di novità è costituito dal tentativo di fare uscire l’Ufficio per il processo dal livello della mera sperimentazione, in una prospettiva che guarda al suo progressivo consolidamento e che richiama l’attenzione sull’importanza del fattore organizzativo [11] nella dimensione giudiziaria [12].
Proprio al fine – su questo punto – dell’attuazione del Piano, il D.L. 9 giugno 2021, n. 80, all’art. 11, ha autorizzato l’assunzione, seppure a tempo determinato, di ben 16.500 unità di personale, con profili professionali diversificati, da destinare all’Ufficio per il processo, in una prospettiva tendente alla possibile stabilizzazione della struttura di supporto all’attività dei magistrati, con la finalità di «garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l’innovazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione» [13].
Su queste basi, il primo bando per l’Ufficio per il processo, relativo a 8.171 unità (scaduto il 23 settembre 2021), ha visto la presentazione di circa 66.000 domande, con un’età media dei candidati compresa tra 30 e 40 anni e con prevalenza di laurea magistrale, conseguita nel 77,8% dei casi in materie giuridiche (un secondo bando è programmato per il 2023).
Parallelamente, poi, è stato anche adottato, dal Ministero della Giustizia, un bando per un progetto da 51 milioni di euro col quale le Università (che risulteranno assegnatarie dei fondi) dovranno contribuire ad individuare un nuovo modello di organizzazione della Giustizia; e ciò – come è stato detto, assai di recente, dal Ministro Cartabia in apertura di un webinar organizzato dal Ministero insieme alla crui – al fine di mettere in atto un “cambio di paradigma” da parte delle stesse Università, diretto a consentire una rinnovata formazione dei giuristi del futuro [14].
5. (Segue): gli interventi in materia di giustizia digitale
Un secondo profilo “trasversale” di intervento in materia di Giustizia è dato, poi, dal tema della digitalizzazione del sistema giudiziario: l’obiettivo di una “giustizia digitale” rappresenta con sufficiente sicurezza, infatti, il futuro dell’organizzazione del lavoro giudiziario, diventando perciò inevitabile anche l’acquisizione di competenze di carattere tecnologico-informatico sempre più particolareggiate [15].
Invero, molto dipenderà dal modo in cui sarà concretamente “declinata” la digitalizzazione della Giustizia; in proposito, peraltro, la linea di tendenza sembra ormai sempre più decisamente orientata verso una preponderante transizione digitale anche nel settore Giustizia [16], come ad es. è reso evidente dalle conclusioni presentate dal Consiglio dell’Unione europea (che si leggono in G.U.C.E. n. 342 del 4 ottobre 2020), la cui lettura è molto istruttiva al riguardo.
Il Consiglio, infatti, pur riconoscendo l’opportunità del mantenimento di procedure non digitali tradizionali, sollecita lo sviluppo di soluzioni digitali per l’intero iter dei procedimenti giudiziari, invitando gli Stati membri e l’UE a intensificare gli sforzi orientati verso questa direzione.
E in questa prospettiva, le conclusioni del Consiglio non mancano di sottolineare che «la promozione delle competenze digitali nel settore della giustizia è necessaria per consentire a giudici, procuratori, operatori giudiziari e altri professionisti del diritto di utilizzare e applicare le tecnologie e gli strumenti digitali in modo efficace», raccomandando, correlativamente, la necessità di una adeguata formazione degli operatori medesimi «per poter trarre vantaggio dall’uso delle tecnologie digitali, compresa l’intelligenza artificiale» (della quale vengono indicati i possibili risvolti pratici), invitando la Commissione a «promuovere opportunità di formazione in materia di alfabetizzazione e competenze digitali» anche per i magistrati.
Nel medesimo senso, d’altra parte, indirizza anche la “Carta etica europea” sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari, elaborata dalla Commissione europea per l’efficienza della Giustizia e adottata il 3 dicembre 2018 [17], la quale si diffonde anche sulle prospettive della c.d. giustizia predittiva, evidenziandone potenzialità e limiti [18].
Che quello descritto rappresenti, ragionevolmente, il quadro più verosimile delle “nuove competenze” da maturare, acquisire e consolidare è ampiamente confermato, d’altra parte, dalle stesse posizioni ufficiali espresse a livello eurounitario.
Basterà qui richiamare, ad es., la Comunicazione della Commissione europea n. 713/2020, sulla strategia europea di formazione giudiziaria 2021-2024, la quale richiama l’attenzione proprio, tra l’altro, sulla necessità di una significativa digitalizzazione della giustizia e della possibile promozione dell’impiego dell’intelligenza artificiale nel settore Giustizia.
Il PNRR, in coerenza con la prospettiva appena delineata, dedica quindi ampia attenzione agli interventi diretti a favorire il processo di digitalizzazione del Paese [19].
6. Altri specifici interventi di settore
Sotto altro aspetto, poi, il PNRR ha previsto ambiti di intervento prioritario in materia di Giustizia, soprattutto attraverso quattro riforme fondamentali:
– quella del processo penale;
– quella del processo civile e delle cc.dd. ADR;
– quella diretta alla riduzione del contenzioso tributario, specialmente in Cassazione;
– e, infine, quella dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio Superiore della Magistratura.
Per tutte queste riforme – alcune delle quali già approdate a primi risultati normativi [20] – sono state costituite dal Ministero apposite Commissioni di Studio, per la elaborazione di specifiche proposte di riforme.
Soprattutto le prime due (dei processi penale e civile), peraltro, hanno determinato consistenti discussioni, anche sulla base di alcuni pareri critici resi dal Consiglio Superiore della Magistratura e di significative prese di posizione contrarie di autorevoli esponenti dell’Accademia e di importanti rappresentanze della professione forense.
Non è possibile, naturalmente, entrare – in questa sede – nel dettaglio delle specifiche discussioni sorte rispetto a ciascun settore di intervento, perché questo richiederebbe altrettante autonome relazioni e relativi dibattiti.
Sembra quindi sufficiente limitarsi – in poche e rapidissime battute conclusive – a qualche riflessione sulle più rilevanti questioni a tal riguardo sollevate.
A) Quanto al settore penale, com’è noto, pur essendo stati apprezzati altri profili della riforma complessivamente proposta (dagli interventi in tema di riti alternativi alla valorizzazione della c.d. “giustizia riparativa”), due aspetti hanno destato speciale preoccupazione (e, talora, anche radicali dissensi):
– l’assoggettamento all’indirizzo della determinazione legislativa parlamentare della definizione di criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale [21];
– e, soprattutto, l’introduzione, per i giudizi di gravame (appello e Cassazione), del meccanismo della c.d. improcedibilità per superamento di limiti temporali prefissati: limiti, peraltro, tendenzialmente – e salve talune “limature” (per lo più transitorie) introdotte in extremis – assai ristretti (due anni per l’appello e uno per la Cassazione) [22].
In proposito, che – in effetti – la novella introdotta (com’è noto, ormai già tradotta in legislazione vigente) risulti davvero in linea con gli stessi obiettivi di partenza – quali parzialmente derivanti anche dalle sollecitazioni europee – non appare facilmente predicabile: la richiesta da soddisfare, invero, atteneva ai tempi dei procedimenti di gravame – sul presupposto, però, della loro celebrazione – mentre non sembra risposta davvero adeguata quella del taglio radicale del numero dei procedimenti (taglio che, in determinate realtà territoriali giudiziarie sarà pressoché inevitabile).
B) Relativamente al processo civile, invece, mentre hanno trovato sufficiente consenso gli interventi in tema di valorizzazione degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) [23], la questione che maggiormente ha fatto discutere è quella delle cc.dd. preclusioni istruttorie: cioè della introduzione di una disciplina che imponga alle parti del processo civile – fin dall’udienza di apertura del procedimento [24] – la completa e puntuale delimitazione iniziale dell’oggetto della controversia e dei mezzi istruttori dedotti [25].
Senza poter entrare, al riguardo, nei dettagli tecnici della disciplina dettata allo scopo, basterà qui ricordare che da diversi fronti – e anche da parte del Consiglio Nazionale Forense – sono state manifestate serie preoccupazioni, sia per una possibile compromissione del diritto di difesa che, paradossalmente, per forti riserve sulla stessa idoneità effettiva di una tale misura a semplificare e ridurre i tempi di trattazione delle controversie, considerato che, per un verso, la disciplina così dettata costringerà prudenzialmente le parti, sotto il profilo istruttorio, a “dedurre tutto il deducibile” (con possibile appesantimento del fascicolo); e che, per altro verso, rimarrà altamente probabile che gli uffici in sofferenza ritardino comunque la definizione del giudizio, rinviando a lunghissimo termine le udienze per l’assunzione dei mezzi istruttori e la decisione.
Non meno problematiche si annunciano, peraltro, le ulteriori riforme programmate in tema di Giustizia, avuto specialmente riguardo a quelle in materia di ordinamento giudiziario e di riforma del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) [26].
Non va trascurato, tuttavia, che la più gran parte degli interventi programmati – come si è già anticipato – riguarda principi di delega legislativa, per cui la concreta attuazione delle misure proposte – nei limiti, ovviamente, delle possibilità tecniche offerte dallo strumento della legislazione delegata – potrà in certa misura giovarsi delle sollecitazioni e dei dibattiti che ne precederanno l’adozione, rendendo quindi altamente preziosi momenti di riflessione come quello oggi proposto, e altri che verranno, anche a carattere più specificamente tematico.
* Ordinario di Diritto Privato nell’Università Magna Graecia di Catanzaro (umg) – Direttore dell’Ufficio Studi del Consiglio Superiore della Magistratura
Omesse le parole di circostanza, e con l’aggiunta delle note, il presente testo costituisce la Relazione presentata al Convegno “Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (P.N.R.R.): quadro normativo e misure di esecuzione degli investimenti” – Catanzaro (umg) – 1 ottobre 2021
Fonte: Giustizia Insieme
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Note
[1] Che può essere direttamente scaricato, in formato pdf, visitando https://italiadomani.gov.it/it/home.html.
L’elenco e la consultazione dei singoli Piani nazionali presentati è disponibile a questo indirizzo
Ampia informazione sul tema, con specifico riguardo alle misure attuative, nel contributo di P. Casalino, La fase di prima attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: gestione, monitoraggio e controllo. Principi trasversali e condizionalità per il corretto utilizzo delle risorse europee, in http://www.rivistacorteconti.it/5/2021, 5 SS.
Una essenziale esplicazione del Piano nel volume di V. Vacca, Guida al piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – pnrr, Pisa, Pacini giuridica, 2021.
[2] Istituito dal Regolamento (ue) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021.
[3] Il “pacchetto” per la ripresa da Covid-19 (Recovery Fund), istituito dal Consiglio europeo nel luglio del 2020, stanzia risorse per circa 750 miliardi di euro, di cui poco più di 191 miliardi risultano destinati per l’attuazione del pnrr italiano (denominato Italia domani, sul quale, per informazioni essenziali, si può utilmente consultare l’indirizzo Internet.
Un’approfondita disamina delle questioni connesse al Recovery Fund si trova nei saggi (di diversi AA.) raccolti nel volume Recovery Fund e ruolo della Corte dei conti, Quaderno n. 1/2021 della Rivista della Corte dei conti, Roma, 2021.
[4] Il Piano può essere consultato e scaricato visitando l’indirizzo Internet https://italiadomani.gov.it/it/home.html (le successive citazioni di rinvio a singole pagine del Piano fanno riferimento alla versione pdf scaricabile dal predetto indirizzo).
Le Missioni del Piano riprendono le sei grandi aree di intervento (pilastri) individuate nel Dispositivo europeo per la Ripresa e Resilienza (transizione verde; trasformazione digitale; crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; coesione sociale e territoriale; salute e resilienza economica, sociale e istituzionale; politiche per le nuove generazioni, l’infanzia e i giovani).
[5] Il testo del Libro Bianco è disponibile on line, all’indirizzo Internet https://www.giustizia2030.it. Una specifica valutazione del predetto Libro Bianco, anche alla luce delle prospettive oggi dischiuse dal pnrr è nel contributo di C. Castelli, Giustizia 2030. Un libro bianco per la giustizia e il suo futuro, in www.questionegiustizia.it (fasc. 3/2021).
[6] Per il testo clicca qui.
[7] Cfr. Pnrr, pag. 99.
[8] La stima è effettuata «sulla base di un recente studio della Banca d’Italia, basato su dati microeconomici a livello di impresa», in forza del quale si è ritenuto che «l’insieme degli effetti di una riforma della giustizia può essere simulato attraverso la relazione che intercorre tra la durata dei processi e la produttività del sistema economico. Lo studio mostra come la riduzione nella durata dei processi pari a circa il 15 per cento, intercorsa tra il 2008 e il 2016 a seguito di una serie di innovazioni introdotte da diversi provvedimenti legislativi, abbia innescato un miglioramento della produttività totale dei fattori (TFP) pari allo 0,5 per cento. Alla luce di tale risultato» – prosegue il Piano – «si ipotizza che le nuove iniziative di riforma del settore giudiziario possano avere effetti addizionali della stessa portata di quelli descritti, gradualmente e su un orizzonte di cinque anni dal momento della loro implementazione» (così a pag. 265 del pnrr, da cui sono tratti i periodi tra virgolette che precedono).
[9] Sulle novità introdotte dal D. Lgs. n. 116/2017 v. G. Reali, Il giudice onorario di pace e l’ufficio del processo, in Foro it., 2018, 12 ss.
[10] Per un commento alle richiamate Linee Guida v. G. Grasso, L’attuazione dell’ufficio per il processo, in Foro it., 2019, 409 ss.
[11] E ciò perché, come ha di recente ricordato il Ministro della Giustizia nell’intervento al quale più sopra si faceva cenno, «finora il lavoro del magistrato è stato sempre un lavoro squisitamente individuale. Con l’ufficio del processo diventa, invece, un lavoro di equipe. È come se in una sala operatoria finora il chirurgo avesse lavorato da solo o al massimo con qualcuno che gli passava i ferri. Ora entra in sala tutta un’equipe di infermieri, assistenti, anestesisti, specialisti. Il lavoro del decidere” – continua il Ministro – “non può che spettare al magistrato, come solo il chirurgo può mettere la mano sul bisturi nei passaggi decisivi, ma il lavoro di supporto potrà essere svolto con l’aiuto di altre risorse».
[12] Nè è da escludere, peraltro, che tutto ciò possa riflettersi anche nell’attività della formazione giudiziaria, la quale dovrà sviluppare sempre più, prevedibilmente, quelle metodologie cc.dd. di apprendimento partecipativo sulle quali diffusamente si intratteneva, già da tempo, il Manuale della Rete europea di formazione giudiziaria, proprio al fine di promuovere la maturazione di competenze relazionali (di indirizzo, organizzazione e confronto) che proprio un metodo di tipo esperienziale più facilmente potrà favorire.
[13] Gli addetti all’Ufficio, in particolare, supporteranno i magistrati nello studio dei fascicoli, nelle ricerche giurisprudenziali e dottrinali, nella redazione di bozze di provvedimenti semplici e in altre attività a carattere pratico-materiale (come, ad esempio, il controllo di regolarità delle notifiche).
[14] È chiaro, peraltro, che – come evidenziato da G. Reali, L’ufficio per il processo, in Lavoro Diritti Europa, 2021, 2 ss. (citaz. a pag. 19) – «il successo (auspicabile ed auspicato) di tali importanti novità organizzative è legato a triplo filo vuoi all’effettiva (e duratura) attribuzione di mezzi e di adeguate risorse finanziarie da destinare al personale inserito nella struttura, vuoi alla capacità dei capi degli uffici di coordinare, organizzare e integrare tra loro le diverse e ben più numerose professionalità che vi faranno parte, vuoi dalla disponibilità dei magistrati togati ad accogliere il nuovo metodo di lavoro “in squadra” per tentare di raggiungere l’atteso e improcrastinabile obiettivo dell’efficienza e del miglioramento qualitativo e quantitativo della giustizia civile».
[15] A ben guardare, infatti – al di là delle conoscenze di base necessarie per confrontarsi con un determinato ambiente digitale (si pensi, specialmente, alla c.d. “consolle del magistrato”) – una particolare esperienza informatica è richiesta, oggi, soltanto (come reso evidente dalla Circolare CSM in materia, del 26.10.2016 e s.m.i.) per i Magistrati referenti distrettuali per l’innovazione e l’informatica (cc. dd. RID) e per i Magistrati di riferimento per l’innovazione e l’informatica (cc.dd. MAGRIF).
[16] Su tale prospettiva v., per tutti: A Garapon-J. Lassègue, La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà, Bologna, 2021; F. Fimmanò-I.S.I. Pisano-G. Buccarella, Giustizia digitale. Processi telematici e udienza da remoto, Milano, 2021.
[17] Per una rapida informazione di sintesi sul tema v. D. Onori, Intelligenza artificiale e Giustizia. I principi della “Carta etica europea”, in https://www.centrostudilivatino.it.
[18] Il tema della c.d. giustizia predittiva è ormai da tempo all’attenzione della riflessione giuridica; ex multis v.: S. Arduini, La scatola nera della decisione giudiziaria: tra giudizio umano e giudizio algoritmico, in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 2021, 453 ss.; E. Battelli, Giustizia predittiva, decisione robotica e ruolo del giudice, in Giust. civile, 2020, 281 ss.; F. Donati, Intelligenza artificiale e giustizia, in Riv. AIC, 2020, 415 ss.; V. Zambrano, Algoritmi predittivi e amministrazione della giustizia: tra esigenze di certezza e responsabilità, in Annuario di diritto comparato e di studi legislativi, 2020, 611 ss.; C. Castelli-D.Piana, Giustizia predittiva. La qualità della giustizia in due tempi, in Questione Giustizia, 2018, 153 ss. V., inoltre, L. Viola, Overruling e giustizia predittiva, Milano, 2020.
[19] Non va trascurato, infatti, che proprio la digitalizzazione è una delle sei missioni fondamentali del Piano, anche perché, come ricordato in apertura del pnrr, «per quanto concerne la transizione digitale, i Piani devono dedicarvi almeno il 20 per cento della spesa complessiva per investimenti e riforme»: proprio per questa ragione «la digitalizzazione e l’innovazione di processi, prodotti e servizi rappresentano un fattore determinante della trasformazione del Paese e devono caratterizzare ogni politica di riforma del Piano». Conseguentemente, il Piano riserva specifica considerazione al profilo appena indicato, proponendosi di «aumentare il grado di digitalizzazione della giustizia, mediante l’utilizzo di strumenti evoluti di conoscenza (utili sia per l’esercizio della giurisdizione sia per adottare scelte consapevoli), il recupero del patrimonio documentale, il potenziamento dei software e delle dotazioni tecnologiche, l’ulteriore potenziamento del processo (civile e penale) telematico».
[20] Per la riforma del processo penale v., in particolare, la L. n. 134/2021, sulla quale, per una prima riflessione, A. Natale, La c.d. “riforma Cartabia” e la giustizia penale, in Questione Giustizia, 24 marzo 2022; G. De Marzio, La riforma Cartabia e il nuovo regime dell’improcedibilità per decorso dei termini del giudizio di impugnazione, in Foro it., 2021, 213 ss. Per gli interventi sul processo civile v. la L. n. 206/2021, su cui, ad es., C. Cecchella, Riforma del processo civile: le disposizioni in vigore dal 22 giugno 2022, in www.altalex.com.
[21] Sul tema v., di recente, anche per diversi spunti critici, G. Monaco, Riforma della giustizia penale e criteri di priorità nell’esercizio dell’azione, in www.federalismi.it, 23 marzo 2022.
[22] In proposito v.: G. Leo, Prescrizione e improcedibilità: problematiche di diritto intertemporale alla luce della giurisprudenza costituzionale, in www.sistemapenale.it, 16 febbraio 2022; A. Nappi, Appunti sulla disciplina dell’improcedibilità per irragionevole durata dei giudizi di impugnazione, in Questione Giustizia, 2021, 176 ss. Alla riforma della giustizia penale è interamente dedicato il fascicolo n. 4/2021 di Questione Giustizia (con contributi, spesso critici, di diversi Autori). Per una trattazione specifica v. anche B. Romano-A. Marandola (a cura di), La riforma Cartabia. La prescrizione, l’improcedibilità e le altre norme immediatamente precettive, Pisa, 2021.
[23] Esprime apprezzamento sul punto (pur manifestando riserve su altri profili della riforma) A.M. Tedoldi, Le adr nella delega per la riforma del processo civile, in Questione Giustizia, 2021, 142 ss.; formula, invece, alcune rilevanti osservazioni critiche anche sul tema specifico degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie A.M. Zumpano, Le adr nella delega per la riforma del processo civile, ivi, 135 ss.
[24] Nella versione originaria della proposta di riforma, la preclusione maturava già con riguardo agli “atti introduttivi” del giudizio, laddove nella successiva rielaborazione della stessa si è collocata la preclusione lungo una scansione temporale (articolata su tre termini diversi) che va dagli atti introduttivi alla prima udienza.
[25] Analitica considerazione dei vari aspetti della riforma è contenuta nei contributi (di diversi Autori) ospitati nel fascicolo n. 3/2021 di Questione Giustizia, interamente dedicato alla novella. Sul tema specifico delle preclusioni istruttorie v., per molteplici riserve e perplessità, M. Gattuso, La riforma governativa del primo grado: le ragioni di un ragionevole scetticismo e alcune proposte organizzative ancora possibili, in Questione Giustizia, 2021, 59 ss.
[26] Sebbene anche con riferimento ai diversi propositi di riforma della giustizia tributaria non siano mancate perplessità e preoccupazioni (v., ad es.: E. Della Valle, La riforma della giustizia tributaria nei ddl di fonte “senatoriale”, in www.rivistadirittotributario.it, 1 aprile 2022; M. Basilavecchia, Riforma della giustizia tributaria. Una “storica” prima pietra, tra luci e ombre, in www.ipsoa.it), è soprattutto la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio Superiore della Magistratura che ha sollevato le più forti resistenze e riserve (quotidianamente presenti, non solo nelle riviste specializzate, nel dibattito sul tema).
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