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Mafia e politica, silenzi e consensi. Il secondo incontro di Contromafiecorruzione

Avviso Pubblico il . Corruzione, Criminalità, Istituzioni, Mafie, Politica

Finanziamento pubblico ai partiti, trasparenza nella compilazione delle liste elettorali, intimidazioni agli amministratori locali, controlli e regole come pratica di buona amministrazione, e poi la percezione dei cittadini su mafia e corruzione e sull’impatto che questa assuefazione ha sul consenso sociale riscosso dalle mafie.

Sono questi alcuni dei temi affrontati nel secondo incontro appena concluso del panel “Mafie e politica – Silenzi e consensi, questioni da affrontare”, nell’ambito delle giornate preparative di #Contromafiecorruzione promosse da Libera.

Al centro del dibattito il tentativo di indagare le ragioni che sottendono i rapporti dei clan con i rappresentanti politici delle istituzioni a tutti i livelli e quali sono i meccanismi che generano questo rapporto drogato, creando il corto circuito democratico a partire dalla scelta della rappresentanza della classe politica e dalla compilazione delle liste elettorali. Le urne rappresentano, infatti, il primo varco di ingresso delle mafie nelle istituzioni. Ecco perché una buona informazione ai cittadini diventa fondamentale per scegliere i propri rappresentanti.

«Il lavoro che abbiamo avviato durante la mia presidenza in Commissione antimafia fu proprio l’analisi delle candidature, basandoci sulla recente legge Severino ma soprattutto sul più rigoroso codice antimafia», spiega Rosy Bindi, parlamentare di lungo corso e già presidente della Commissione parlamentare antimafia.

«Sapevamo i limiti del nostro lavoro, tuttavia decidemmo di svolgere questo esame. È paradossale, ad esempio, che non ci sia una banca dati dei candidati e che la legge non dia sufficiente tempo alle commissioni elettorali di valutare le candidature, oltre all’enorme difficoltà di accedere al casellario giudiziario, che comunque da solo non basta per stabilire il grado di compromissione del personale politico con le organizzazioni criminali – prosegue l’On. Bindi -. Il nostro era un tentativo di dare un contributo informativo agli elettori, che avevano il diritto di conoscere i candidati. Ma proprio in quell’occasione mettemmo in evidenza i limiti dei controlli delle candidature nel nostro paese, chiedendo di rivedere le norme».

«Oggi è necessario che ci sia una legge che regoli i partiti politici, che dia piena soddisfazione dell’articolo 49 della Costituzione, ovvero i partiti devono selezionare con metodo democratico i propri rappresentanti. E non sempre i comportamenti interni dei partiti rispondono a esigenze di democrazia. Agire su questo potrebbe ricostruire le comunità politiche nel nostro paese, creare un trait d’union tra politica e cittadinanza ed evitare che in futuro siano i tribunali a emettere un giudizio politico».

È in questo contesto che emerge Tangentopoli, il cui ricordo a trent’anni di distanza, dice Rosy Bindi, è concentrato sul dibattito del comportamento della magistratura in quel contesto. «Questo perché la politica non ha mai emesso un giudizio su se stessa, preferendo delegare alla magistratura questo giudizio, e negando ancora oggi quella rivoluzione morale necessaria a far sì che torni un sano dibattito sul finanziamento pubblico ai partiti». Controlli e regole più stringenti per evitare che il denaro pubblico diventi strumento di controllo del potere. Da qui la necessità di sviluppare e condividere informazioni per evitare che la pianta mafiosa attecchisca nel giardino della politica.

In questo senso Avviso Pubblico da anni si è dotata di un codice etico – la Carta di Avviso Pubblico – che è strumento e bussola per gli amministratori locali. Ma quanto è difficile far coesistere regole e controlli?

«La Carta di Avviso Pubblico prova a presentare ai cittadini l’idea che i temi etici esulino da un paradigma legittimista. Ovvero, prova a innalzare l’asticella su questioni come il tipo di comportamento che devo assumere nei confronti della comunità al di là delle prescrizioni della legge – rilancia Roberto Montà, sindaco di Grugliasco e Presidente di Avviso Pubblico – Il tema dell’integrità delle istituzioni è un tema fondamentale perché queste hanno valore superiore rispetto alle sensibilità e alle decisioni personali di chi le rappresenta».

«Noi abbiamo il tema dell’agibilità della politica che non va tanto lontana dalla credibilità della politica a livello locale. Bisogna trasferire ai concittadini l’idea che le regole sono a tutela del loro denaro e che sono un valore da difendere. È chiaro che questa agibilità politica è anche legata alle condizioni in cui operano gli amministratori, che in alcuni casi vivono criticità legate al rischio e alla pericolosità per via delle decisioni che sono costretti a prendere e che spesso li espongono alla rabbia dei cittadini che non ottengono i servizi richiesti. È qui – spiega ancora Montà – che si apre la necessità di rivisitare il Testo unico degli Enti locali, come occasione per approfondire gli assetti istituzionali, ma anche il contesto in cui gli amministratori locali possono agire». Il riferimento al tema della responsabilità giuridica degli amministratori locali è chiaro. Spesso la consapevolezza che una decisione in buona fede può significare ripercussioni pesanti anche sul proprio patrimonio personale è anche causa di fuga dall’impegno politico.

E sul tema degli amministratori minacciati, Roberto Montà ricorda che Avviso Pubblico da dieci anni monitora il fenomeno, redigendo il rapporto Amministratori Sotto Tiro. «Ci vuole uno sforzo per un rilancio del ruolo degli amministratori locali. Dobbiamo creare le condizioni affinché ci sia un cordone di vicinanza attorno a loro».

«Prima degli anni ’80 chiunque provava a parlare di mafia veniva definito un provocatore. Le citazioni che si potrebbero fare a riguardo sono molteplici» ha dichiarato Giancarlo Caselli, già procuratore di Palermo e di Torino nel suo intervento conclusivo. «Se non si poteva parlare di mafia figuriamoci se si poteva parlare di rapporti tra Mafia e Politica. Era forte e diffusa la negazione di questi rapporti. In questo modo non abbiamo fatto altro che legittimare questi rapporti e questo ha rappresentato un rischio altissimo per la qualità della nostra democrazia. Chi tocca ancora oggi i fili dei rapporti mafia e politica può star sicuro che sarà preso di mira».

«La politica purtroppo non ha saputo imparare la lezione di Tangentopoli continuando a fare orecchie da mercante – ha concluso il Procuratore Caselli – Dal ’96 in poi la mafia non è più diventata una priorità nell’agenda politica del governo. E questo è un discorso trasversale rispetto ai vari movimenti e partiti politici probabilmente per due fattori: troppa legalità e giustizia danno fastidio a tutti gli schieramenti politici; tutta la politica vive di consenso e se questo rischia di affievolirsi ecco che tutti finiscono per non accettare o sostenere quei processi che hanno invece raccontato storie e intrecci fondamentali per capire questi rapporti. Tutto questo finisce purtroppo per acuire le distanze tra cittadini e politica e per travolgere tutti coloro che invece svolgono questo ruolo con disciplina e onore».

Il webinar di oggi si inserisce all’interno delle giornate preparative di #Contromafiecorruzione, il progetto ideato da Libera per raccontare e analizzare corruzione, mafie e antimafia, che si concluderà con una due giorni a Roma, il 29 e il 30 aprile.

Il gruppo di lavoro affidato ad Avviso Pubblico, nella figura del Coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, Pierpaolo Romani, insieme al magistrato Giancarlo Caselli, è sul tema Mafia e Politica.

Per iscriversi alle giornate in presenza a Roma è necessario compilare il presente form.

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“MAFIE E POLITICA: SILENZI E CONSENSI, QUESTIONI DA AFFRONTARE”: IL 13 APRILE, ONLINE, IL SECONDO INCONTRO DI #CONTROMAFIECORRUZIONE

Mafie e Politica: quando è in gioco la democrazia

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