Alla luce del Sole. Il bar confiscato alla mafia “stranamente” boicottato a Garbagnate (MI)
Ma che belli che sono i beni confiscati alla mafia. Con quella legge che nel 1982 costò la vita al suo ideatore, Pio La Torre, ma oggi è bandiera di progresso per la Repubblica.
E poi la legge per il loro riutilizzo sociale, nata nel 1996 grazie al milione di firme raccolte da Libera, con le migliaia di giovani che ci vanno ogni anno a lavorare. Tranne i mafiosi e chi vorrebbe metterli all’asta, sono davvero tutti d’accordo: proprio belli, quei beni, il segno della vittoria dello Stato.
Già. Spesso è così. Ma altre volte no. Per le lentezze estenuanti nell’impiegarli. Per l’uso incolore che se ne fa talora quando si tratti di appartamenti o box. O perché i beni non reggono la prova del mercato quando ne nascano imprese pulite. Insomma, a causa delle accidie, delle norme incongrue, o dei contesti locali. E mica solo nel Sud.
Perché qui si narrerà di Garbagnate, comune dell’hinterland milanese da tempo “attenzionato”, come direbbe il burocrate, dai clan calabresi. In particolare dalla famiglia Bruzzaniti. Proprio a Garbagnate un bar del clan è stato infatti sequestrato per ordine del Tribunale di Reggio Calabria che indagava su importanti traffici di droga. Un bar dalla posizione invidiabile: nella piazza centrale e proprio davanti al Comune. Affari garantiti, dunque.
L’amministratore giudiziario lo assegna alla associazione “Una Casa Anche Per Te”, già impegnata nella gestione della Libera Masseria di Cisliano, una delle migliori espressioni del movimento sorto al nord sui beni confiscati. E l’associazione fa subito due scelte simboliche: nell’autunno 2020 costituisce la BarBiana Impresa Sociale S.r.l (don Milani); poi con quella apre il bar “Alla luce del sole – Café Bistrot” (padre Puglisi). In un colpo solo due progetti di vita.
Sotto la guida di un altro “don” (Massimo Mapelli, il fondatore della Libera Masseria) partono i lavori di ristrutturazione e sistemazione grazie a un folto gruppo di volontari. Si ridipingono i muri, si fanno gli inventari della passata gestione. Con coraggio, perché il Covid stronca anche bar storici, e l’alternarsi di zone gialle e arancioni non indurrebbe nessuno a inventarsi imprenditore nel settore.
Il bar, immaginato come spazio di ritrovo e incontro sociale, ospita protagonisti civili ma anche personaggi anonimi, come il gelataio che soccorse i naufraghi a Lampedusa. Nonostante la peste giunta dalla Cina, i giovani ci credono. Tutto sommato, ripetono, contro la mafia non c’è bisogno sempre di eroismi. Basta scegliere da che parte stare. E in questo caso basta addirittura solo scegliere dove prendere un caffè. Davanti al Municipio, poi, nella piazza centrale.
Ma ecco l’amara rivelazione. Forse il caffè è il più schifoso al mondo, fatto sta che il bar va letteralmente deserto, come fosse passato per tutte le case, e magari anche negli uffici pubblici, un postino a dare l’ordine di non andarci. Magari senza parlare, basta un gesto. A passare senza “forse”, comunque, è un signore che spiega ai giovani che ci lavorano che hanno sbagliato il posto.
E senza “forse” i giovani vengono platealmente seguiti e attesi (dicono da un autista del clan) nel loro giro di presentazione tra le filiali bancarie di Garbagnate. Alla fine il bar, stremato economicamente, ha chiuso; alla fine di marzo.
Che fare? Qualche sera fa c’è stato un incontro pubblico importante: prefetto, Cgil, magistratura, associazioni. Per vedere tutti insieme come salvare questa esperienza, visto che i beni confiscati sono così belli e danno tanta speranza a tutti.
Chissà se il 23 maggio, giusto per ricordare Falcone, tutte le autorità civili, militari e religiose di Garbagnate milanese vorranno trovarsi davanti al Comune per prendere un caffè “alla luce del sole”.
Per far capire alla cittadinanza che in quel bar si può entrare. Senza paura. Scegliendo da che parte stare. Chissà.
* Storie Italiane, Il Fatto Quotidiano, 11/04/2022
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Senza elmetto. Pacifisti sì, ma dalla parte del Vietnam, del Cile, di Praga e oggi di Kiev
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