Milano. Patto tra Comune e Terzo settore: più fondi e coprogettazione del welfare
Costruire un sistema di welfare civico più partecipato, che metta sullo stesso piano l’amministrazione di Milano e il Terzo settore. È questa – dovessimo assumere all’osso – la chiave di lettura del programma “Per un Welfare dei diritti” redatto da “Una Milano che difende” – costituita da oltre 10 realtà del Terzo settore, tra cui Casa della Carità e Soleterre che si riconoscono nei valori di Libera – e presentato oggi a Palazzo Marino.
«La pandemia ha fatto emergere la diffusa difficoltà di accesso a diritti e servizi soprattutto per le fasce più deboli della cittadinanza. Occorre quindi uscire dalla logica del “progettificio” – che tra le sue conseguenze ha anche quella di rendere precari gli operatori sociali, creando una stortura interna al settore – avviando veri percorsi di coprogettazione, ai sensi del decreto n.72 del 31 marzo 2021, che definisce le Linee Guida sul rapporto tra Pubbliche Amministrazioni ed Enti del Terzo Settore e che stabilisce che le pubbliche amministrazioni devono “assicurare il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di interesse generale”», spiega Lucilla Andreucci, referente milanese dell’associazione Libera.
La parola chiava è “coprogettazione”
Secondo don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità: «Il Terzo settore ha collezionato troppi “premi di bontà”: abbiamo la maturità per dare la nostra visione politica e culturale ai problemi che la pandemia ha accentuato».
Accetta questa collaborazione Lamberto Bertolè, titolare del welfare di Palazzo Marino: «Il Comune vuole essere il cuore della coprogettazione. Il capoluogo lombardo negli ultimi 3 anni ha stanziato 115 milioni per progetti di welfare, ma per i servizi alla comunità, la differenza non la fanno i numeri, ma la qualità dell’offerta».
È d’accordo anche Valentina Valfrè di Soleterre: «Il virus ha fatto emergere l’importanza delle reti sociali esistenti dei quartieri. Questo percorso deve essere consolidato, sostenuto e resto più efficace. Per questo con il Comune iniziamo un percorso che non metta più in competizione gli enti del Terzo settore per vincere un bando di un paio di anni. Convergiamo sulla necessità di investire più soldi, quelli del Pnrr, per il sociale, e proponiamo di farlo con più continuità, sfruttando le pratiche innovative sperimentate sui territori».
Il terzo settore è (più che) maggiorenne a Milano
Questi percorsi di welfare dal basso a Milano devono essere trasparenti e i loro risultati verificabili, per rispondere al meglio ai bisogni sempre più complessi dei più fragili e per garantire continuità di lavoro alle organizzazioni territoriali, anche piccole, che hanno instaurato relazioni di lunga durata con beneficiari e cittadini.
«La tanto declamata Milano della solidarietà non dev’essere ridotta a generoso volontariato meneghino – pure di fondamentale valore -: le vanno riconosciute responsabilità e competenze professionali per una città che abbia a cuore i diritti di tutti, cominciando da quelli degli ultimi», chiosa Colmegna, che ricorda anche come i traduttori per gestire i profughi ucraini siano, soprattutto, le badanti che lavorano nelle case dei milanesi, e oggi sono nelle cooperative, negli sportelli pubblici e nelle scuole per aiutare a scavalcare il “gap linguistico”: «Questo è un esempio di welfare orizzontale, che funziona in emergenza. Ma che deve essere applicabile anche in situazioni diverse, in contesti diversi e in quartieri diversi».
Avanti insieme: welfare e legalità
Presente oggi nella sala Brigida di Palazzo Marino anche Rosario Pantaleo, presidente della Commissione Antimafia del Comune di Milano che ha ricordato come un cambio di passo nelle relazioni tra terzo settore e istituzioni pubbliche debba esserci anche nell’attenzione al rischio infiltrazioni mafiose e di corruzione nella partita dei fondi del Pnrr in arrivo a Milano: «I fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e quelli per le Olimpiadi del 2026 stano arrivando in città e in regione, e già in passato organizzazioni criminali sono state leste a intercettare il bisogno di spesa».
Spesso hanno occupato anche spazi impropri e alimentato «i circuiti del riciclaggio, anche servendosi di cooperative spurie e società di facciata. Occorre vigilare, perché questo non accada», conclude Lucilla Andreucci di Libera Milano.
Fonte: Vita
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