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Scafati (SA), dodici ettari di riscatto nel nome di Nicola Nappo

Roberta Lisi il . Campania, Lavoro, Mafie, Memoria, Società

Un fondo agricolo intitolato a una vittima incolpevole della camorra. Un ragazzo ucciso per sbaglio, che torna vivere ogni giorno nei pomodori e nella frutta coltivati nel rispetto dell’ambiente e del lavoro

Nicola Nappo aveva 23 anni. Era il 9 luglio del 2009 quando fu ucciso per sbaglio. Si, per sbaglio. La sua unica colpa era quella di sedere su una panchina nella piazza del suo paese, Poggiomarino, in provincia di Napoli, assieme a un’amica, ex fidanzata di Carmine Amoruso, colui al quale i colpi del killer mandato da Antonio Cesarano del clan Sorrentino erano diretti. Nicola era figlio di una coppia di agricoltori e faceva il fabbro. Aveva il volto sorridente di chi si affaccia alla vita con fiducia e serenità.

Anche il suo nome verrà letto, questa mattina, lunedì 21 marzo, dai microfoni di piazza Plebiscito a Napoli, nella Giornata della memoria delle vittime incolpevoli di mafia.

Questo nome dall’agosto del 2018 è diventato sinonimo di legalità, buona agricoltura, riscatto dalla camorra. In quell’anno, infatti, i 12 ettari di terra agricola sequestrati e confiscata al Clan Galasso a Scafati in provincia di Salerno, sono stati assegnati a un’Ats (associazione temporanea di scopo, ndr), costituita dall’Alpaa, dall’Arci e da Finetica, e nata con il sostegno e la spinta della Flai Cgil, che ha deciso di intitolare il Fondo proprio a Nicola Nappo.

Quando le forze dell’ordine nel 2005 entrarono nella villa costruita sul terreno, trovarono oltre a un vero e proprio zoo, anche il trono autentico del re di Napoli Francesco II detto Franceschiello, che governò il Regno delle Due Sicilie a metà dell’800. Quando, invece, vi entrarono i volontari dell’Ats era l’autunno del 2018, e trovarono degrado e abbandono.

“Strade impraticabili, alberi pericolanti, che non venivano potati da oltre 10 anni, impianti idraulici ed elettrici distrutti, fabbricati abbandonati, intere aree coperte di cumuli di terreno dissestato”. A parlare è Giuseppe Carotenuto, presidente dell’Ats. La sua voce tradisce orgoglio e passione, ma anche fatica e responsabilità. “Nei primi mesi, ci dice, nemmeno si può raccontare quante intimidazioni e sabotaggi abbiamo dovuto subire dai clan locali che proprio non accettavano non solo che quella terra fosse loro sottratta, ma che quello divenisse un vero e proprio luogo di costruzione di legalità”.

La svolta c’è stata quando Maurizio Landini, da poco eletto segretario generale della Cgil, e don Luigi Ciotti sono andati a Scafati, hanno visitato i terreni e si sono schierati al fianco dei volontari e dell’Ats. Era il 15 maggio del 2019, l’occasione era importante, l’assegnazione del Premio intitolato alla memoria di Nicola Nappo.

“Pioveva moltissimo – ricorda Carotenuto – ma è stata davvero un’occasione speciale, un riconoscimento enorme per il lavoro svolto in quei primi difficili mesi. Un riconoscimento per le tante attiviste e attivisti che non si sono fatti intimidire, non hanno mai mollato”.

Legalità a tutto tondo è quella che si costruisce e pratica su quei terreni. Chi lavora la terra lo fa con contratti regolari. Chi trasforma i prodotti, dalla frutta ai pomodori san Marzano Dop, lo fa utilizzando manodopera regolare e regolarmente pagata e trattata. E non solo, la scelta compiuta è stata quella dell’agricoltura naturale, niente pesticidi e fitofarmaci, nemmeno quelli consentiti dalla legge, niente conservanti, niente che non sia naturale. “Una scelta di responsabilità nei confronti di chi mangerà i nostri prodotti e nei confronti dell’ambiente”, sottolinea Carotenuto.

Da allora a oggi sono state piantumate quasi 3000 piante di nove specie diverse: due di limone, arancio, albicocco, nespolo, vite, nocciolo, melograno, ulivo. I frutti freschi vengono venduti a una rete di clienti selezionati che hanno deciso di acquistare i prodotti dei beni confiscati come scelta etica. La parte restante è indirizzata a un gruppo di imprese di trasformazione legate al territorio per realizzare una linea di prodotti biologici e di alta qualità. Ma fiore all’occhiello della produzione è il pomodoro.

Il presidente è davvero fiero: “Noi coltiviamo pomodori buonissimi e poi grazie ad accordi con un’azienda locale li trasformiamo in pelati e passate. Quest’anno abbiamo fatto anche i pomodori secchi sott’olio, tutto buonissimo”. Dev’essere vero, perché quando gli chiediamo come fare ad acquistare i prodotti del Fondo ci sentiamo rispondere che tutta la produzione è andata esaurita, “Va a ruba!”. E poi, sarà un caso, ma l’indirizzo del Fondo è… via Nuova San Marzano.

I ragazzi e le ragazze sono i costruttori di legalità del futuro, a loro dunque sono dedicate alcune delle attività principali del Fondo Nappo. Innanzitutto, un percorso didattico e turistico composto da circa trenta tappe alcune hanno un carattere agronomico, si va alla scoperta del pomodoro San Marzano, del cipollotto nocerino ecc. con degustazioni e incontri con gli esperti.

Altre hanno carattere storico culturale, è possibile visitare la mostra fotografica sulla storia contadina dell’agro nocerino-sarnese, l’area dedicata alla Liberazione dal nazifascismo e quella dedicata alla lotta al caporalato. E poi nell’estate del 2019 i campi di Libera, cento giovani arrivati da tutta Italia, dal Bangladesh, dagli Usa, dalla Francia e dall’Albania hanno vissuto un’esperienza di impegno, volontariato, e anche di amicizia davvero unico. Hanno incontrato i familiari vittime di camorra e i testimoni della Liberazione dal nazifascismo

Ma questo non è tutto. Se lo spirito della legge sui beni confiscati è quello della restituzione alla collettività di quanto sottratto con la violenza e il sopruso dalle mafie, allora nel Fondo Nappo è ben realizzato. Una parte dei terreni, infatti, è stata destinata a orti urbani: 50 metri quadrati a famiglia. Sono 100 le famiglie che coltivano ortaggi e fiori e che animano la vita del Fondo contribuendo a costruire così, anche loro, legalità.

Fonte: Collettiva

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