Il sussidiario ritrovato. La gioia di vivere l’avventura della “catena del Cervino”
Gira una voce maliziosa sui lettori del “Fatto”: che essi siano malmostosi, incattiviti col mondo, e perciò vocati a deliziarsi di avvisi di garanzia e denunce di malaffare.
Io qui vi mostrerò che così non è. E che essi sanno invece produrre catene virtuose fatte di gentilezza e di altri buoni sentimenti.
Tutto inizia con una puntata di “Storie italiane” dedicata a un libro di scuola della mia infanzia, “Cervino”. Un sussidiario che aiutava a superare gli esami di Stato della quinta elementare e che dovrebbe essere studiato dagli odierni studenti universitari; e verso il quale, evidentemente, traspare nell’articolo una mia nostalgia.
Dirò allora che non ho mai ricevuto tanti riscontri e messaggi come dopo quelle “Storie”. Chi ricorda l’epopea del libro, chi ne evoca perfino i colori. Chi apprezza il messaggio. Altro che mafia e ‘ndrangheta.
Tra questi vi è una lettrice, Chiara Cavalli si chiama, a quel tempo non ancora nata, che si incuriosisce. Ha seguito a Brescia un corso popolare (sulla mafia, appunto…) in cui ho insegnato. Coglie il mio desiderio di ritrovare quel libro e si mette in rete a cercarlo. Si sfinisce in un dedalo di vicoli ciechi finché d’improvviso in un blog di nostalgici del vecchio sussidiario (pensate che cosa c’è in rete…) arriva l’annuncio trionfante: io l’ho trovato! È un’insegnante napoletana.
Chiara le scrive allora chiedendo in prestito l’opera per farne una copia. Spiega che si tratta di un regalo speciale, di cui non precisa il destinatario, raccontando tuttavia il perché e il percome. L’insegnante però rilutta. E se il libro si perdesse nella spedizione? Così Chiara, per tranquillizzarla, va a Napoli di persona a incontrarla. E scopre che Donatella, questo il nome (Ortolani il cognome), insegna francese ed è impegnata in forme importanti di solidarietà sociale. Donatella le presta il “Cervino”. E Chiara, sulla via del ritorno, medita sulla fiducia di cui ha goduto da perfetta sconosciuta. Pensa a come è bello vivere in un mondo in cui ci si fida gli uni degli altri.
Il giorno dopo l’insegnante telefona a Chiara per avere aggiornamenti. E le chiede di potere leggere l’articolo uscito sul “Fatto”. Dopo averlo letto avviene il piccolo miracolo: Donatella prega Chiara di lasciare a me l’originale e di fargliene una copia. L’originale è bellissimo. Con i colori pastello che ricordavo, con sottolineature e appunti che chissà a chi appartengono e che ne rafforzano il valore, chissà quante vite se ne sono nutrite. Solo che presenta pagine volanti, danneggiamenti dovuti all’usura.
E allora Chiara si ferma a Bologna in un piccolo laboratorio di restauro di libri, tenuto da una giovane artigiana, anche lei di nome Chiara. Che non dà molte speranze. Il volume è “fragile, stressato e fatto di materiale povero”. Promette di fare il possibile entro un mese. La Chiara protagonista spiega allora di nuovo dell’articolo sul “Fatto”, della rarità dell’opera e dell’insegnante napoletana. E il libro è pronto già il giorno dopo. Resta ora da fare la copia per l’insegnante generosa.
Chiara si ricorda di un centro di Brescia specializzato nella scannerizzazione di testi antichi. Ci va e incontra un signore dall’accento veneto e dai modi un po’ bruschi. Il quale maneggia il sussidiario con garbo ma annuncia che ci vorrà un mese. Chiara gli spiega tutta la storia. Lui non fa una piega. Non resta che lasciargli il libro sperando. Il giorno dopo l’accento veneto rispunta al telefono. Il libro è pronto. L’opera è stata subito copiata e l’originale può essere ritirato.
Chiara l’ha portato a Milano presso un ostello che sa che frequento. Che l’ha preso in custodia fino al mio ritiro. Da oggi, dunque, la “catena del Cervino” è anche la catena umana partita da una lettrice del quotidiano malmostoso. Fatta di gentilezza, solidarietà e cultura. In tempi di guerra, è oro.
* Storie Italiane, Il Fatto Quotidiano
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