Ricostruzione. I soldi dei mafiosi a chi lavora
La cosa più bella di Roma, prima del virus, erano i bambini delle elementari che scorrazzavano tutti allegri, con la maestrina in testa, fra le rovine del Foro (chissà chi li ha bombardati, pensavano gli scolaretti di più lontano, mischiati fra tutti gli altri).
Eppure, era una scena fascista.
Quei piccoli infatti erano divisi fra ariani e non-cittadini (trecentomila in tutto, per la precisione). Erano nati in Italia come gli altri, strillavano in romanesco “Forza lupi!” ma erano “razza straniera”.
Poi venne l’epidemia, e sfasciò tutto quanto. “Andrà tutto bene”, “Non sarà niente più come prima”. Come no. Sono passati due anni, e ancora bambini bianchi e bambini neri.
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Strana faccenda, il virus. Qualcuno, che s’era lasciato fregare senza fiatare le fabbriche, il lavoro e l’avvenire dei figli, divenne d’un colpo anarchico pur di non farsi la punturina; qualcun altro scopri gli untori in capo ai poveracci anzidetti. Nessuno pensò a bloccare il virus distribuendo vaccini ai poveri lontani: “Casomai gli alziamo un muro o alla peggio lo bombardiamo in mezzo al mare”.
Spuntarono strani capi (a parte gli eterni fascisti, virus italico per eccellenza), vantandosi chi conte e barone, chi addirittura drago; del resto era tempo di Game of Thrones, non più di Campanile Sera. Abolita la scuola, delegato l’insegnamento (come tutto il resto) agl’industriali, con materie tipo “Come sopravvivere al lavoro” o “Come schivare le manganellate o almeno prenderne poche”. Un paese felice.
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Al solito, toccò ai ragazzini cercare di mettere a posto le cose. A loro, e ai pochi adulti che ancora ragionavano all’antica. “Bisogna cambiare tutto, riaprire aziende, dare lavoro!”. “Si, ma con quali soldi?”. “Coi loro!”. “Loro chi?”. “Ma i mafiosi naturalmente! Chi altri vuoi che abbia i soldi, oggi, in Italia?”.
E dunque eccoci qui. I soliti vecchi amici di Pippo, di Peppino, di Paolo, di Giovanni. “Una legge per confiscare i soldi ai boss mafiosi, e darli ai giovani per lavorare e produrre cose!”.
E tira, e molla, e “quannu finisci si cunta”, e vedremo come andrà a finire. Ora c’è pure il sindacato dei muratori, che vuol dare una mano, e capirai: sono fra i più disoccupati, e sono fra quelli che non si fanno mettere i piedi in faccia da nessuno. Beh, forse così ce la facciamo. Uno, due…
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Il Foglio dei Siciliani febbraio 2022
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