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Sul referendum anti-custodia cautelare, è Salvini o un altro?

Gian Carlo Caselli * il . Corruzione, Criminalità, Forze dell'Ordine, Giustizia, Istituzioni, Politica, Società

Giravolte. Si propugna come uomo d’ordine, ma così lascerà liberi soggetti pericolosi

Roba da non credere.

Matteo Salvini, l’uomo politico che predica “legge e ordine” (forse più ordine che legge…); l’uomo politico che la difesa è sempre legittima a prescindere; l’uomo politico che ha raccolto firme per la castrazione chimica di pedofili e stupratori; l’uomo che citofona personalmente per verificare se lì abitano degli spacciatori; l’uomo che denuncia il tentativo di sostituzione etnica dei nostri lavoratori con dei disperati, nullafacenti o delinquenti che non scappano dalla guerra ma la stanno portando in casa nostra; in sostanza, un uomo politico “muscolare”, duro fra i duri.

Ebbene, proprio lui adesso mi scivola su una buccia di banana. Ha sostenuto e propugnato, fra gli altri referendum, anche  quello sulla  custodia cautelare, che può causare non pochi guai alla sicurezza dei cittadini.

Quando la Consulta lo ha ammesso ha coerentemente esultato, incurante dei pericoli che molti segnalano. Roba da non credere, appunto.

Perché è un dato di fatto che fior di illustri studiosi hanno lanciato, con motivazioni robuste, l’avvertimento di una clamorosa falla. Nel senso che il quesito referendario è formulato in maniera che agli autori di gravi delitti, se non commessi con violenza, non è più applicabile la misura della custodia cautelare motivando con la prognosi di ripetizione degli atti criminosi per cui si procede.

Questa rilevante limitazione riguarda una fascia molto ampia di reati che provocano un sensibile allarme sociale: quelli contro la pubblica amministrazione, l’economia e il patrimonio, nonché quelli contro la libertà personale e sessuale (potrebbero beneficiarne ad esempio tutti gli stalking non violenti), fino alle truffe in danno degli anziani.

Un risultato decisamente improponibile. Rifiutato da associazioni tipo “Telefono rosa” e da parlamentari come Mara Carfagna e Giorgia Meloni (la quale, momenti di concorrenza elettorale a parte, si è trovata spesso in sintonia con le proposte di Salvini).

Adesso sono davvero curioso di leggere le motivazioni della Consulta, per vedere dove e come hanno sbagliato (se hanno sbagliato) quegli studiosi e quei politici che hanno visto nel referendum sulla custodia cautelare un possibile boomerang.

Ma non finisce qui: perché se il referendum dovesse essere approvato, alla prima decisione giudiziaria di un certo rilievo che applichi la nuova legge farà seguito – c’è da scommetterlo, sicuri di vincere facile – un’ondata di malcontento e indignazione popolare contro questa magistratura troppo lassista (l’intramontabile “polizia arresta, giudici scarcerano”….).

Con il corollario di politici che cavalcheranno l’onda per raccogliere qualche voto in più. Magari proprio alcuni di quelli che hanno voluto e si sono intestati il referendum.

Si riproporrebbe un copione purtroppo non nuovo, al quale siamo ormai assuefatti. Anche se rasenta il teatro dell’assurdo.

* Il Fatto Quotidiano, 18/02/2022

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