Mani Pulite e il revisionismo del malaffare
Il 17 febbraio 1992 viene arrestato Mario Chiesa, dirigente del partito socialista e presidente del Pio Albergo Trivulzio, benemerita casa di riposo per anziane ed anziani.
Ma l’accusa è infamante: corruzione! La Milano da bere è anche da mangiare?
Le indagini si allargano e si moltiplicano assumendo un titolo giornalistico non proprio lusinghiero, appunto Mani Pulite! Che si evolve in Tangentopoli quando l’emulazione sommerge l’intera Penisola, comprese le insule.
Tangente è ormai il vocabolo cardine per scassinare la nazione, enti pubblici e privati, partiti, scambiando danaro o altra utilità con atti e comportamenti amministrativi da parte di individui o di tavolate di autorità, imprenditori, intermediari, correnti, sodalizi, logge, cupole, palazzi di giustizia, regge di ministri, vertici politicanti, su strade, viadotti, metropolitane, porti, aeroporti, scuole, ospedali, fino alla fornitura del salame peperino e del formaggio piccante nelle carceri.
Inquisiti più di 5.000, 4 ex premier, 200 parlamentari (Ctr. https://www.treccani.it/enciclopedia/tangentopoli_Enciclopedia-Italiana/). Colpevoli 1.233; assolti 14,59 %, media nazionale; prescritti 23,08 %… (statistiche della procura di Milano fino al 2002 in https://www.gnewsonline.it/tangentopoli-le-tappe-piu-significative-dal-1992-al-2000/).
Nelle ultime settimane i mass media hanno ripercorso l’altalena di delitti e castighi con due concetti ricorrenti. Parecchi italiani hanno oscurato peccati e perversioni o comunque hanno voglia di oblio; anche le schiere di fan che hanno vissuto con entusiastica adesione la catarsi nei primi anni ’90, adesso, salvo eccezioni, sono tiepidi. Si dà per scontato che il malaffare goda di esuberante revisionismo, tanto da essere cresciuto, accettato, apprezzato. La tesi mi addolora ma non mi stupisce.
In realtà inizialmente la giurisdizione è identificata in un Robin Hood che toglie ai ricchi, i politici predoni, per dare ai poveri, onesti ed operosi. Il quadro cambia quando gli inquirenti, acquisendo sempre maggiore indipendenza, cominciano a stanare tutte le forme di illegalità non violenta che grandi fette della popolazione, comprese/i tante/i di noi, commettono.
È a questo punto che chi pretende la legalità dagli altri, ma non da sé, abiura i giudici, divenuti parassiti, nemici della gente perbene che fatica, anche se con metodi ed obiettivi iniqui. E in labirintica giravolta di ruoli incorona gli investigatori come imputati e i corrotti come ignari passanti. Vernicia addirittura il vero, che sommessamente, col fiatone tachicardico, si incaponisce nel ritenere gli elementi numerici oggettivi di Mani Pulite un enorme sforzo con ottimi risultati, ovviamente con errori ed orrori comunque fisiologici.
Perdura invece la figura determinante del procuratore della Repubblica dell’epoca, Saverio Borrelli, che si assume la responsabilità giuridica e morale dell’inchiesta. Quando ci sono delle grane, è lui il garante. Non espone i suoi collaboratori. Con serenità e lealtà. È integerrimo! Avrebbe potuto insabbiare subito il processo e invece ad Antonio Di Pietro affianca un collega del calibro di Gherardo Colombo, e poi Piercamillo Davigo, e ancora Gerardo D’Ambrosio.
Di Pietro però il 6 dicembre del 1994 si dimette dall’ordine giudiziario, per tutelare il pool dalla campagna di delegittimazione scatenata esclusivamente contro di lui.
La Voce di Montanelli, 7/12/94
-Michele Del Gaudio fu tra i primi nell’83 a sollevare il coperchio di Tangentopoli, con il caso Teardo, a Savona.
(da Albisola a Savona tutte le mattine fino alla Torretta. Alle spalle Corsica Viva, con storie vissute su ponti, cabine e motori. Porta in Corsica. A divertirsi, fuggire di casa, cercarla dall’altra parte del mare. Non salirò, Corsica Viva. Resta anche tu, le vele abbassate, appoggiata alla Torretta)
“Ci misero i bastoni tra le ruote in tutti i modi. Riuscimmo a far condannare Teardo, sì, ma, quando si trattò di passare al livello superiore del PSI… (a) De Michelis e Manca, ci trovammo davanti un muro…”
-Lei ha scelto la politica, crede che Di Pietro farà anche lui politica?
“lo spero ancora che si creino le condizioni per convincere Di Pietro a ripensarci. Non è il momento di lasciare il suo posto, adesso. Ma se scegliesse la politica, ritengo opportuno che lasci passare…tempo. lo ho aspettato dieci anni. Ho rifiutato le candidature che mi vennero offerte…e ho accettato solo dopo che la Cassazione aveva chiuso il processo Teardo”.
-Perché le dimissioni dalla magistratura e non solo dal pool?
“Di Pietro non è un uomo di mezze misure. Ma… spera che nel frattempo succeda qualcosa per farlo tornare indietro…”.
-Senza Di Pietro Mani Pulite finirà?
“lo stesso, un anno fa, avevo sostenuto…di far ruotare i (membri) del pool, lasciando fermo soltanto Borrelli, per evitare il rischio di personalizzazioni. Non…finirà”.
La separazione dei poteri
Camera dei Deputati. Aula. Seduta del 6 dicembre 1994.
Del Gaudio: “Volevo richiamare l’attenzione sullo scontro fra… Noi progressisti abbiamo presentato un’interrogazione al riguardo… Governo e un ufficio giudiziario determinato: la Procura della Repubblica di Milano… È necessario secondo noi un intervento… immediato… del Ministro della Giustizia…”.
Seduta del 7 dicembre 1994. Del Gaudio: “Signor Presidente… a nome del gruppo progressisti-federativo… ci permettiamo di insistere pressantemente perché… il ministro… oggi stesso venga in quest’Aula…”.
In quei giorni vado a Milano da Saverio Borrelli.
Il cielo pacifico osserva incuriosito, l’aereo fiducioso viaggia sopra un aquilone bambino, il mare da lontano incoraggia, la metropoli pulita e stirata è sveglia.
È un vero galantuomo! È mortificato per la vicenda dell’avviso di garanzia a Berlusconi durante la manifestazione internazionale. Ho l’impressione che ce l’abbia con Di Pietro. È integro! Irreprensibile! Schietto! Preparato! Equilibrato! Giusto! Tonino invece, detto “Il Taurino” per il suo camminare a sfondamento, è simpatico, ma umorale. Siamo in ottimi rapporti, ma la scena della toga gettata in udienza è un colpo di teatro che mi indigna. Preferisco non incontrarlo. Preferisco Saverio: incarna la verità!
Nella Milano delle autostrade cittadine il popolo di veicoli incerti sfreccia come una raffica di missili fra rotaie di tram, scie di moto, oasi di verde demoralizzate, alveari infelici di benessere.
San Pietro mi riabbraccia piovigginando le voci appena accennate e appena rauche che hanno voglia di essere protagoniste di un palcoscenico che al momento le confina dietro ad un sipario incerto ed impalpabile. La notte è lunga, troppo lunga. Naufrago fra i monolitici canoni e la voglia di capire, mi aggrappo agli scogli mentre le onde li inabissano di interrogativi, trovo responsi subito annegati dalla schiuma delle perplessità, lotto fra la certezza e il dubbio, fra la fede e la ragione, fra l’itinerario sicuro e l’avventura della fantasia.
Seduta del 16 dicembre 1994: Del Gaudio: “Desidero ringraziare il ministro Biondi per le parole di stima che ha avuto nei miei confronti. Egli ha ricordato la mia vicenda… nella quale sono stato solo… per essere un giudice onesto e indipendente; essa mi ha creato un grosso trauma, perché mi sono visto contro proprio le istituzioni che mi dovevano difendere. È per me importante, allora, che un ministro della Repubblica riconosca il mio lavoro, il che mi stimola a continuare sempre meglio. Devo dire che mi trovo in una certa difficoltà, dato il rapporto di stima che vi è con il ministro Biondi, nel dichiararmi non soddisfatto della sua risposta… La nostra democrazia si basa su tre poteri: esecutivo, legislativo e giudiziario… In questo momento vi è un problema di invasione nei confronti del legislativo e del giudiziario da parte dell’esecutivo. Uno degli strumenti utilizzati, nuovo e pericoloso, è quello dell’ispezione… può creare problemi per l’indipendenza della magistratura, nonché di interferenza nell’attività giudiziaria… ho comunque apprezzato molto le dichiarazioni del ministro Biondi che vanno in una direzione di pacatezza, di discussione e di dialogo… potrebbe essere (proficua) la revoca delle ispezioni…”.
Ma appena il 22 dicembre la caduta del governo Berlusconi, e quindi di Biondi, sopisce l’ispezione, che termina formalmente nel marzo 1995 con una relazione di piena innocenza della procura milanese.
L’accordo di un violino sfuocato mi mette voglia di cantare fra singhiozzi di vino, ma opto per un sorso d’acqua e cornetti e bomboloni appena sfornati nei vicoli di Montecitorio.
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