Procura Milano, per i cronisti solo conferenze stampa, ma meglio i comunicati
È “competenza esclusiva del Procuratore della Repubblica” fornire “informazioni” alla stampa sui procedimenti penali in corso, tramite conferenze stampa o comunicati dell’autorità giudiziaria o delle forze dell’ordine autorizzate dallo stesso procuratore. “Al di fuori di questi casi, non è consentito ad alcuno, né ai magistrati né agli appartenenti alla polizia giudiziaria, di fornire ulteriori notizie”.
Lo si legge nelle disposizioni sui “rapporti” con “gli organi di informazione” emanate l’8 febbraio dal Procuratore facente funzione di Milano, Riccardo Targetti, che citano e seguono la nuova normativa di legge varata dal governo Draghi, sulla “presunzione di innocenza”, entrata in vigore il 14 dicembre scorso. Il testo della direttiva vale per tutti, poi ciascuna Procura lo interpreta in modo più o meno restrittivo.
Nessun nome
La direttiva del procuratore di Milano, che sostituisce “integralmente” tutte le regole interne emanate in precedenza, è stata inoltrata ai procuratori aggiunti e a tutti i pm della Procura, al Procuratore generale, al presidente dell’Ordine degli avvocati milanesi, al Questore e ai vertici delle forze dell’ordine.
Spetta solo al Procuratore, in pratica, dare informazioni sui “procedimenti penali”, ossia su quelli per i quali “vi è già stata l’iscrizione nel registro delle notizie di reato”. Nei comunicati e nelle conferenze stampa, che devono sempre essere gestiti e autorizzati dal Procuratore, l’attività d’indagine “deve essere attribuita impersonalmente all’ufficio, senza indicazione del nome dei magistrati assegnatari del procedimento”. E le informazioni possono “essere divulgate” solo per due motivi: se “strettamente necessarie per la prosecuzione delle indagini” o quando “ricorrono specifiche ragioni di interesse pubblico”. Si possono fornire informazioni quando c’è la “necessità” di renderle pubbliche, ad esempio per “stimolare la collaborazione dei cittadini o richiamare la loro attenzione su situazioni che possono cagionare rischi o pericoli per la pubblica incolumità”. Oppure nel caso di atti di indagine, come arresti o altro, “ritenuti di particolare interesse e rilevanza”, per i quali sia venuto meno “l’obbligo del segreto”.
Rilevanza locale
Si legge ancora: “Giova precisare che può essere oggetto di comunicazione sui media anche una notizia di rilevanza meramente locale, con l’unico limite che il fatto riscuota o possa riscuotere un effettivo interesse per quel ristretto ambito”.
La conferenza stampa, poi, “è possibile solo nei casi di particolare rilevanza pubblica” e “diversamente si dovrà preferire il comunicato”. Dare un nome all’indagine, inoltre, non è “in sé” vietato, ma non possono essere scelte espressioni che contraddicano il principio della presunzione d’innocenza. E se si deve “riferire il nome delle persone ‘coinvolte’, va accuratamente specificato il loro ipotetico ruolo” nella vicenda e solo “se ciò appare necessario per garantire la completezza dell’informazione”.
In più, si legge ancora, vanno “evitate espressioni o frasi che attribuiscono ad alcuno le stimmate del colpevole”, a meno che non sia già stato condannato in via definitiva. Nel caso di violazioni delle norme, infine, “sono previste sanzioni penali e disciplinari”.
Fonte: Professione Reporter
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